L'EDITORIALE

Se gli studenti danno i voti

Negli atenei del Nord Est

di Giuseppe Favretto Il Corriere del Veneto, 16.2.2011

Recitava un articolo del Corriere di qualche tempo fa a firma di Lorenzo Salvia: «Gli studenti promuovono i prof». Si riferiva ai professori universitari. Più che a sentir valutare i docenti, siamo avvezzi a sentir parlare di voti che vengono dati agli studenti. Non dimentichiamoci che il giudizio di un professore è un’assunzione di responsabilità. Il valutante partecipa a un progetto di sviluppo e di indirizzo del valutato. Anche la Riforma Gelmini spinge su questo tasto. L’Anvur - l’organismo ministeriale dedicato - lo farà per tutti gli atenei. Esso insisterà anche sul valore della produzione scientifica dei docenti. I tipi di giudizi di cui abbiamo appena parlato possono essere definiti di tipo top-down. Si stanno sempre più affermando invece misurazioni di tipo bottom-up. Questo tipo di valutazioni si radicano sul terreno delle teorie della qualità totale e del miglioramento continuo. Esse insistono sul diritto di giudizio che un qualsiasi cliente può e deve esercitare. Sia chiaro, un conto è valutare e un conto è insultare.

Il valutare comporta autorevolezza riconosciuta, indirizzo e attenzione rispettosa al valutato. La seconda può ridursi a una bordata senza né senso, né storia. Giusto quindi che gli studenti- clienti possano valutare i professori, ma per ottimizzare tale processo bisogna enfatizzare due aspetti fondanti. Il primo è di natura tecnica, il secondo di natura politica. Sul piano tecnico il valore di un’indagine di customer satisfaction è legato ai limiti dei dispositivi utilizzati. Il questionario cartaceo, che tradizionalmente veniva fornito negli atenei veneti, soffre di una serie di fattori inquinanti. Noto è l’halo effect: si dà valutazione positiva di un elemento di un insieme se si ha un atteggiamento positivo nei confronti dell’intero insieme. Altrettanto conosciuto è il processo di deriva migliorativa, arcinoto negli studi di customer satisfaction sanitaria. La valutazione di un cliente (nella fattispecie di uno studente) è un giudizio spot: può ridursi a un insulto, il lancio di una pietra a cui fa seguito l’occultamento della mano. Ad alcuni di questi limiti è possibile rimediare. Le università del Triveneto stanno adottando un unico software di gestione delle carriere degli studenti, che accoglie procedure di valutazione online. Dello studente che giudica si può sapere frequenza, voti ottenuti, età, residenzialità. Sappiamo in tal modo chi è il soggetto dell’atto valutativo, che può essere peraltro reiterato in corso d’anno, con indubbi esiti migliorativi sul piano dell’attendibilità e della validità del giudizio. Passiamo all’aspetto politico. È giusto che la mano dello studente che lancia il sasso non venga nascosta. Una valutazione lapidaria, seppur corretta, resta un intervento estemporaneo, che restituisce poca utilità all’ateneo. Anche per gli studenti la valutazione deve essere un’assunzione di responsabilità. Essi si assumano davvero l’onore di una maggiore presenza, di un maggior protagonismo positivo e anche, perché no, magari di un maggior rispetto dell’Università nel suo complesso: arredi, luoghi e ambienti. In tal modo contribuiranno al miglioramento delle strutture, all’immagine interna ed esterna del loro ateneo.