L'edilizia scolastica é ignorata di Osvaldo Roman ScuolaOggi 17.1.2011 Nell’ annuale relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta su infortuni sul lavoro e morti bianche che è stata illustrata in Senato il 12 gennaio si conferma l’ipotesi della creazione di "Scuola Spa", l'ente a cui trasferire la proprietà degli edifici scolastici e la competenza su manutenzione e messa in sicurezza. Si tratta di un'ipotesi «effettivamente allo studio dei ministeri dell'Economia, dell'Istruzione e delle Infrastrutture», scrive la relazione, riportando il contenuto di un'audizione del 3 novembre scorso del ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. E’ evidente come con tale progetto si vogliano scippare agli enti locali la proprietà degli edifici scolastici e le conseguenti competenze di edificazione e manutenzione! Il motivo di questa scelta è altrettanto evidente se si ha presente che nei decreti legislativi delegati finora approvati dal Consiglio dei ministri sul federalismo fiscale di Calderoli, all’esame della Conferenza Unificata e delle Camere, l'edilizia scolastica, che per la legge delega é una funzione fondamentale dei Comuni e delle Province, risulta di fatto completamente assente! Il problema dell’edilizia scolastica in Italia data la sua storica gravità e stanti le sue dimensioni finanziarie, valutate in non meno di 13 miliardi per gli interventi più urgenti, da solo giustificherebbe il passaggio al federalismo fiscale. Poiché questo governo sta assembrando decreti patacca sul federalismo finalizzati unicamente allo svolgimento della prossima campagna elettorale della Lega questo problema, come moltissimi altri, viene accantonato e si cercano strade diverse come quella dell’invenzione di una Scuola SPA per eludere tale materia. Poiché la percezione attuale dello stato di realizzazione del federalismo fiscale è assai ridotta nel nostro paese anche a causa della difficoltà di divulgazione e di comprensione dei relativi decreti, stante la loro natura strettamente tecnica di carattere finanziario e fiscale, potrà essere utile cercare di comprendere il filo della logica che li caratterizza partendo da un argomento specifico come può essere quello dell’edilizia scolastica. Questa materia, in quanto da tempo di competenza delle Regioni, insieme a poche altre competenze riguardanti l’assistenza e il diritto allo studio, sarebbe dovuta rientrare tra le materie oggetto di fiscalizzazione. Ma ciò, come vedremo in dettaglio, non è avvenuto e si cercano strade diverse per svicolare dall’arduo approccio con tale argomento. C’è da premettere inoltre che questo federalismo di Calderoli ignora di fatto l’istruzione perché non essendo stata data attuazione, per responsabilità del Governo, al Titolo V nei termini temporali e di merito previsti dal Documento predisposto in sede di Conferenza Unificata, per il trasferimento amministrativo e conseguentemente finanziario delle relative competenze si dovrà predisporre una specifica ulteriore iniziativa legislativa. Con tale documento, del 21 luglio 2010, la IX Commissione della stessa Conferenza aveva predisposto una bozza di Accordo tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, Province, Comuni e Comunità montane concernente “finalità, tempi e modalità di attuazione del Titolo V, Parte II, della Costituzione, per quanto attiene alla materia istruzione, nonché sperimentazione di interventi condivisi tra stato e regioni, province e i comuni per la migliore allocazione delle risorse umane, strumentali ed economiche al fine di elevare la qualità del servizio”, che si sarebbe dovuto approvare in sede di conferenza Stato Regioni. Si deve segnalare inoltre che il federalismo dei Decreti Calderoli ignora perfino i trasferimenti finanziari riguardanti le materie già trasferite amministrativamente dal Decreto legislativo 112 nell’ormai lontano 1998. Fra quelle spese che restano inserite nel bilancio dello Stato ha un rilievo particolare, anche sotto il profilo economico, perché si tratta di 526 milioni nel 2011, l’erogazione dei contributi previsti molti decenni orsono, a favore delle scuole private, rimpolpati in occasione del approvazione della legge di parità (n°62/ 2000). Tale trasferimento é previsto dalla legge 112 art.138 lettera e), riguardante la competenza regionale in materia di erogazione dei contributi a favore delle scuole paritarie. Si tratta, si badi bene, di stanziamenti che sono rimasti nel bilancio dello Stato, illegalmente almeno a decorrere dall’anno finanziario 2003. In barba ad ogni proposito federalista restano inoltre nella Tabella 7, dello stato di previsione della spesa per il MIUR anche le spese per il funzionamento degli uffici scolastici regionali e di tutta l’amministrazione periferica della P.A che avrebbero dovuto essere trasferiti in attuazione del Titolo V come ripetutamente segnalato dalla Corte Costituzionale e come indicato dal citato documento della Conferenza Unificata. Si tratta di destinazioni così ovvie e storicamente definite che perfino gli uffici del Miur, così restii a mollare pezzi di gestione amministrativa, si erano rassegnati a predisporne l’attuazione. Infatti nella Tabella 7 del Bilancio di previsione 2011 entrambe tali spese, che nel passato erano distribuite nei capitoli degli Uffici scolastici regionali, proprio per favorirne l’imminente trasferimento, erano stati accorpate per la prima volta in due capitoli centrali allocati presso le Direzioni Generali del Ministero di Viale Trastevere:
uno con 222,3
