"Ricreazione": La professoressa deficiente
E’ opinione comune che, se la scuola è diventata
un locus amoenus senza re e senza legge, la colpa principale è da
attribuire agli insegnanti. Oramai non intervengono più, lasciano
fare ai ragazzi tutto quello che vogliono, amano il quieto vivere e
non vogliono assumersi le antiche responsabilità educative... Silvana La Porta da Aetnascuola.it, 24.2.2011 Ma se qualche insegnante mostra di tenerci all’educazione dei più indisciplinati, che succede? Un recente caso ci illumina su questo interrogativo. Una docente palermitana di 59 anni, dunque una veterana dell’insegnamento, è stata condannata in appello a un mese di detenzione - sospesa e condonata - per abuso di mezzi di correzione contro un bulletto. Questa docente non era stata come tante altre, amante della politica del lassez faire. Questa docente era intervenuta contro un ragazzino che nel 2006 a Palermo, dopo reiterate e impunite note sul registro, insieme a due amichetti aveva insultato e umiliato un compagno, definendolo gay e femminuccia e impedendogli di entrare nel bagno dei maschi. A questo punto la professoressa invita i bulletti a scusarsi. Nulla di più, semplicemente scusarsi, l’atto più educativo che ci possa essere. Ma il ragazzo la guarda storto e si rifiuta tassativamente. Che fare? La docente, decisa a non lasciare impunito un grave atto di prepotenza, che la scuola non può mai incoraggiare, gli impone di scrivere cento volte “Sono un deficiente”. Provvedimento certo forte, d’altri tempi, dei tempi quando i ragazzi venivano bacchettati e finivano dietro la lavagna e i genitori, arrivati a casa, per completare, davano loro anche una sculacciata. Ma per questo gesto colei che ha voluto assumersi una ben precisa responsabilità educativa ha pagato e caro, senza che nessuno all’interno della scuola la appoggiasse: unica colpa difendere il debole, l’aggredito, e punire l’aggressore. La prossima volta giri gli occhi da un’altra parte, cara prof, faccia come le scimmiettine che non vedono, non sentono e non parlano. Perché tra educatori ed educati il rapporto è impari e qui la vera deficiente, spiace dirlo, è stata lei.
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