Perché quel Disegno di Legge Continua a far discutere quel Disegno di Legge recentemente presentato al Senato, già ritenuto da varie associazioni come l'"ennesimo schiaffo" agli studenti con disabilità, già vessati da scarse politiche sociali e da mancanza di sostegni concreti. Nemmeno il CIIS usa mezzi termini, secondo il Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno, infatti, si tratta di una proposta che «tende a destabilizzare un sistema complesso e articolato, caratterizzato da criticità e potenzialità molteplici, nella quale si avverte una sorta di sottrazione della dimensione formativa, a svantaggio degli alunni con disabilità e ad esclusivo vantaggio del privato» dalla Redazione CIIS*, Superando 1.6.2011
La classe è costituita
da tutti gli alunni: è ambiente educante e formativo per eccellenza.
È nella classe che si attua e si realizza l'integrazione
scolastica, dove si inizia a costruire la società
inclusiva, quella contemplata nella nostra Costituzione. I due senatori del Popolo della Libertà - appellandosi alla normativa italiana in materia scolastica e partendo dall'assioma anticipato dalla Legge 104/92 (articolo 12, comma 4), ossia che «L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap» - ingarbugliano le affermazioni successive, mescolando normativa, profili professionali e indicazioni pseudo-operative. Certamente quello che balza agli occhi con chiarezza, è l'opportunità offerta al privato di poter entrare - finalmente e in misura sempre più massiccia - nel pubblico. A costo zero per il bilancio, afferma il comma 2 dell'unico articolo contenuto nel Disegno di Legge. E la preoccupazione più volte "lanciata e gridata" dalle famiglie, così come dagli insegnanti, sulla mancata continuità educativo-didattica viene fatta propria da questa proposta, ma esclusivamente sotto il profilo educativo. La formulazione della norma si àncora infatti alla sola componente educativa, lasciando intendere al lettore distratto che questa contenga anche quella legata alla sfera didattica, specificità propria della scuola, assolta unicamente dagli insegnanti. Utilizzando poi quale paravento l'autonomia scolastica, il Disegno di Legge tenta di scardinare le ultime resistenze, giocando ancora in controluce, lasciando intendere, ma omettendo. In tale contrasto, entrano in scena anche gli Enti Locali e le ASL, indicati come coloro che «debbono sostenere gli interventi scolastici», auspicando che il coordinamento venga assunto dalle Istituzioni Scolastiche. Ed è qui che si mette in atto lo scacco finale. Vista la nuova opportunità offerta alle Istituzioni Scolastiche, perché non pensare anche agli alunni con disturbi specifici di apprendimento (DSA)? Perché non "creare" un'altra categoria (leggasi "opportunità per il privato")? Ci si arrampica persino sugli specchi, tentando di evidenziare come i "progetti" realizzati con la collaborazione dei privati possano andare a rispondere ai bisogni formativi degli alunni con DSA (bisogni, invece, ai quali devono rispondere "tutti e ciascun" insegnante della classe. Per questo non è stata prevista un'ulteriore figura a supporto della classe nel suo insieme!).
