La scelta dei docenti Giuseppe D'Urso da Aetnascuola.it, 3.1.2011 Saltando qua e là sulla rete si leggono le cose più improbabili. Recentemente ci siamo imbattuti nella proposta di quel senatore dell’IdV, Giambrone, che proponeva di far eleggere i presidi (non più dirigenti) dalle componenti scolastiche (docenti ed ata). Oggi leggiamo un’altra proposta che è quella che pone l’accento sulla necessità di “affidare ai dirigenti scolastici la scelta dei docenti”. Quali le motivazioni di questa esigenza? Prima fra tutte il fatto che la funzione di dirigente scolastico sarebbe stata già da molti anni equiparata a quella di “datore di lavoro”. Si dimentica però il contesto di questa equiparazione che è funzionale alla legge sulla sicurezza. Dovendosi riconoscere un responsabile sul luogo di lavoro era necessario attribuire al capo di quella amministrazione, a chi si trova al vertice della medesima, la posizione di responsabile. E’ bene precisare che in questa attività il dirigente viene affiancato dalla Commissione sulla sicurezza, dal responsabile sulla sicurezza e dal RLS che rappresenta i lavoratori ed ha il compito principale di segnalare al dirigente le eventuali anomalie e condizioni di pericolosità presenti sul luogo di lavoro. Al di fuori di tale contesto nessuno si sogna di ritenere il dirigente datore di lavoro (tranne qualcuno), tanto è vero che il datore di lavoro dei docenti è sempre e comunque il Ministero dell’Istruzione e, per alcune funzioni delegate, il Direttore regionale. Altro motivo a fondamento della tesi che l’ assunzione diretta dei lavoratori (sancita dall’art. 4 bis d.lgs 181/2000) non vale, se non in termini di assunzioni con incarichi a tempo determinato e sulla scorta di una rigida graduatoria. L’articolo citato si applica alla totalità dei lavoratori per qualsiasi tipologia di lavoro, ma non per i dirigenti scolastici per la semplice ragione che la disposizione richiamata è inserita nel contesto legislativo che reca in rubrica “Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della legge 17 maggio 1999, n. 144". Per cogliere il senso della norma occorre, infatti, avere in mente le finalità della legge che sono elencate nell’art. 1 della disposizione sopra richiamata. L’articolo 4-bis richiamato dall’articolista detta le regole per i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici. Non mi pare che la scuola possa essere considerata un soggetto privato o un ente pubblico economico, né avrebbe alcun senso il ricorso all’analogia in quanto inapplicabile.La scuola ha regole proprie per l’assunzione dei suoi lavoratori, regole che sanciscono criteri oggettivi che garantiscono l’assoluta obiettività e la mancanza totale di discrezionalità nella scelta del docente. Appare evidente che il riferimento a tale norma per legittimare il diritto del dirigente di farsi il c.d. “equipaggio” è destituito di fondamento. A questo punto è lecito chiedersi perché le graduatorie non sarebbero idonee ad indicare o meno le qualità e le capacità del docente? Non credo che per essere assunto occorra una qualche valutazione del dirigente sulla fede religiosa del docente, le sue inclinazioni sessuali, la sua appartenenza politica o sindacare sulle sue condizioni di salute. La graduatoria certifica in modo oggettivo le abilità del docente che scaturiscono dal voto di laurea, dall’abilitazione, dai concorsi vinti, dagli anni di servizio, dai master, dal dottorato di ricerca, tutti elementi che concorrono a fornire un quadro, quanto più obiettivo della posizione del docente e della sua idoneità ad insegnare le cose che ha appreso. Tralasciamo le altre considerazioni sulla bravura del dirigente, che deve sapere, che sa fare, che ha il termometro ecc. ecc. ecc. Poniamo, invece, l’accento sul come il dirigente dovrebbe scegliere i suoi docenti (circostanza questa taciuta nell’articolo). Argomentando sembrerebbe che il dirigente dovrebbe potersi fare un collegio a sua immagine e somiglianza, un collegio schierato, né più né meno come accade nel PDL dove non è ammesso il dissenso e chi non condivide le posizioni del capo viene esautorato. In tal senso, infatti, è illuminante il riferimento ad una sorta di “affinità di vedute e di pensiero” che il docente dovrebbe, ovviamente, avere con il dirigente. Come sceglierebbe, quindi, il dirigente che è capace, attento, aperto agli umori ecc. ecc. ecc.? In base al colore degli occhi? Alle idee politiche? Alle propensioni religiose o, più opportunamente, come qualcuno ha dichiarato in ambienti molto importanti, in base all’aspetto, alla “coscia” più lunga, alla maggiore avvenenza? O forse alla conoscenza personale? Alle “affinità elettive”? Quali criteri utilizzare se non i titoli e le precedenze che scaturiscono dal confronto di questi titoli? L’elemento negativo nelle difficoltà di gestione incontrate dai dirigenti che porta a teorizzare la necessità di una scelta autonoma e discrezionale del corpo insegnante