LA POLEMICA
La rivolta dei genitori Sono l'ossessione di ragazzi e famiglie. Ma fa bene ripassare sotto l'ombrellone? I dieci consigli per arrivare a settembre e battere lo stress, Al massimo mezz'ora al giorno ma soprattutto tanta lettura e un diario per raccontare pensieri ed emozioni Vera Schiavazzi la Repubblica 27.6.2011 Addio estati calde e pigre, pomeriggi di noia, mesi di scoperte e esplorazioni urbane e campagnole. L'agenda delle vacanze di bambini e ragazzi assomiglia sempre di più a quella invernale, scandita da appuntamenti fissi, doveri e impegni. E da compiti delle vacanze impegnativi, eccessivi addirittura, come sostiene un genitore su tre. Le dieci ore e mezza a settimana passate a casa sui libri dai ragazzi italiani - il dato Ocse rivela che nel nostro Paese i compiti domestici sono più onerosi che altrove, segno che in classe le cose non sempre funzionano - nei nove mesi di scuola rischiano addirittura di non essere sufficienti. Qualche insegnante getta la maschera, come Margherita Oggero, professoressa diventata scrittrice: "Se ne assegni troppi, ti fai odiare". "Ma se non ne assegni - aggiunge Margherita Oggero - sei uno che non vuol lavorare. E se chiedi ai colleghi di mettersi d'accordo per una quantità ragionevole sei un impiccione, mentre se non lo fai ognuno ragiona per sé e il risultato finale è eccessivo. Infine, tutti questi compiti a settembre bisogna correggerli, e non tutti ne hanno la voglia e il tempo".
Il dibattito non è solo italiano: negli Stati Uniti, la ribellione è
in pieno svolgimento e il New York Times l'ha messa in prima pagina,
fornendo anche qualche ricetta, come quella del Gallaway District
School, un grande istituto pubblico del New Jersey: "Non più di
dieci minuti al giorno per ogni anno di scuola che il bambino o
ragazzo ha già frequentato". A protestare sono soprattutto i
genitori, che vedono quei libri in valigia come una pericolosa
minaccia sulla già complessa organizzazione estiva. Non a caso,
l'argomento è oggetto di vivaci scontri tra genitori separati, che
si gettano l'un contro l'altro accuse sanguinose, puntualmente
registrate sui blog: "Gli accordi erano chiari, matematica e storia
toccavano a lui, invece non si è portato neppure il quaderno". Silvia Vegetti Finzi, psicologa, propone un compromesso: "Liberi tutti in giugno, poi qualche esercizio in luglio e nella prima metà di agosto, ma soprattutto tempo per leggere e per scoprire questo piacere". Liste di libri tra i quali scegliere, da Italo Calvino a Harry Potter, sono in effetti tra le opzioni meno criticate, così come il "diario delle vacanze". "Durante l'anno - spiega Vittoria Buratto, autrice per Giunti di una fortunata collana di libri per bambini dedicata proprio all'estate - i genitori molto spesso sono costretti, per ragioni di tempo, a delegare completamente alla scuola lo studio dei figli. Le vacanze sono il momento giusto per recuperare, condividendo momenti di lettura e incoraggiando i ragazzi a scrivere, a raccontare le cose fatte insieme. Leggere è una palestra, l'ideale è parlarne insieme dopo che il testo scelto è stato affrontato dai figli: il classico "raccontami di che cosa parla" funziona sempre". Ma in che modo i "nativi digitali" possono affrontare prescrizioni estive che sono rimaste uguali a quelle del secolo scorso, con gli esercizi sul libro da compilare a penna e i quaderni ad anelli dove incollare foto e cartoline? L'ideale sarebbe poter restare in contatto sulla rete anche d'estate, rafforzando la "partnership informale" che è alla base dell'apprendimento per i bambini di oggi. Ma, se questo non è possibile, occorre tenere conto che dal vecchio schema leggere-capire-mandare a memoria-ripetere si è passati ad un altro molto più interattivo, basato su quel che si è capaci di fare più che sulla quantità di nozioni. "Simboli, storie, modelli e disegni sono alla base della percezione di chi ha meno di 12 anni - dice Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche a Milano Bicocca - e per loro i compiti scolastici sono un problema pratico al quale dare una risposta altrettanto pratica". Con alcune avvertenze, come gli effetti nefasti della cultura "copia e incolla", che nei fatti appiattisce l'attendibilità delle fonti e cancella l'importanza dei singoli autori. Dunque, no ai compiti al pc, almeno in vacanza: meglio l'inchiostro, meglio un libro tascabile (più facile da portare in vacanza) che un riassunto copiato da Wikipedia. Molti insegnanti diffondono già via mail i compiti delle vacanze, e concordano sul fatto che una correzione rapida è fondamentale: "Se i ragazzi non possono verificare il loro lavoro, perché dovrebbero farlo?", si chiede Mariolina Carrera, direttore didattico a Grosseto. Ma nel giro di due anni, anche i compiti delle vacanze italiani cambieranno volto: è prevista per il 2013, infatti, una delle più massicce ondate di pensionamenti nella scuola pubblica italiana, con la possibile e probabile conseguenza di un ricorso minore ai libri di carta (oggi ciò che serve per i compiti delle vacanze costa in media 50 euro ad alunno, anche quando a pagare è la scuola) e di un'interattività a distanza anche quando le aule sono deserte, grazie a piattaforme di facile accesso che prevedono l'auto-verifica di gran parte degli esercizi. Nel frattempo, c'è chi non ha abbandonato la sua lotta frontale contro i compiti estivi, come Italo Farnetani, pediatra e docente a Milano: "Si tratta di un modo di impiegare il tempo inutile e dannoso per la salute del bambino. Le scuole non chiudono per mandare in ferie gli insegnanti, ma per far riposare gli studenti. Per il loro benessere fisico e mentale è necessario staccare completamente dallo stress legato all'apprendimento". Meglio stare con i nonni, riscoprire vecchi oggetti e vecchie abitudini, fare collezione di cartoline, tutto piuttosto che stare "svogliatamente" sui libri mentre lo sguardo vaga fuori dalla finestra. "Ci si deve porre il problema di come stimolare bambini e ragazzi, posto che secondo molti di loro, e secondo i genitori, un eccesso di compiti equivale alla demotivazione nello studio", dice Beppe Fioroni, ex ministro dell'Istruzione (Pd) e promotore della più vasta ricerca sul tema del "gradimento" del lavoro richiesto a casa dagli insegnanti. "I compiti non dovrebbero mai essere una "punizione" - dice Giuseppe Bertagna, docente di pedagogia e interlocutore privilegiato di più di una riforma scolastica - mentre invece in Italia troppo spesso si privilegia il programma rispetto alla crescita educativa".
È questa, forse, la spiegazione più credibile di quelle (troppe) ore
passate sui libri, che limitano la possibilità degli under-18 di
muoversi, fare sport, conquistare autonomia: in Europa, si studia a
casa, in media, meno di 6 ore a settimana. Troppi compiti, infine,
sono nemici dei libri: "Se aprire un volume diventa un'imposizione,
nessun ragazzo lo farà mai spontaneamente". |