Nell’Ocse fanno peggio solo turchi e messicani Le difficoltà più gravi nella transizione scuola-posto fisso Luca Fornovo La Stampa, 2.1.2011 Ascoltare e dare risposte alla «generazione inascoltata», cioè i giovani, precari perché senza lavoro, senza possibilità di una «vita dignitosa» e di «nuove opportunità di affermazione sociale». Il richiamo agli italiani lanciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel discorso di fine anno si concentra sull’emergenza giovani e nel suo aspetto più drammatico: il tasso di disoccupazione nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni è salito al 24,7% in Italia (contro il 19% della media europea), nel Mezzogiorno è al 35,2% e ancora più alto tra le donne. Questi dati preoccupanti, secondo il Capo dello Stato, «devono diventare l’assillo comune della Nazione». Un assillo che si fa sentire, già dappertutto: dall’inizio della crisi, nell’area Ocse, ci sono 3,5 milioni di ragazzi disoccupati in più, e quasi 10 milioni che hanno smesso di cercare un posto. Eppure l’ultimo rapporto dell’organizzazione parigina continua a puntare il dito contro i record poco edificanti messi a segno dall’Italia, al sesto posto per il tasso di disoccupazione dei ragazzi nell’area Ocse. Mentre rispetto alla media Ue, la Penisola è sopra di quasi sei punti. L’Italia viene poi indicata, dall’Ocse, come uno dei paesi più a rischio per i giovani nella transizione tra scuola e lavoro. Arriva quasi al 20% la percentuale dei giovani lasciati indietro, i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che hanno abbandonato la scuola senza un diploma e non lavorano. È il terzo peggiore dato, dopo Messico e Turchia. E per il 2011 la situazione non sembra prevedere grossi miglioramenti. La fragilità della crescita della produzione e la crisi economica, che picchia duro su Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna (i cosiddetti Pigs), sembra non consentire una ripresa dell’occupazione, che anzi rischia di calare ancora. I giovani senza lavoro nelle previsioni Ocse resteranno attorno al 18% nel 2011 e scenderanno solo di poco (al 17%), nel 2012. Ma in questa situazione quali risposte si possono dare ai giovani? Il Capo dello Stato indica alcune linee strategiche da seguire come abbassare il debito pubblico, «un peso che non possiamo lasciare sulle spalle delle generazioni future», poi ridurre il divario tra Nord e Sud, alzare produttività e competitività, tutto nell’ottica di una più forte integrazione europea. E accanto a una «maggiore responsabilità dello Stato, Napolitano tira in ballo anche «i privati che, ad esempio, devono investire di più nella ricerca». Nel suo ultimo rapporto anche l’organizzazione parigina dà anche qualche consiglio sulle politiche giovanili, suggerendo ai governi di «sostenere i ragazzi più a rischio, ovvero quelli che lasciano la scuola senza qualifiche, che vivono in aree svantaggiate o di famiglia immigrata». Come? «Rafforzando i programmi di apprendistato e di formazione professionale e incoraggiando le assunzioni, offrendo sussidi temporanei a favore dei ragazzi poco qualificati». |