è rappresentato, quindi, dal docente che pensa, che magari contesta le scelte del dirigente, dalla RSU che ritiene di avanzare richieste alternative sulla distribuzione del fondo d’istituto. Se la RSU contesta il dirigente viene subito vista come un elemento eversivo, ma disponibile a vendersi e far lievitare i suoi vantaggi (farsi comprare a caro prezzo), magari a scapito dei colleghi. Nell’articolo i docenti vengono descritti come : faziosi, dediti alle invidie, alle lotte intestine, ai pettegolezzi, sempre in contrasto per contendersi pochi spiccioli, rancorosi e mediocri, votati al gusto di gettare fango ed odio, pusillanimi e pavidi ed anche vili, pronti a nascondersi, incapaci di sostenere le proprie opinioni. Soggetti la cui condizione di subalternità alimenta l’astio verso il dirigente, ostilità amplificata dalla frustrazione e dalla mancanza congenita di spina dorsale che, invece, possiederebbero, secondo l’articolista, i dirigenti che esprimono, invece,magnanimità, saggezza ed esperienza. Potere di scelta, dunque, per scuotere dal torpore questi docenti afflitti dal vittimismo, arroccati su posizioni insostenibili, incapaci di dare corpo alle proprie aspirazioni, soggetti che rifiutano di essere valutati e continuano a fare sempre le stesse cose “magari il solito dettato e copiato”. Docenti sprovvisti del senso della collettività che è più marcato tra i docenti del sud che hanno evidenziano una propensione sfrenata verso l’individualismo, verso la convenienza personale e la negazione della valorizzazione della persona. Quindi sono queste le ragioni sulle quali si fonderebbe il diritto del dirigente di scegliersi il corpo docente sulla base di criteri suoi personali, magari eliminando la RSU, non tanto perché paladini di chissà quali alti ideali, ma spesso per ricattare i dirigenti e farsi “comprare” a caro prezzo, (pronta a vendersi dunque); docenti tutti allineati e coperti così da garantire l’armonia e la serenità, non più oggetto di indifferenza. Anche se l’articolista conclude, inopinatamente, che i dirigenti dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione del profilo psicologico, valutazione più importante di qualsiasi altro connotato, riteniamo che gli attuali criteri di scelta dei dirigenti siano più che sufficienti e certamente adeguati, senza che si reputi necessario indagare sul loro stato mentale e che siano altrettanto idonei quelli di scelta dei docenti, che ci piace sottolineare nella stragrande maggioranza non appartengono alle categorie descritte così minuziosamente dall’articolista.
Perchè non affidare ai dirigenti scolastici la scelta dei docenti?
Altro motivo a fondamento della tesi che l’ assunzione diretta dei lavoratori ( sancita dall’art. 4 bis d.lgs 181/2000) non vale, se non in termini di assunzioni con incarichi a tempo determinato e sulla scorta di una rigida graduatoria. L’articolo citatosi applica alla totalità dei lavoratori per qualsiasi tipologia di lavoro, ma non per i dirigenti scolastici Abbiamo già ribadito che la funzione di dirigente scolastico dal 1993 sia stata equiparata a quella di datore di lavoro, tuttavia, è sempre rimasta ad un livello di atipicità giuridica, una funzione datoriale, cioè, più virtuale che effettiva. Per i dirigenti scolastici, infatti, la possibilità di assunzione diretta dei lavoratori ( sancita dall’art. 4 bis d.lgs 181/2000) non vale, se non in termini di assunzioni con incarichi a tempo determinato e sulla scorta di una rigida graduatoria. Abbiamo già ribadito che la funzione di dirigente scolastico dal 1993 sia stata equiparata a quella di datore di lavoro, tuttavia, è sempre rimasta ad un livello di atipicità giuridica, una funzione datoriale, cioè, più virtuale che effettiva. Per i dirigenti scolastici, infatti, la possibilità di assunzione diretta dei lavoratori ( sancita dall’art. 4 bis d.lgs 181/2000) non vale, se non in termini di assunzioni con incarichi a tempo determinato e sulla scorta di una rigida graduatoria. La regola sancita dall’articolo succitato si applica alla totalità dei lavoratori per qualsiasi tipologia di lavoro ma per i dirigenti scolastici è rimasta ad un livello embrionale; il che costituisce il nodo gordiano dell’anomalia dello status giuridico della dirigenza scolastica, nodo che riteniamo auspicabile debba proficuamente sciogliersi. Infatti, riteniamo, al di là di ogni retorica, demagogia e pregiudizio, che la scelta diretta dei docenti da parte del dirigente rispecchi un principio di equità e valorizzazione completa delle risorse professionali, al di là di graduatorie che possono indicare tanto ma anche… nulla e, in certi casi, sono il pretesto per adagiarsi definitivamente sul già conseguito per tutto il resto della carriera. Tutti sappiamo quanto sia importante l’empatia in un contesto lavorativo. Se esiste un’affinità di pensiero e di vedute ciò può solo andare a vantaggio della scuola. Inoltre, il dirigente ( chi meglio di