Perchè il “Merito” non sale in cattedra?
Forse perchè regna la ''mignottocrazia''?

Lucio Ficara, AetnaNet 15.1.2011

Da un editoriale di Pietro Ichino del Sole 24 Ore di mercoledì scorso, emerge lo stupore e il rammarico del Senatore del Pd riguardo il fatto che nelle scuole di alcune province italiane stiano fallendo le sperimentazioni sul riconoscimento del merito delle singole scuole e dei singoli docenti.Eppure, da alcune indagini conoscitive, risulta chiaro che almeno 2 insegnanti su 3 vorrebbero essere valutati e vorrebbero vedere riconosciuti i meriti individuali. Allora come mai le sperimentazioni avviate dal Miur stentano a decollare? Quali sono le paure e le ansie che colpiscono intere istituzioni scolastiche e singoli docenti? Nell'interessante articolo del Prof.Ichino emergono delle risposte più o meno ideologiche. Tra le righe dell'articolo emerge che i sindacati in genere ,e qualcuno in particolare, rappresentano il deterrente della modernità della funzione pubblica e che perciò sono propensi alla conservazione dello “status quo”. Secondo me, studiare uno strumento che sia in grado di individuare quell'imponderabile complesso di caratteristiche che fa la reputazione del “Buon Maestro” non è cosa semplice ed accoglibile, senza fare una seria analisi sociologica del nostro paese. L'introduzione della meritocrazia nelle scuole, non dovrebbe essere uno slogan politico da usare per apparire più riformisti di altri, ma uno strumento serio, ponderato, che riconosca con rigore i veri meritevoli che operano nel mondo della scuola e le scuole realmente meritorie di apprezzamento. L'Italia di oggi, questo viene completamente ignorato dal pur bravo Ichino, vive una crisi etico-morale senza precedenti.

A leggere i giornali e ad ascoltare i telegiornali e a seguire le inchieste giudiziare si comprende che viviamo nella repubblica del Bunga-Bunga, e sicuramente questo stona con lo slogan della meritocrazia. In realtà, io penso,che il motivo dello stentato decollo delle sperimentazioni sul merito, devono essere collegate al timore, più che fondato, di una falsa meritocrazia legata alla fase di decadentismo etico-morale in cui oggi viviamo.Le domande che si pone Ichino, come membro del Comitato Tecnico Scientifico, trovano risposta principalmente nel non accettare una valutazione condizionata da fattori eticamente e moralmente inaccettabili.Se la scuola fosse fondata sui principi sacrosanti del Ethos, del pathos e del logos, paradgmi classici della promozione dell'offerta formativa ed educativa, nessun problema vi sarebbe se al suo interno vi fosse un comitato di valutazione che si esprimesse sul merito dei singoli docenti. Al contrario nelle scuole come d'altronde in buona parte della nostra società, si sono persi quei paradgmi classici che dovrebbero identificare una scuola di qualità, e sono stati rimpiazzati da comitati (camarille) di amministrazione, che poco si interessano dei meriti, quelli veri, che i docenti hanno nello svolgere la loro principale mansione, cioè quella di educare e insegnare.

Ovviamente esistono anche le eccezioni, di scuole governate e dirette da Presidi che hanno nel loro codice identificativo i principi cardine del buon agire, della buona amministrazione e della buona didattica, in quel caso ha senso parlare di premialità e di meritocrazia e di riconoscimenti. Purtroppo esistono anche casi diffusi di scuole la cui governance è autocratica, autoreferenziale, a volte dispotica in cui tutto viene deformato e non esiste la capacità di leggere la realtà, ecco in questi casi , che ribadisco non sono isolati, il merito diventerebbe meretricio. Personalmente sono stato testimone di situazioni paradossali, in cui il Dirigente o la Dirigente favorisce il Prof. amico o la prof.ssa amica, lo investe o la investe di ogni responsabilità, lo premia o la premia per la sua fedele sudditanza, ma che merito sarebbe questo? La meritocrazia può entrare nelle scuole soltanto utilizzando comitati di valutazioni esterni, privi di condizionamenti ambientali che giudichino l'operato reale dei docenti monitorando il loro modo di fare lezione, di relazionarsi con gli alunni, le famiglie e i colleghi, verificando la competenza degli atti amministrativi che un docente deve conoscere. e appurando inoltre la qualità del servizio che un docente deve saper offrire alla propria scuola.

Forse il Prof.Ichino ritiene di non vivere in uno Stato di “mignottocrazia” in cui le caste la fanno da padrone, ma in uno Stato di pura e leale meritocrazia, dove i più bravi avranno riconosciuti i propri meriti e saranno premiati di conseguenza. Adesso capisco perchè in Italia abbiamo come premier quel galantuomo di Berlusconi e un partito democartico che vive su marte.
 

Lucio Ficara
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