Ma i due cofirmatari -
nel cercare di persuadere sulla bontà della loro proposta - ne
declinano addirittura l'obiettivo, così come lo si può rintracciare
nell'ultimo capoverso della presentazione: «...si propone pertanto
una disposizione volta a favorire l'inserimento ottimale degli
alunni diversamente abili, per migliorare la qualità
dell'integrazione degli stessi e di tutti gli allievi con bisogni
educativi speciali» (e qui vorremmo evidenziare il termine
ottimale, in forte contrasto con i criteri di "qualità" da
sempre perseguiti dalla scuola pubblica italiana). Il primo comma dell'unico articolo del Disegno di Legge autorizza i Dirigenti Scolastici ad avvalersi, «per il sostegno di alunni con disabilità», della «collaborazione di privati» mediante specifici progetti, facendo riferimento all'articolo 5 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 24 febbraio 1994, articolo che riguarda l'elaborazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato), al quale partecipano, per legge: gli insegnanti della classe, il docente psico-pedagogista, se presente, la famiglia e gli operatori dell'ASL. La Proposta di Legge apre sostanzialmente due fronti: uno dal punto di vista educativo-didattico, l'altro da quello organizzativo. Essa, di fatto, racchiude più contraddizioni, tendendo anzi ad anticipare prospettive che - rispetto alla normativa fino ad oggi emanata - introducono una vera e propria inversione di tendenza. Affermare infatti che la continuità (e solo sul versante "educativo") debba e possa essere affidata a non ben definite professionalità esterne, debitamente riconosciute, però, come appartenenti al settore privato, la dice lunga sull'integrazione degli alunni con disabilità nelle classi comuni. Sostanzialmente e formalmente, il testo contraddice quanto segue: 1. che l'alunno con disabilità appartiene al gruppo-classe, di cui anzi è parte organica e che per questo non può essere "pensato" all'interno dell'ambiente formativo come "elemento estraneo" e ancor meno come "elemento aggiunto"; 2. che il docente incaricato su posto di sostegno è un insegnante di tutti gli alunni della classe: una contitolarità e non una compresenza. Continuare ad insistere sulla continuità correlata unicamente a coloro che sono incaricati su posto di sostegno, equivale poi a coltivare nell'opinione pubblica - ma anche fra gli operatori scolastici e sanitari e fra le famiglie - l'idea che il docente per il sostegno sia "docente personale dell'alunno". Ritenere in altre parole che la continuità sia una questione limitata a uno solo dei docenti della classe, significa annullare e negare contestualmente il processo di integrazione scolastica, iniziato una quarantina di anni fa e che non ha nessuna voglia di "andare in pensione" e ancor meno di scomparire nell'oblio).
L'inclusione scolastica
- come ha richiamato con forza il ministro Gelmini nelle
Linee Guida per l'Integrazione degli Alunni con Disabilità
dell'agosto 2009 - fa perno tanto sulla corresponsabilità di
tutti gli insegnanti della classe, quanto sull'importanza
dei ruoli che ciascuno è chiamato a svolgere secondo le
rispettive competenze.
La dimensione inclusiva
della scuola prevede, condicio sine qua non, la
partecipazione attiva e fattiva delle componenti qui richiamate.
Ma non solo. La loro assenza, infatti, in termini di collaborazione
e coordinamento, così come ventilata dal Disegno di Legge, non è
ipotizzabile, perché secondo le Linee Guida del ministro Gelmini
essa costituirebbe «una concezione distorta
dell'integrazione». Ed è di così pregnante rilievo questo
aspetto, che il Ministro richiama più volte alla responsabilità
inclusiva il Dirigente Scolastico, attribuendogli
una serie di compiti inderogabili. Viene posto poi l'accento sul
ruolo di ciascun componente la comunità scolastica, degli organi
collegiali e degli organismi preposti, come il GLH di Istituto
[Gruppo Lavoro Handicap, N.d.R.] fino al GLH operativo, al quale
partecipa, di diritto, la famiglia. Contemplando - come i due cofirmatari ricordano - «l'esercizio del diritto all'istruzione e all'educazione», il percorso scolastico prevede che agli alunni con disabilità venga assicurato un percorso di qualità sotto il profilo educativo e degli apprendimenti al tempo stesso. E nella scuola gli apprendimenti - così come gli aspetti educativi - attengono al compito e alla responsabilità degli insegnanti. Anzi, costituiscono il loro compito fondamentale: educare e istruire.
