Andare a scuola in anticipo migliora il rendimento scolastico. La famiglia fa ancora la differenza di Claudio Tucci Il Sole 24 Ore, 11.2.2011 Andare a scuola "in anticipo" migliora il rendimento scolastico: lo dice il rapporto completo Pisa 2009, pubblicato sul sito dell'Invalsi, dopo l'anticipazione fatta in simultanea a Roma e Parigi lo scorso 7 dicembre. La materia testata è sempre "la lettura" e il campione sono i soliti 15enni scolarizzati ed è stato dimostrato che in tutti i Paesi Ocse gli studenti che hanno frequentato la scuola dell'infanzia per più di un anno ottengono performance migliori di quelli che non l'hanno frequentata. Con una differenza media di punteggio davvero considerevole anche in Italia, dove ben l'86,1% di ragazzi ha dichiarato di aver frequentato la scuola dell'infanzia per più di un anno (mentre l'8,6% l'ha frequentata solo un anno).
Ebbene: gli studenti
italiani che non sono andati alla scuola dell'infanzia ottengono un
punteggio medio di 416 (la media Ocse è di 449), quelli che ci sono
andati per un anno o meno di un anno ottengono 460 (contro una media
Ocse di 479). Mentre chi ha frequentato la scuola dell'infanzia per
più di un anno ottiene 494. La media Ocse è di 503.
Sfogliando ancora le
240 pagine del rapporto spiccano altri dati interessanti. Il primo è
che (come confermato da recenti indagini nazionali) il cosiddetto
"contesto familiare" incide nelle migliori performance dei ragazzi.
Per esempio, i figli di genitori con un livello occupazionale basso
hanno ottenuto in media un punteggio inferiore rispetto ai figli di
genitori che svolgono una professione di livello alto (+64 punti, di
differenza). Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Abruzzo sono le regioni
dove queste differenze emergono in modo più spiccato. Basilicata e
Puglia sono invece le regioni nelle quali l'impatto del tipo di
occupazione svolta da mamma e papà risulta meno forte. In genere,
nei tecnici e nella formazione professionale il contesto familiare
ha un peso minore. In più: il coinvolgimento dei genitori in
attività di lettura con i propri figli migliora le loro performance.
Così come anche altre attività come «discutere di libri o film»,
«cenare insieme a tavola» o «parlare di politica» che mostrano di
esercitare un'influenza positiva sul rendimento in lettura degli
studenti. Questo perché spiega al «Sole 24 Ore» Laura Palmerio,
coordinatrice per l'Italia dello studio, «fa sviluppare il senso
critico che nelle prove Pisa è molto importante».
Altro dato da
sottolineare è come in Italia gli studenti immigrati di prima
generazione presentino uno scarto negativo di ben 81 punti in media
rispetto agli studenti italiani e più della metà di loro (il 50,5%)
non raggiunge il livello minimo di alfabetizzazione. In pratica,
sottolinea il rapporto, uno studente immigrato ha più del doppio
delle possibilità di un collega italiano di collocarsi nel quartile
inferiore dei risultati. Sterilizzando il background socio economico (che pur influisce sui risultati scolastici) emerge ancora come le opportunità di raggiungere buoni risultati non risultino equamente distribuite. In generale la varianza all'interno delle scuole può essere attribuita a differenze di studenti che frequentano la stessa scuola, del tipo diversità di impegno, di motivazione, di partecipazione alla vita scolastica. La varianza tra scuole, invece, può essere ricondotta alle differenze tra una scuola e l'altra, che dipendono magari dai tipi di scuole, dalla loro localizzazione sul territorio, dall'organizzazione, dalle risorse. Vale a dire che frequentare una scuola invece di un'altra può fare la differenza. E si tratta di una situazione che, potenzialmente, potrebbe peggiorare con l'arrivo del federalismo scolastico, che potrebbe creare maggiori problemi alle scuole ubicate nei territori "meno fortunati". Inoltre, sottolinea Laura Palmerio, sarebbe opportuno "evitate la segregazione scolastica". Vale a dire: cercare di evitare quel circolo vizioso che vuole che il figlio del chirurgo debba frequentare solo il liceo. |