Giovani delusi dal governo Monti

Mentre il ministro Profumo ancora non ha firmato il decreto
per la formazione dei nuovi prof i docenti analizzano il rapporto con i loro studenti

Flavia Amabile La Stampa, 18.12.2011

Ora che la prima manovra del governo Monti è definita senza possibilità di altri cambiamenti, a dispetto di tante promesse i giovani si ritrovano senza nulla in tasca. Ecco un appello da parte di Francesco Magni, studente di Giurisprudenza all'Università di Milano e presidente del Comitato per il diritto allo Studio.

La strada per l’attivazione dei nuovi percorsi per diventare insegnanti (lauree magistrali e TFA transitorio) sembra non avere fine. Agli occhi di chi sta seguendo la vicenda ormai da mesi essa appare come una folle corsa piena di ingiustificati cambi di direzione, periodi di stallo e repentine accelerazioni, non senza svariati colpi di scena. L’ultimo di essi era stato una buona notizia per le giovani generazioni: uno degli ultimi atti dell’ormai ex Ministro Mariastella Gelmini, redatto proprio nelle ultime ore del governo Berlusconi, accoglieva – sulla spinta dei 14mila firmatari dell’appellogiovani.it – in maniera finalmente accettabile le richieste dei giovani, con circa 23mila posti tra lauree magistrali e TFA transitorio, cifra che teneva nel giusto conto l’offerta formativa delle università (di oltre 26mila)

A un passo dalla firma, che avrebbe sancito la partenza dei percorsi per un numero adeguato ed equo di partecipanti, dopo ormai oltre tre anni di totale assenza di una qualunque strada all’abilitazione, assistiamo ad un’altra inaspettata e ingiustificata fase di stallo. Il famigerato decreto sembra essersi impaludato nuovamente (....) il ministro Profumo vuole vederci chiaro (...)  e rimettere in discussione anche il numero di posti stabiliti.

 

Ha quarant’anni di scuola alle spalle, Lino Picca, prof ora in pensione in quello che un tempo era l’istituto magistrale e ora è diventato il liceo socio-pedagogico. Insegnava filosofia in provincia di Salerno, e ha iniziato nel ‘68.

In quegli anni gli adolescenti conoscevano la loro strada?

«In quarant’anni di insegnamento ho avuto modo di distinguere tre generazioni di studenti. Quelli che hanno studiato con me negli anni che vanno dal ‘68 alla fine degli anni Settanta erano i più motivati, avevano le idee chiare e fortemente impegnati da un punto di vista politico».

E negli anni successivi?

«Si è andata via via affievolendo la tensione verso temi politici. Da una generazione tutta proiettata verso l’esterno si è arrivati agli studenti degli anni Novanta quasi narcisistici. Persino io che sonos empre stato il professore di sinistra, amato, impegnato, mi sono opposto a scioperi convocati solo per il gusto di saltare un giorno di scuola».

Come si restituisce a questi ragazzi il futuro?

«Io sono sempre stato molto impegnato sul piano politico. Anche negli anni Ottanta e Novanta sono riuscito a coinvolgerli. L’importante era la scelta dei temi: la pace e l’aiuto verso i Paesi più poveri sono sempre stati gli argomenti giusti per dare anche ai ragazzi meno interessati la possibilità di impegnarsi.

In che modo?

«Con le idee. Ho istituito ad esempio una ‘scuola di pace’, partecipavano 200 studenti ogni anno degli 8 istituti superiori della mia città. I ragazzi hanno avuto modo di incontrare persone come Alex Zanotelli o don Ciotti: è stato molto importante per loro».

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Mila Spicola ha 43 anni, per l’età media dei professori di ruolo delle scuole italiane è considerata una delle giovani leve. Insegna arte in una scuola media di Palermo dove i ragazzi della vita conoscono già il lato peggiore e difficilmente qualcuno racconta loro che non c’è solo questo.

Come si può parlare a ragazzi come questi?

«E’ più semplice di quanto si possa immaginare. A quell’età e in quel contesto il rapporto non può essere disciplinare ma affettivo. Innanzitutto bisogna amare quello che si insegna e bisogna stabilire con i ragazzi un rapporto di affetto. A quel punto è fatta: quello che viene insegnato in classe diventa la cosa che piace alla persona a cui vuoi bene e quindi piace anche a te. E’ un po’ ruffiano ma è l’unico metodo che funzioni».

E’ sicura che funzioni davvero?

«Ho la fortuna di avere ragazzi che in genere sono sinceramente disinteressati.E, quindi, quando sono interessati sono sinceramente interessati. Non esiste alcuna falsità in loro, il rapporto è basato sull’autenticità».

E le regole?

«Con loro bisogna essere rigorosi ma non all’inizio, altrimenti si ottiene l’effetto opposto. Prima bisogna stabilire un rapporto affettivo».

E dal punto di vista didattico?

«Bisogna imparare a parlare la loro lingua. Caravaggio e Leopardi saranno sempre gli stessi, è il modo di comunicare con i ragazzi ad essere cambiato. Il problema è che i professori sono l’unica categoria a essere priva dell’aggiornamento obbligatorio. Tutto è lasciato alla buona volontà dei singoli. Non è giusto né nei confronti dei docenti, né degli alunni».