Valutazione & Merito/1.
Il ciclone Brunetta

da TuttoscuolaNews, n. 474 7.2.2011

Nei prossimi giorni i sindacati della scuola dovranno confrontarsi con il ministero dell’istruzione sul decreto di attuazione della riforma Brunetta per la misurazione e il riconoscimento economico del merito del pubblico impiego.

Troverà (o dovrebbe trovare) applicazione anche nella scuola, infatti, la norma generale che prevede compensi per merito solo per il 75% dei dipendenti: la metà della somma riservata al merito sarà (dovrebbe essere) assegnata a una quota del 25% dei lavoratori, l’altra metà ad un altro 50%, e niente al restante 25%. Il condizionale è d’obbligo perché la norma appare di assai difficile applicazione in un mondo come quello della scuola, con particolare riferimento ai docenti, la cui attività è difficilmente misurabile e storicamente refrattari a politiche di differenziazione della retribuzione su basi meritocratiche (Berlinguer docet).

Però la regola, almeno sulla carta, non ammette eccezioni, vale per tutti i pubblici dipendenti e quindi anche per gli insegnanti, che dovranno anche inserire nei siti internet delle scuole i loro curricula, gli incarichi e i compensi ricevuti. Dovrà occuparsene il dirigente scolastico, che in caso di inadempienza si vedrà negare la ‘retribuzione di risultato’. Insomma, verrà a sua volta valutato negativamente.

È quanto prevede la bozza di Dpcm predisposta dai ministeri dell’Istruzione e della Funzione pubblica in attuazione della riforma Brunetta, già circolante ma formalmente ancora non consegnata ai sindacati. Che infatti reagiscono soprattutto contestando il metodo scelto dal governo. Per Domenico Pantaleo, segretario della Flc Cgil, il ministero dell’Istruzione nega nei fatti il confronto su un provvedimento che interviene sulla professionalità del personale docente. Rino Di Meglio, leader della Gilda degli insegnanti, chiede al ministro di fornire ai sindacati una immediata e dettagliata informativa sulla questione. Anche Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, sottolinea la necessità di un “confronto vero” che riguardi anche il personale Ata, ma non esclude che possano essere individuate modalità premianti, a condizione che non siano di tipo burocratico-amministrativo, e che rispettino “la centralità didattica e formativa del settore scuola».