Non c’è trippa per… cani! di Pippo Frisone ScuolaOggi 31.1.2011 Con sentenza depositata in data 5.2.10 il Tar del Lazio sollevava dinnanzi alla Corte Costituzionale dubbi di costituzionalità dell’art.1, comma 4 della L.167/09, la legge- blocca -processi voluta dalla Gelmini per confermare le code alle graduatorie ad esaurimento nel biennio 09/11, vanificando le molteplici decisioni del Tar del Lazio compreso il commissariamento del Miur. In data 26 gennaio 2011 la Corte Costituzionale si è riunita in Camera di consiglio per esaminare il rinvio. Il pronunciamento si conoscerà a breve e comunque prima della fine di febbraio. I dubbi di anticostituzionalità sollevati dal Tar sono più di uno e tutti di notevole rilevanza: art.3,comma1-art.24 commi 1 e 2- art.51 – art.97- art.113. Essi riguardano i principi di ragionevolezza e di uguaglianza di trattamento tra posizioni eguali, l’irragionevolezza della retroattività della norma d’interpretazione autentica, la penalizzante discriminazione dei ricorrenti non messi in condizione di eguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici, l’intromissione del potere politico nell’amministrazione della giustizia, influendo sulle controversie in atto. Precludendo la mobilità territoriale a detta del Tar si violerebbero i principi di “parità delle armi”,della “certezza del diritto”, di”indipendenza dei giudici” e il diritto “all’equo processo”: Questo rinvio è emblematico, per alcuni aspetti, dell’attuale situazione politico-istituzionale, dello scontro in atto tra il potere politico che fa capo all’attuale maggioranza e la magistratura, compresa quella amministrativa. Uno strapotere, quello poltico-parlamentare, nella sua espressione maggioritaria, poco attento agli equilibri istituzionali e sempre più insofferente al controllo di legalità esercitato dalla magistratura. L’imposizione per legge (L.167) di discutibili decisioni ministeriali (DM 49/09) non poteva passare inosservata e senza colpo ferire. Nel caso in cui la Corte Costituzionale si pronunciasse per la incostituzionalità delle code delle graduatorie ad esaurimento e a favore delle graduatorie “a pettine”, gli effetti della decisione sarebbero a dir poco dirompenti. Seimila o quindicimila precari in attesa di quel giudizio, sarebbero comunque una bella botta per le casse dello Stato. Gli Uffici Scolastici provinciali coinvolti sarebbero una ventina in tutta Italia e tra questi quello di Milano. In quest’ultima provincia le posizioni in coda coi relativi punteggi, se inseriti a pettine, soprattutto nei diversi segmenti dell’obbligo, infanzia, primaria e media, darebbero un esito sconvolgente. Prendendo a riferimento le prime cento posizioni, le code scavalcherebbero abbondantemente le graduatorie principali, soprattutto nelle posizioni che hanno consentito le assunzioni a tempo indeterminato. Ad es. nella primaria la coda aveva nella prima posizione punti 185 punti contro 116 della graduatoria principale mentre la posizione 100 della coda riportava un punteggio di 161 contro107 della principale. Vale a dire che tutti quelli della coda sarebbero entrati in ruolo per il punteggio più alto. Cosi anche nell’infanzia e nella media mentre nella secondaria l’attuale coda vince a macchia di leopardo a seconda delle classi di concorso. Ma ciò varrebbe non solo per le oltre 500 assunzioni in ruolo ma anche per le 4mila supplenze annuali. Tra risarcimento danni, rivendicazioni di contratti a tempo indeterminato e a tempo determinato, sono in ballo nelle venti province diversi milioni di euro. Se agli effetti di questa sentenza aggiungessimo quelli che si vanno consolidando sulla stabilizzazione dei precari e sul riconoscimento delle carriera, ne uscirebbero sonoramente bocciati non soltanto la Gelmini ma tutto il Governo e l’attuale maggioranza parlamentare. Perciò c’è molta attesa sulla sentenza della Corte che va ben al di là del pettine e della coda delle graduatorie ad esaurimento. Anche qui è il principio di legalità che è in discussione, assieme a quello di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alle legge. Una ragione di più perchè questa volta riguarda i lavoratori più deboli, cioè i precari. |