L'intervento

Gli scatti d'anzianità

 Pasquale Almirante La Sicilia, 16.12.2011

Se per un verso parte del sindacato della scuola brinda con soddisfazione al mantenimento degli scatti di anzianità, il cui decreto è stato firmato dal ministro Tremonti, un'altra parte attende ancora gli esiti legali, quelli cioè più segnatamente visibili nei diritti previdenziali, che non è questione di poco.

Una faccenda complessa e dibattuta più sul piano della propaganda che non su quello degli effettivi interessi dei docenti e degli Ata che inaspettatamente si sono visti tagliare la progressione di carriera per un triennio, 2010/13, rischiando di perdere così migliaia di euro nell'arco complessivo del loro lavoro a scuola, e a cui si dovrebbe aggiungere il blocco del contratto di lavoro con i consueti aumenti biennali del salario. A conti fatti dunque la mazzata sarebbe stata sonora se non fosse spuntato il decreto del Mef, annunciato dalla Cisl e Uil scuola, che riconosce gli scatti relativamente al 2010, e forse pure per i due anni successivi, a tutto danno però di quel fondo pecuniario del Miur creato sui risparmi delle rimesse alle scuole e del licenziamento di miglia di docenti e personale Ata.

Un fondo che secondo la ministra doveva servire per premiare il merito e le scuole migliori ma che è stato riciclato per non creare tensioni, le cui avvisaglie sono state visibili col rifiuto di molti collegi di aderire alle attività aggiuntive tradizionalmente accettate dai docenti. Chiusa allora la faccenda? Non del tutto, a sentire i sindacati più critici, perché, se per un verso i professori troveranno gli scatti di anzianità nello stipendio, non li potrebbero trovare a fine carriera, nel senso che i soldi ci sono ai fini economici ma volerebbero via ai fini giuridici, allorchè sarà fatto il conteggio complessivo della carriera. Come è stato sottolineato da una autorevole rivista succederà che «alla fine della carriera il personale scolastico avrà 40 anni utili a pensione con una posizione stipendiale però corrispondente solamente a 37 anni, grazie appunto alla norma di legge (art. 9, c. 23, l. 122/2010) che espressamente vieta per il triennio 2010-2013 la firma di un contratto collettivo nazionale di lavoro e la progressione di carriera, violando ben 6 articoli della Costituzione». Perché negare o nascondere una ingiustizia così palesemente ingiusta, tergiversando di analizzare la negazione di un diritto ma contrabbandandolo per vittoria?