Certificati di malattia,
informatica e lotta agli assenteisti

di A. Lalomia Orizzonte scuola, 18.1.2011

Le procedure introdotte dal Dipartimento della F. P. per giustificare le assenze per malattia dei dipendenti pubblici, se da un lato hanno riscosso un discreto credito per l’ispirazione che le anima (il contrasto dell’assenteismo), dall’altro hanno sollevato -e continuano a sollevare- perplessità e critiche piuttosto vivaci (1) , soprattutto da parte delle associazioni di categoria del mondo medico.

Il lettore interessato può acquisire in proposito ampia documentazione dai siti che si occupano in modo specifico della materia (2) .

Qui vorrei soltanto ricordare che tutto il personale della scuola (ma il discorso vale anche per altri comparti) può rivolgersi, per il certificato di malattia, a qualunque medico convenzionato con il SSN. Non è necessario, quindi, se il proprio medico di base ha lo studio lontano dalla propria abitazione, cambiarlo con uno più vicino. Nel caso appunto in cui il dipendente abbia necessità di una giustificazione per l’assenza dal lavoro, ma non riesce, perché le sue condizioni fisiche non glielo consentono, a recarsi dal medico di famiglia, egli può mettersi in contatto con il medico di base più vicino, in grado magari di effettuare una visita domiciliare (senza costringerlo quindi a uscire da casa).

È evidente però che in questo caso il dipendente dovrà pagare al medico la visita, la compilazione, l’invio e la copia cartacea del certificato, proprio perché il dottore che si assume la responsabilità di giustificarlo non è il suo medico di base.

E questo è un altro aspetto su cui bisognerebbe riflettere, prima di esprimere un giudizio sulle nuove procedure in tema di giustificazione delle assenze.

Oltre a vedersi tolte dallo stipendio somme che possono anche essere significative, il dipendente sarà costretto ad affrontare un ulteriore onere finanziario per pagare appunto un altro medico per la giustificazione.

Non mi sembra un modo particolarmente equo per far fronte ad un fenomeno, quello dell’assenteismo, che comunque (come ho avuto modo di evidenziare in altra sede) andrebbe affrontato con altri metodi.

Ammesso poi -e non concesso- che il senso del dovere di un dipendente, il suo impegno e la qualità del lavoro svolto, si misurino soltanto dalla continua presenza in servizio.

Ad un docente che è sempre presente (perché magari abita a poche centinaia di metri dalla scuola), ma che impiega troppa parte del suo tempo a leggere il giornale in sala insegnanti (e qualche volta anche in classe), o che chiacchiera con i colleghi anziché entrare in aula, io preferisco senz’altro un docente che ogni tanto è costretto ad assentarsi a causa delle sue patologie fisiche (e che per questo subisce pure detrazioni dallo stipendio), ma che compie il suo dovere fino in fondo e produce secondo parametri di tutto rispetto.

Chi considera la malattia come un colpa (per cui il malato va punito) andrebbe escluso dalla società civile e trattato come un nemico dell’umanità.

Note

(1)Fa discutere soprattutto la circolare n. 5 del 28-04-10 del Dipartimento della Funzione Pubblica, avente ad oggetto le assenze dal servizio dei pubblici dipendenti, nonché le responsabilità dei medici e le sanzioni previste nei loro confronti.
Tali provvedimenti (definiti anche da comitato di salute pubblica) sono tanto più opinabili quando si considerino le criticità del sistema di informatizzazione dei certificati (v. oltre), il notevole costo della procedura avviata dall’esecutivo e le problematiche (più generali) relative alla firma certificata (cfr. al riguardo
I disastri della posta certificata: è complicazione amministrativa, non semplificazione”, apparso il 31-12-10 su www.ilgazzettino.it/).
Di fatto, oggi, le durissime sanzioni irrogate al medico allorché egli “… in relazione all’assenza dal servizio [del dipendente], rilascia certificazioni che attestano dati clinici non direttamente constatati né oggettivamente documentati” (evidenziazione mia), costringono molti pazienti, anche quelli che si reggono a malapena in piedi, a recarsi nello studio del medico per la giustificazione, compromettendo così ancora di più il loro stato fisico, il che si traduce quasi sempre in un prolungamento dell’assenza dalla sede di servizio. È troppo chiedere a quale logica risponda un obbligo del genere ?
Stupisce, peraltro, che non si parli della possibilità di superare i nodi più difficili della materia con procedure analoghe a quelle usate per la telemedicina, che permettano cioè al paziente, tramite specifiche apparecchiature, di dialogare da casa con il proprio medico di base, consentendo a questi di acquisire in tempo reale immagini e dati necessari per la diagnosi, la prognosi e la terapia, nonché di trasmettere al proprio assistito la copia del certificato.
Non meno sorprendente è il silenzio di illustri uomini politici alle proposte di riqualificare la P.A. (realizzando in tal modo sostanziosi risparmi) con l’introduzione delle tecnologie digitali (v. in proposito “Ricetta medica elettronica: Brunetta sollecita Tremonti per l’emanazione dei provvedimenti attuativi”) .

