Scuola, maxi concorso dopo 13 anni.
Cattedra per 12 mila

L’annuncio del ministro dell’Istruzione Profumo. Scettici i sindacati.
Gli aspiranti saranno 300mila. Cgil: rivedere le scelte di Gelmini

Mariagrazia Gerina l'Unità, 20.12.2011

Il numero degli aspiranti si sa già che sarà vasto almeno quanto una città da trecentomila abitanti. Generazioni di giovani laureati, che nell’Italia governata da Berlusconi, nonostante il ruolo ancillare assegnato alla scuola, hanno immaginato un giorno di poter diventare insegnanti. Con nessuna speranza di riuscirci, finora. Chiuse le scuole di specializzazione, chiusi i concorsi, in attesa di partire i nuovi tirocini. Perciò, quando il successore di Mariastella Gelmini, Francesco Profumo annuncia che di nuovo sarà bandito un concorso per consentire ai giovani che lo vogliano di diventare maestri, insegnanti, prof, aggiunge subito come indicazione temporale e morale: «Dobbiamo farlo al più presto. Da tredici anni non ne facciamo», dice l’ex rettore del Politecnico di Torino, scandendo quel tempo infinito in cui l’accesso alla scuola è stato sbarrato. Senza neppure più la possibilità di tentare da quando le scuole di specializzazione per l’insegnamento hanno chiuso i battenti. Perciò: «Dobbiamo fare presto», dice Profumo.

Usa la prima persona plurale il ministro, anche quando parla del passato. Come a dire che “noi” come Paese non ci possiamo permettere più di rimandare la questione. Non a caso, sul reclutamento di nuovi docenti, Mariastella Gelmini fu attaccata, e molto pesantemente, dalla sua stessa parte politica. Il nuovo esecutivo sembra intenzionato a procedere con altro passo. «Voglio riaprire la scuola ai docenti giovani ed evitare di bloccare una generazione di neolaureati che oggi non ha alcuna possibilità di ottenere una cattedra», spiega Profumo. I tecnici del ministero hanno ricevuto già da qualche giorno il mandato di lavorare a un nuovo piano di reclutamento.

E ieri, il ministro ha annunciato ufficialmente che alle porte c’è un nuovo concorso. Entro il 2012. Già ma per quanti posti? Dipenderà dal numero dei pensionamenti. Calcolando che ogni anno vanno in pensione circa 25mila insegnanti i posti a disposizione saranno 12.500. La metà delle cattedre vacanti infatti - spiega il ministro - «verranno coperte attraverso le graduatorie permanenti fino all'esaurimento del precariato storico, mentre l'altra metà verranno assorbite attraverso il concorso». In questo modo, «i giovani che non sono nelle graduatorie, ma si sono formati per fare gli insegnanti, potranno farlo». Le previsioni dicono che gli aspiranti non saranno meno di 300mila. Nelle graduatorie ad esaurimento sono circa 240mila gli iscritti, altri 30mila hanno ottenuto l'abilitazione attraverso le ultime scuole di specializzazione e altrettanti si apprestano a iniziare i Tirocini formativi attivi.

REAZIONI
La notizia è accolta con qualche scetticismo da parte dei sindacati. «Anche noi crediamo che i giovani debbano avere la possibilità di entrare nel mondo della scuola, ci mancherebbe - spiega il segretario della Flc Cgil Mimmo Pantaleo - ma temo che la prospettiva di nuove assunzioni si allontani sia per loro che per i precari in graduatoria perché da un lato ci sono le nuove norme sulle pensioni con cui fare i conti e dall’altra il blocco degli organici previsto dal precedente governo». Su quello e sui tagli ancora previsti dalla legge 133 il nuovo esecutivo è disposto a fare marcia indietro? Sarà questa la richiesta al centro del tavolo, già convocato dal ministro per il 22 dicembre. Più possibilista il Pd: «Condividiamo la necessità di riaprire i concorsi nella scuola pubblica soprattutto per quelle classi di concorso matematiche e tecnico scientifiche di cui sappiamo saranno esaurite le graduatorie in ben 64 province nei prossimi tre anni», spiega Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd, che però, come la Cgil, suggerisce di rivedere le norme per la formazione degli organici. E di passare agli organici funzionali. La Lega invece ne approfitta per chiedere bandi regionalizzati «con graduatorie regionali». Altrimenti -minaccia Paolo Grimoldi, deputato della Lega Nord - «questa operazione sarà l’ennesima beffa per il Nord, e assisteremo alla solita storia degli insegnanti del Sud che, dopo pochi mesi, tornano al paese lasciando le cattedre scoperte».