Non si può entrare
nella scuola privi di formazione idonea e ancor meno si può pensare
che agli alunni con disabilità sia sufficiente assicurare
solo il percorso educativo. Abbracciare questa prospettiva,
infatti, vuol dire negare la dimensione valoriale delle
persone con disabilità, stigmatizzarne la presenza e
incrinare la loro dignità di persone. Nessuna attività scolastica può essere riservata a gruppi di studenti composti da soli alunni con disabilità o da questi insieme ad altri scolasticamente più fragili: questa prassi è contraria alle norme di legge. E il Ministro, al riguardo, è così convinto di tale affermazione da ribadire che questa modalità operativa non è applicabile neppure per limitati periodi di tempo: proprio perché l'integrazione scolastica dev'essere attuata all'interno delle classi, insieme ai compagni, sotto la responsabilità di ciascun docente della classe. E se dal punto di vista della didattica, i passaggi precedenti rilevano l'incompatibilità fra la proposta dei senatori Bevilacqua e Gentile e la prassi di una scuola inclusiva, a completamento si potrebbero porre alcuni rilievi anche sotto il profilo organizzativo. In tal senso, a chi competerebbe la coordinazione del processo di integrazione? Già molti stanno creando grande confusione in merito ai compiti degli assistenti ad personam (figure assegnate all'alunno e non alla classe; figure che non hanno fra i loro compiti quello della didattica, ma solo compiti legati all'autonomia e alla comunicazione). Vi è più di un caso riguardante assistenti che, presentandosi a scuola, si propongono come "il riferimento dell'integrazione" e, talvolta, pretendono di sostituire il docente anche sotto il profilo didattico. La presenza degli assistenti, invece, va ponderata e calibrata sulla base delle effettive necessità. Non sempre, infatti, questa figura è necessaria e ancor meno la si può pensare come il prolungamento del docente specializzato, proprio perché non ne ha le competenze né la professionalità. Gestire inoltre all'interno della classe più figure, può diventare problematico e complicare l'attività scolastica piuttosto che facilitarla.
In sintesi, questo
Disegno di Legge tende a destabilizzare un sistema complesso
e articolato, caratterizzato da criticità e potenzialità
molteplici. Vi si avverte una sorta di sottrazione della dimensione
formativa, a svantaggio degli alunni con disabilità e ad
esclusivo vantaggio del privato.
Non possiamo infatti
condividere l'apertura offerta per gli alunni con disturbi specifici
di apprendimento (DSA), concedendo quale contropartita una richiesta
non solo strumentale, ma ostinatamente bloccata al solo
docente per il sostegno. Se è condivisibile la tesi
dell'attribuzione ai docenti (di ruolo e precari) di un servizio
"continuato" nella stessa classe per il periodo di durata del ciclo
scolastico (ovviamente le assegnazioni dovrebbero partire dalle
classi prime!), è difficile vedere nel vincolo decennale
una soluzione per la continuità. Certo, si può anche
transitare sul curricolo o sul posto comune - professionalità a
vantaggio di tutto il sistema scuola - ma occorre ricordare sempre
che l'incarico, all'inizio di ogni anno scolastico, viene
attribuito dal Dirigente Scolastico il quale può optare
come ritiene, ancor più se il docente è in possesso di competenze
professionali per il sostegno. Impariamo dunque a guardare i veri aspetti della questione: la continuità, unitamente alla formazione, riguarda tutti gli insegnanti della classe. Pertanto, se veramente si ha a cuore l'integrazione, è su questo fronte che occorre agire. Altrimenti si fa demagogia. Oppure si prepara, in modo subdolo, la strada per togliere dalle classi comuni gli alunni con disabilità, un disegno sommerso che appare palese. Ed è contro questo disegno che bisogna lottare, diffondendo davvero la cultura dell'integrazione, quella cultura che riconosce l'alunno come alunno della classe, frequentante cioè una classe in cui tutti i docenti siano in grado di rispondere ai suoi bisogni e dove il docente per il sostegno svolga sostanzialmente il suo ruolo di insegnante, meglio, di "regista dell'inclusione".
* Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno. Sulla medesima questione trattata nel presente testo, segnaliamo anche - sempre nel nostro sito - gli articoli: L'integrazione non si può privatizzare (di Fiammetta Colapaoli, cliccare qui), Inaccettabile privatizzare il sostegno (di Salvatore Nocera e Mario Berardi, cliccare qui), Quel Disegno di Legge è un rischio per l'intera scuola italiana (di Francesca Palmas, cliccare qui) e Anche l'ANFFAS dice no al sostegno privatizzato (cliccare qui). |