(2)Sulla questione dei certificati di malattia digitali, cfr. tra l’altro: “http://www.orizzontescuola.it/node/6761/)">I medici potranno certificare le malattie brevi solo con la visita […]”,
Sanità, certificati di malattia on line: scontro tra medici e ministero sul sistema”; e soprattutto gli articoli presenti su www.fimmgroma.org/ , in particolare
Certificazioni di malattia on line. A rischio blocco l’80 % degli account”, che fornisce un video molto eloquente sulle anomalie del sistema;

Continua la discussione sul valore legale del certificato telematico”; e “Certificati on line, tutti gli aggiornamenti e la normativa” (memorandum particolarmente utile).

Il problema comunque non riguarda soltanto il costo, le disfunzioni e la vulnerabilità del sistema, ma interessa anche, come già accennato sopra, alcuni punti chiave della nuova normativa. E in effetti, che le critiche rivolte a questo piano siano fondate è testimoniato dal fatto che la sua completa attuazione è stata rimandata più volte: doveva essere pienamente operativo alla fine del 2009, ma si trova ancora nella fase di collaudo ed è quasi certo che subirà un ulteriore rinvio, con il mantenimento ancora per qualche tempo della certificazione tradizionale. In proposito, v. ad esempio: “Certificazioni di malattia on line”, su www.fimmg.org/ ;

Lombardia: certificati telematici al palo”, su www.fimmgroma.org/ ;
Certificati on line: Fimmg e Snami chiedono una proroga per le sanzioni
(“Non si riduce la percentuale di accesso al call center e rimangono sostanzialmente invariate le criticità nel suo utilizzo: il 42,4% dei medici rinuncia a completare la procedura mentre a settembre era il 47,6%.”)
Certificati on line. Anche per Anaao, Smi e Intesa Sindacale serve una proroga” ;
Certificati on line: Fnomceo chiede slittamento sanzioni” ;
Lombardia: preoccupazione sugli obblighi della ricetta elettronica”.

A fronte di ciò, non mi sembrano particolarmente costruttive le affermazioni di importanti esponenti politici che criminalizzano un’intera categoria, facendo di ogni erba un fascio, anche perché poi si rischiano reazioni altrettanto generalizzate e irriguardose (v. il video in cui la CGIL attacca duramente –e con toni pittoreschi- il ministro della F.P.).

Le pecore nere esistono in ogni campo (quindi anche in quello sanitario), ma è deplorevole che per combatterle si spari nel mucchio, investendo anche i tanti professionisti che svolgono la loro attività in modo onesto e talvolta con autentica abnegazione. D’altronde, queste stesse pecore nere esistono perché non di rado trovano una sponda amica in ambienti politici compiacenti, pronti a servirsi del loro potere per premiare, con nomine ad hoc, la fedeltà di soggetti che altrimenti non potrebbero mai aspirare a determinati ruoli, visto che non posseggono le competenze necessarie, o che dovrebbero essere sollevati immediatamente dall’incarico, per l’avidità che dimostrano nell’esercizio della professione.