10 domande sulle pensioni

Età, Requisiti, Contributivo: cosa fare dopo gli emendamenti
per chi ha iniziato entro il '77 sarà possibile lasciare a 64 anni

Domenico Comegna Il Corriere della Sera, 17.12.2011

Ma quanto si perderà con il sistema contributivo pro rata?

Un interrogativo cui non si può dare una risposta precisa, in quanto tutto dipende dall'anzianità accumulata alla fine del 2011 e dalla retribuzione dell'ultimo periodo di lavoro. È bene intanto ribadire che il passaggio al contributivo per tutti riguarderà la sola contribuzione versata a partire dall'anno prossimo. Secondo le stime, la riduzione dell'assegno finale dovrebbe aggirarsi intorno ad un punto percentuale per ogni anno di contributivo. In linea di massima si può dire che tanto più è vicina la pensione e tanto più alto è lo stipendio, meno si perderà. Il vantaggio del conteggio retributivo, infatti, si attenua man mano che sale lo stipendio, visto che al di sopra del cosiddetto «tetto» (pari a circa 44 mila euro) l'aliquota di rendimento del 2%, per ogni anno di contributi, si assottiglia sino a raggiungere l'1%, per la parte di retribuzione pensionabile eccedente gli 82 mila euro.
 

Le donne possono ancora andare in pensione a 57 anni?

Sì, è così. Le donne (non è così invece per gli uomini) che vorranno andare in pensione con le vecchie regole - ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) - potranno continuare a farlo, sino al 2015, scegliendo il trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo. Questo criterio, riferito alla contribuzione accumulata nell'arco della intera vita lavorativa, è sicuramente meno vantaggioso del «retributivo», e comporta una perdita in termini di pensione stimabile in misura pari a circa il 20-25%. Se prima, con l'età della vecchiaia a 60 anni, non valeva la pena accettare la riduzione dell'assegno per anticipare un paio d'anni il ritiro dall'attività. Ora, con l'età salita a 62 anni, la possibilità di lasciare a 57 anni (58 le autonome) va valutata con maggiore attenzione.
 

Raggiunti i 42 anni di contributi si dovrà aspettare un anno per la finestra dei 43?

No, non dovrà più aspettare: la pensione decorrerà dal mese successivo alla cessazione dell'attività. L'inasprimento dei requisiti per ottenere la pensione anticipata (42 anni e un mese gli uomini e 41 e un mese le donne) è stato in parte mitigato dalla soppressione della famosa «finestra mobile» introdotta dalla manovra economica dell'estate 2010. Meccanismo che richiedeva un periodo di attesa, tra la data di perfezionamento del requisito e la decorrenza effettiva della pensione, pari a 12 mesi (18 mesi per i lavoratori autonomi). L'abolizione della finestra, consente quindi di percepire l'assegno a partire dal mese successivo alla domanda.
 

Che fine hanno fatto le agevolazioni per i lavoratori precoci?

Chi ha cominciato a lavorare giovanissimo può essere annoverato tra i più penalizzati dalla riforma Monti. Un dipendente che si è messo a lavorare a 15 anni e che l'anno prossimo avrebbe raggiunto 40 anni di contributi, compresa la finestra mobile di un anno, sarebbe uscito all'età di circa 56 anni. Adesso dovrà lavorare un anno in più, per raggiungere 42 anni e tre mesi di contributi, ma se uscirà a 57 anni, cioè 5 anni prima dei 62, età richiesta dalle nuove regole, subirà una penalizzazione, sulla quota calcolata con il criterio retributivo dell'1% per ognuno dei primi due anni e 2% per ogni anno in più oltre i 2.

Raggiunta la quota «96» nel 2012 quando si potrà andare in pensione?

Nel 2012, se non fossero intervenute novità, si poteva ancora andare in pensione con la quota «96». Ora le cose sono completamente cambiate. Secondo il decreto legge della scorsa settimana, per lasciare il lavoro il nostro lettore avrebbe dovuto aspettare circa 5 anni e mezzo, per arrivare a 66 anni e mezzo e uscire con l'età di vecchiaia (66 anni dal 2012, soglia che poi salirà di 3 mesi ogni due anni a partire dal 2013). A temperare questo rigore, è però giunto il maxiemendamento, che nel testo definitivo, approvato ieri dalla Camera, ha aperto una chance alternativa proprio per chi ha iniziato a lavorare regolarmente entro il 1977, raggiungendo quindi nel prossimo anno i 35 anni di contributi. In questi casi, infatti, sarà possibile lasciare il lavoro a 64 anni, senza attendere i 66: un sconto di due anni.
 