lui?) ha il polso della situazione e conosce quali siano le risorse umane più adatte alla scuola che dirige. Non crediamo che ciò possa compromettere i diritti dei docenti: è nell’interesse di tutti lavorare in armonia e con chi ci dia fiducia e non indifferenza. L’indifferenza non piace a nessuno. Riguardo alla constatazione che qualcuno ha sollevato che in alcune scuole si creano delle vere e proprie camarille dove “il pane “ viene condito con “l’olio del preside” vorremmo far rilevare che in alcune scuole il pane se lo condiscono… gli stessi docenti, da soli. Può accadere, e verosimilmente… accade, che ci siano dei veri e propri “clan” di docenti, sempre gli stessi, con incarichi, funzioni strumentali ed altro blindati, senza nessuna possibilità di ricambio, per una sorta di prelazione feudale, e spesso all’insaputa del dirigente. A questo punto varrebbe la pena chiedersi “quale” tra i due preziosi condimenti sia il più saporito e meno insipiente! A parte l’ironia,crediamo seriamente che il dirigente , in quanto tale, debba creare un clima di lavoro quanto più possibile favorevole, ne è il garante, di conseguenza deve essergli garantita parimente la possibilità si scegliere nel modo più opportuno al di là di vincoli residuali di una concezione ormai arcaica della scuola e che ne impediscono, spesso, il pieno funzionamento. Ciò che dice Polibio sui collegi dei docenti è bello ed è giusto ma è pura utopia, non tiene conto della realtà oggettiva , perché essi non rientrano nel quadretto idilliaco che ne viene dato. Spesso, anzi,sono un coacervo di invidie, pettegolezzi e lotte intestine per pochi spiccioli o rosi dal rancoreda una comune mediocrità senza, fra l’altro, dimostrare di saper fare altrettanto o meglio ma solo per il gusto di gettare fango e odio. verso chi “osa” elevarsi un solo millimetro Spesso le “cordate” che vengono addotte ai presidi sono create dagli stessi docenti per meglio realizzare le loro convenienze, sempre pronti a gettare il sasso tranne poi a nascondersi per timore e scaricare la colpa a qualcun altro, sempre pronti a lamentarsi nell’attesa che qualcun altro si esponga al posto loro. E’ vero che molti dirigenti hanno tanti difetti, tutti ne abbiamo, ma per esperienza sappiamo anche che questi stessi difetti sono anche peggiori, anzi proprio amplificati in chi si trova e vive una condizione di subalternità, amplificati cioè dalla frustrazione e da una congenita mancanza di spina dorsale, laddove spesso nei dirigenti, invece, si possono ritrovare magnanimità e saggezza, specie in coloro che hanno più esperienza. E allora, a questo punto, meglio dare piene facoltà al dirigente; di assumere e scegliere i propri docenti, meglio che gli si riconoscano pienamente i poteri, a partire da quelle appendici residuali di gravame burocratico che sono gli USR, meglio un atto di determinazione, un gesto “virile” di affermazione di un ruolo che lo Stato riconosce loro ma solo a parole, meglio così, soprattutto, se almeno questo possa una volta per tutte scuotere dal torpore, da quell’aria di afflitto e perenne vittimismo la categoria dei docenti, che rimangono arroccati su posizioni insostenibili perché non riescono poi a far seguire gli atti alle loro aspirazioni, che rifiutano ogni valutazione sul loro lavoro ma solo per continuare a fare sempre le stesse cose, magari il solito dettato e copiato tutti i sacrosanti giorni dell’anno scolastico… Il modello tedesco, sull’eleggibilità dei presidi non andrebbe bene in Italia, per il semplice motivo che gli italiani non siamo tedeschi; questi ultimi, forse hanno maggiore senso della collettività, mentre in Italia, specie al Sud, c’è una corsa sfrenata all’individualismo, non alla valorizzazione della persona, ma alla convenienza personale e non vedere questo significa vivere nel mondo dei sogni. Il dirigente deve dirigere, che non è una tautologia ma l’indicazione di qualcuno che tenga sotto controllo la situazione, usando il classico pugno di ferro in guanto di velluto. Purtroppo non tutti hanno la “stoffa” per dirigere, ma questo è un altro discorso. Infatti , riteniamo essenziale la valutazione del profilo psicologico di chi si candida a dirigere, forse più di qualunque altro connotato. Per il resto, possiamo dire che si, forse esistono dirigenti neghittosi e incompetenti ma esistono anche dirigenti che hanno delle belle gatte da pelare per portar avanti la baracca… specie verso quelle RSU che si trasformano in franchi tiratori, usati da certi sindacati come arieti di combattimento, non tanto perché paladini di chissà quali alti ideali ma spesso per ricattare i dirigenti e farsi “comprare” a caro prezzo. Meglio sarebbe così, infine, se servisse almeno a far capire ai docenti che è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e di dimostrare finalmente di essere ciò che dicono di valere. Altrimenti…a mali estremi, estremi rimedi.
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