“Amicus Plato, sed magis amica veritas”

Intervista a Giorgio Israel

A cura di Roberto Tripodi, La Letterina n. 266 - giovedì 27 gennaio 2011

Abbiamo posto alcune domande a Giorgio Israel, docente ordinario di Storia della Matematica all’Università La Sapienza di Roma, coordinatore del Gruppo di lavoro per la Formazione degli Insegnanti presso il MIUR.

 

ASASi: Il docente, nella qualità di componente del consiglio d’istituto, ha un ruolo sovraordinato di indirizzo e di controllo rispetto al preside. Nella qualità di professore ha un ruolo subordinato e dipendente. Un docente può far parte contemporaneamente della RSU, del comitato di valutazione e del consiglio d’istituto. Pensa che possa esservi un conflitto d’interesse?

GIORGIO ISRAEL: Non c’è dubbio che vi sia. I problemi tuttavia nascono in relazione alle nuove modalità di valutazione che si vuole introdurre e che si pretende siano il più possibile “oggettive”. In linea generale, è assurdo che chi deve essere valutato elegga i propri valutatori. Se vi deve essere “oggettività” (preferisco parlare di “equanimità”) occorre che la valutazione sia compiuta da soggetti esterni alla dinamica dell’istituto.

 

ASASi: Ritiene che la presenza di 13 organi collegiali in ogni scuola migliori le condizioni amministrative, didattiche e gestionali?

GIORGIO ISRAEL: Ritengo che la pletora di organi collegiali sia uno dei fattori dello sfascio della scuola, della sua burocratizzazione, dell’alienazione del docente dai suoi compiti primari e della dispersione della sua attività in mille rivoli amministrativi e organizzativi, cui si aggiungono ora altri adempimenti insensati, come la “certificazione delle competenze”. Inoltre, questa pletora risponde a un’idea falsa e demagogica della “democrazia”. La scuola è un’istituzione educativa e non un’istituzione rappresentativa. Non esiste “democrazia” nell’ambito delle istituzioni educative se non per quanto riguarda gli aspetti organizzativi. Tanto per parlar chiaro, un insegnante - se merita questo nome - non si colloca sullo stesso piano del personale amministrativo, delle famiglie e degli studenti, per quanto riguarda i contenuti dell’insegnamento. Naturalmente, in presenza di evidenti incompetenze (un docente che insegna che il congiuntivo di “cantare” è “che io canta”), si può sempre ricorrere a una denuncia documentata e alla richiesta di interventi ispettivi.

 

ASASi: L’assenza di valutazione del personale negli ultimi quarant’anni può aver influito sui livelli di apprendimento degli allievi?

GIORGIO ISRAEL: Può aver influito, senz’altro. Ma non ritengo che sia stata la causa primaria della caduta di livello degli apprendimenti degli studenti. Basta guardare ai “programmi” o “indicazioni nazionali” che si sono succeduti: sempre più fumosi, generici, verbosi e contenenti obbiettivi di apprendimento sempre più modesti e limitati. La responsabilità primaria del declino della scuola italiana è dovuta al prepotere del pedagogismo costruttivista che si è manifestato a partire dagli anni ottanta. Tutti i governi che si sono succeduti hanno avuto al ministero i loro “pedagogisti di Stato” che hanno fatto danni incalcolabili. Ora il rischio è che si cada dalla padella nella brace passando dal pedagogismo all’aziendalismo.

 

ASASi: Pensa che comandi, utilizzazioni, esoneri dall’insegnamento abbiano influito nel rapporto insegnamento-apprendimento?

GIORGIO ISRAEL: Mi pare che la domanda si risponda da sola… Quelle cifre sono specchio di un malcostume e della riduzione della scuola ad ammortizzatore sociale e sfogatoio di ogni esigenza particolaristica

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ASASi: Un dirigente scolastico può essere chiamato a rispondere del raggiungimento dei risultati del suo istituto, senza avere potere di valutazione sul personale, poteri di controllo sull’arruolamento di titolari e supplenti e poteri disciplinari nei confronti degli studenti?

GIORGIO ISRAEL: Certo che non può. Il problema è che non possiamo passare da una forma organizzativa a un’altra senza una profonda riflessione. Se il dirigente scolastico deve essere visto come un “manager” e non come un insegnante dedito alla direzione di un istituto, allora non può avere un potere di valutazione nel merito, che si tratti di valutazione degli insegnanti in ruolo o di arruolamento. I suoi poteri debbono limitarsi agli aspetti organizzativi e gestionali (inclusi quelli disciplinari nei confronti di studenti o docenti assenteisti, ecc.), come il direttore di una ASL che è assurdo abbia poteri di decisione sul merito delle questioni sanitarie, in quanto ha una funzione di manager e non di medico. Altrimenti, è giusto che abbia determinati poteri di valutazione e di intervento nel merito, da contemperare con forme di valutazione esterna che debbono riguardare anche la sua attività. Non sono affatto convinto della bontà dell’idea che il dirigente assuma direttamente gli insegnanti. Gli istituti scolastici sono strutture piccole ed esposte. Per essere anche qui franchi: chi garantisce che in determinate realtà la scuola non diventi un nuovo e proficuo terreno di intervento per la malavita organizzata e le liste di assunzione per le singole scuole non le scriva la camorra, la mafia o la ‘ndrangheta?