milioni di euro inseriti nel nuovo programma per la Realizzazione
degli indirizzi e delle politiche in ambito territoriale in materia
di istruzione, destinato essenzialmente al pagamento
dell’Amministrazione periferica del Ministero;
Con il
federalismo fiscale di Calderoli tali risorse non vengono trasferite
e resteranno Inoltre la Relazione della COPAFF del 30 giugno 2010 per quanto riguarda l’istruzione ignora i trasferimenti da realizzare per dare attuazione al Titolo V. E del resto non poteva fare altrimenti non essendo stati adottati almeno i DPCM previsti dall’art.7 della legge 131/2003. Per quanto riguarda l’edilizia scolastica la Relazione del COPAFF indica come spesa statale da trasferire alle Regioni quei 100 milioni di euro che nel 2008 furono inseriti, per la prima volta almeno dal 1996, nel bilancio dl Ministero dell’Istruzione (50 nel 2007 e altri 100 nel 2009). Si trattava di uno stanziamento previsto dalla finanziaria Prodi nell’ambito del piano triennale 2007-2009 del patto per la sicurezza che prevedeva una compartecipazione paritetica alla spesa per i piani regionali delle Regioni e degli enti locali. Ovviamente quando si dice “trasferire” una spesa nell’ottica del federalismo fiscale significa “sopprimerla” dal bilancio dello Stato e trasformarla in autonome entrate fiscali degli enti locali interessati per competenza. E’ attualmente oggetto di studio e di ricerche la quota di stanziamenti per l’edilizia scolastica da trasferire con riferimento al bilancio 2010. Ma oltre al problema delle risorse vi è un altro problema da risolvere:quello dei destinatari della fiscalizzazione. Infatti poiché l’edilizia scolastica è una funzione fondamentale dei Comuni e delle Province cosa potrà significare che la somma individuata dalla COPAFF riguarda un trasferimento, sia pur non stabilizzato, alle Regioni? Sulla base della legislazione esistente, la competenza in materia è dei Comuni e delle Province essendo riservata alle Regioni solo quella legislativa e programmatoria. Va ricordato infatti che, in base alla legge n. 23 del 1996 (c.d. “Legge Masini”) le Regioni, relativamente all’ammortamento statale dei mutui, hanno redatto e approvato i piani regionali annuali e triennali con i quali si indicavano le Province e i Comuni destinatari dei mutui stessi. Tali piani potevano essere sostenuti con specifici finanziamenti regionali. Il sistema di pianificazione previsto dalla legge 23 ha funzionato egregiamente per i primi due piani triennali . Solo con l’entrata in campo del secondo governo Berlusconi esso è stato bruscamente interrotto. Infatti, dopo il 2002, i mutui sono stati in genere sostituiti da finanziamenti diretti degli stipendi del personale del Cipe o dei ministeri dell’Istruzione o delle Infrastrutture, distribuiti con una ripartizione di tipo regionale. L’ultimo piano straordinario del maggio 2010 (di 358,4 milioni nell’ambito dei mille prelevati dai FAS) prevede infine lo scavalcamento totale del ruolo programmatorio, assegnato dalla legge alle Regioni, con un’ assegnazione diretta dei finanziamenti agli enti locali da parte del Ministero delle Infrastrutture, tramite la sottoscrizione di apposite Convenzioni. Peraltro circa tali finanziamenti la relativa delibera del CIPE non indica certezze temporali fino al 2013 e oltre. Di fatto però oggi i documenti governativi che accompagnano i Decreti sul federalismo fanno riferimento solo ai 100 milioni destinati alle Regioni nel 2008 e ripartiti fra Comuni e Province. I Decreti finora esaminati e le relative relazioni tecniche invece neppure ad essi fanno riferimento perché riguardano solo le spese correnti. Al riguardo si deve tenere presente che la spesa per gli investimenti, che è per il 60% di competenza comunale e provinciale, non è trattata negli schemi di Decreto che riguardano le entrate di Regioni, Province e Comuni. In virtù di quanto esposto, vien fatto di chiedersi: • in base a quali criteri potranno essere definiti i livelli essenziali delle prestazioni in materia di edilizia scolastica? • quale sarà la l’entità della spesa inizialmente fiscalizzata? • quali i destinatari di questa fiscalizzazione: le Regioni (che a loro volta la fiscalizzeranno a favore dei Comuni e delle Province) o invece direttamente i Comuni e le Province proprietari degli immobili e obbligati alla loro fornitura e manutenzione? Si tenga presente che la legge delega n.42/09 all’art.11, comma 1, stabilisce il principio del finanziamento integrale, secondo il fabbisogno standard, delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali come individuate dalla legislazione statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Si consideri pure che per la funzione fondamentale dei Comuni e delle Province concernente l’Edilizia scolastica non si può pensare, come indica il Decreto legislativo n.216 del 26 novembre 2010, che la definizione dei relativi costi, che dovrà avvenire entro il 2011 con l’ individuazione dei fabbisogni standard, non modifichi il totale della spesa attualmente trasferita. Tutto ciò non trova alcuna risposta nei Decreti in esame. Una volta individuata la spesa da trasferire, a decorrere dal 2012, non è pensabile che questa non possa essere integrata, per soddisfare i fabbisogni standard corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni, per la funzione dell’edilizia scolastica. Ne è immaginabile che si pensi di sfuggire a tale tipo di drammatica emergenza per il paese e quindi ad una delle fondamentali attese del nuovo federalismo ricorrendo ai diversivi del tipo dell’ SPA per la Scuola. |