SCUOLA

Cara Repubblica, non bastano i soldi
a salvare la scuola statale

Vincenzo Silvano il Sussidiario 19.12.2011

“Il sospetto lo avevano in molti, adesso arriva la conferma dei numeri. In pochi anni, le scuole paritarie hanno visto crescere il numero dei propri iscritti. Mentre le statali, travolte dai tagli soprattutto dell'ultimo governo Berlusconi, segnano il passo…”. Niente male come incipit dell’articolo apparso su Repubblica lo scorso 15 dicembre (titolo: Anni di tagli, le "pubbliche" calano. Boom iscritti alle scuole paritarie). Un’ouverture dai toni melodrammatici, che quasi quasi non avrebbe bisogno di ulteriori spiegazioni, tanto è chiara la tesi di fondo: le famiglie si stanno orientando sulle scuole paritarie (“private”, aziendaliste e ideologiche) solo perché costrette obtorto collo dallo stato di sofferenza cui sono state ridotte le scuole statali (“pubbliche”, pluraliste e democratiche) dal Governo Berlusconi, che novello Robin Hood a rovescio ha tolto ai poveri per dare ai ricchi. E poi questo vizio di nascondere la verità: “Il dato degli alunni delle private è stato pubblicato ieri dall'Ufficio statistica del ministero dell'Istruzione nell'ambito del dossier sugli alunni disabili e mancava dalle statistiche ufficiali da circa 10 anni.”

Insomma, così come ormai ci hanno abituati gli amici de la Repubblica, si tratterebbe di un vero e proprio complotto, che non porterà nulla di buono alla nostra gente. Per tranquillizzarli, allora, ci permettiamo di “aggiungere” al loro articolo qualche dato, che forse non attenuerà il tradizionale risentimento nei confronti delle scuole private, ma che probabilmente servirà a fare un po’ di chiarezza, mostrando che non di complotto si tratta, bensì di puro esercizio di un diritto costituzionalmente riconosciuto: la libertà di educazione, connessa al diritto/dovere dei genitori di educare i figli.

Innanzitutto i dati “celati” dal Ministero: si tratta evidentemente di una “bufala”; infatti, è sufficiente entrare nel sito del Ministero e accedere alla sezione “statistiche” per rendersi conto che sono fruibili da chiunque tutti i numeri utili a capire, anno per anno, l’evoluzione della situazione del nostro sistema nazionale di istruzione. Un esempio: basta cliccare su questo link

http://oc4jesedati.pubblica.istruzione.it/Sgcnss/ e si aprono i dati relativi alle scuole per l’a.s. 2004/2005, paritarie comprese.

Facile, no? E poi, volendo, basta accedere all’area “pubblicazioni” (sempre nel sito Miur) ed è possibile scaricare anno per anno i volumi “La scuola in cifre” e consultare tabelle dettagliatissime, addirittura con i dati relativi alle iscrizioni alle scuole private negli ultimi 10 anni. Un esempio? eccolo:

 

http://archivio.pubblica.istruzione.it/mpi/pubblicazioni/2007/scuola_in_cifre.shtml

Dati celati? Bah, sarà... A meno che, per Repubblica, le statistiche non siano ufficiali solo quando le conoscono loro.

Ma andiamo avanti. Scuola “pubblica” che cala? Qui siamo al solito equivoco, alimentato ad arte: “pubblico” non equivale a statale, così come paritario non equivale a “privato”. Eh sì, è ormai noto a tutti, tranne a quelli che proprio non vogliono saperlo, che le scuole paritarie sono pubbliche, cioè aperte a chiunque vi si voglia iscrivere, e che fanno parte per legge (62/2000) del sistema nazionale integrato di istruzione. Non basta? Ecco allora la sentenza 2605/2001 del Consiglio di Stato, che riconosce che la scuola paritaria è pubblica in quanto erogatrice di un servizio offerto a tutti e orientato al bene della res publica. Non basta ancora? Viene allora in nostro soccorso il ministro Fioroni, che a fine 2006 fece introdurre nella finanziaria 2007 alcune importanti novità in tema di contributi alle scuole paritarie, utili a “dare il necessario sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell’ambito del sistema nazionale di istruzione” (art. 1 c. 635 l. 296/2006).

E poi, in definitiva, è la realtà che parla da sé, mica c’è bisogno di sentenze…

Insomma, quella che cala non è la scuola pubblica, ma la scuola statale! E perché cala? Certo, le risorse sono diminuite e si fa più fatica a gestire i servizi, però la causa principale non è questa: la scuola statale cala perché è in crisi profonda di identità e di idealità, e solo una vera autonomia la potrà salvare. Non basterebbe nemmeno il raddoppio delle risorse; occorre una piena autonomia didattica, amministrativa e gestionale, che arrivi sino al punto di consentire agli organi decisionali di assumere direttamente i docenti in base ad un autentico POF, come veri e propri professionisti.

E, viceversa, perché cresce la scuola paritaria? Perché è chiaro cosa offre, e nonostante le difficoltà economiche da cui continua ad essere strutturalmente afflitta, ai genitori è chiaro cosa e come sarà proposto ai loro figli. Qui sta la grande differenza e qui si gioca il grande equivoco: per Repubblica “Nelle statali tutto dipende dai fondi disponibili”, e col venir meno dei fondi viene meno tutto il resto. Nelle paritarie, invece, che pure di fondi ne hanno sempre avuti pochi e devono fare i salti mortali per andare avanti, anche col venire meno dei soldi non viene mai meno il vero fattore vincente: l’ideale educativo da cui sono state originate e che diventa proposta pubblica.

Vogliamo dare un consiglio agli amici di Repubblica: la smettano di affliggersi per la fine dei tempi d’oro della scuola statale (che non sono mai esistiti!) e inizino a battersi per un sistema scolastico davvero autonomo e competitivo, lasciando da parte i soliti e ormai superati schemi ideologici. La crisi in cui ci siamo addentrati, e da cui non usciremo facilmente né rapidamente, impone una nuova visione del Welfare e, dunque, anche del sistema di istruzione, e la scuola statale non potrà più permettersi il lusso di sperperare risorse di tutti per mantenere in vita il sistema elefantiaco e inefficiente che abbiamo conosciuto sino ad oggi.