Perché il lavoro si allunga e la pensione no?

«Credevo di essere uno degli ultimi fortunati che poteva ancora contare sul sistema di calcolo della pensione interamente retributivo. Ho cumulato 34 anni di contributi e pensavo di lasciare a 40 anni, ma ora dovrò andare avanti per ulteriori due anni. In compenso con il passaggio al contributivo dovrei alla fine avere un assegno più consistente, raggiungendo alla fine oltre 40 anni di versamenti». Le cose, purtroppo per il nostro lettore, non stanno così. Il testo del provvedimento che introduce le nuove regole sulla previdenza, dice esplicitamente che in ogni caso l'importo complessivo della pensione alla data di liquidazione, non può comunque risultare superiore a quello derivante dall'applicazione delle regole di calcolo vigenti prima dell'entrata in vigore della modifica. Nessun corrispettivo dunque per la contribuzione versata dopo i 40 anni.
 

Ho una pensione di 1.400 euro netti, ci sarà l'indicizzazione?

Sì. Tra le correzioni apportate al testo originario del provvedimento ve n'è una che ha innalzato l'asticella da 936 a 1.402 euro (da due a tre volte il trattamento minimo). La lettrice quindi è salva: la sua pensione l'anno prossimo beneficerà di un aumento di 29 euro. Oltre la soglia di 1.402 scatta invece il congelamento. In proposito, occorre aggiungere che l'innalzamento della soglia da 936 a 1.402 euro, opererà solo per il 2012 e il 2013.
 

Una donna nata nel 1961 quando potrà andare in pensione?

È difficile dirlo. Tutto dipende ormai dalle cosiddette speranze di vita. La lenta equiparazione dell'età pensionabile delle donne con i 65 anni degli uomini e poi con i 67 anni per tutti è stata, infatti, accelerata, e in maniera piuttosto brusca. Dal 1° gennaio 2012, infatti, l'età delle donne sale a 62 anni, e sarà ulteriormente elevata a partire dal 2013, sulla base dei dati sull'andamento della longevità (62 e 3 mesi, dato già accertato). Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 2 anni e 6 mesi (l'età sale a da 60 a 62 anni e mezzo). Pertanto, la signora, classe 1961, che sino all'anno scorso cullava l'idea di lasciare il posto di lavoro nel 2021 (a 60 anni) per riscuotere la pensione dopo 3 mesi (la vecchia finestra), ora, sommando l'incremento del requisito anagrafico e l'adeguamento alle aspettative di vita, dovrà aspettare come minimo di spegnere 67 candeline.
 

Per gli artigiani aumentano pure i contributi da versare all'Inps?

È proprio così. Per compensare i minori risparmi dovuti alla rivista deindicizzazione delle pensioni più modeste, il governo ha scelto di rendere più drastico l'aumento dei contributi previdenziali per artigiani e commercianti. L'aliquota, infatti, passerà gradualmente dal 20 al 24% (invece che al 22%), con uno scatto dell'1,3% nel 2012 e successivi scalini di 0,45% l'anno. In sostanza, i nostri artigiani che nel 2011 avevano versato un contributo minimo di 2.930 euro, l'anno prossimo, a parità di incassi, dovranno sborsare come minimo 3.195 euro.
 

Una donna del 1952 quanto deve aspettare per prendere la pensione?

Dopo le correzioni apportate in Parlamento, le donne potranno andare in pensione a 64 anni, se entro il 2012 raggiungono i 60 anni di età e un'anzianità contributiva di almeno 20 anni. Le ultime correzioni, definite «eccezionali» dal testo di legge, nascono per attenuare gli effetti del cambio di regole su coloro che nel vecchio sistema sarebbero stati alla vigilia del pensionamento, come gli appartenenti alla classe 1952. Nel caso delle lavoratrici, che nel 2012 avrebbero raggiunto i 60 anni previsti fino a ieri per la vecchiaia e nel 2013 sarebbero andate in pensione all'apertura della finestra «mobile», l'impatto è però modesto. Il nuovo canale permette il pensionamento a 64 anni, nel 2016, ma per le nate nella prima metà dell'anno non cambia nulla: l'innalzamento dell'età di vecchiaia previsto dal decreto porta il parametro a 63 anni e 6 mesi nel 2015, e dunque le donne nate fino a giugno del 1952 possono sfruttare questo canale, con un «ritardo» di due anni rispetto alla vecchia uscita messa in calendario per il 2013.