Pensione di vecchiaia e anticipata, le novità della riforma Monti e
gli esempi pratici per capirle
Cancellata la pensione di anzianità e le
finestre: si passa a “vecchiaia” e “anticipata”. Ecco tutte le
regole per capire quando si potrà andare in pensione
di Matteo Torti da
Cronaca Milano, 16.12.2011
Il ministro del Lavoro,
Elsa Fornero, ha modificato radicalmente il sistema previdenziale
italiano. Gli aspetti sui quali ci si è focalizzati maggiormente
sono la conversione immediata al sistema di calcolo contributivo per
tutti, l’aumento più rapido dell’età di pensionamento delle donne
del settore privato ed il superamento delle pensioni di anzianità.
IL DECRETO LEGGE 201 DEL 2011 – Equità e crescita:
erano sicuramente questi i due termini maggiormente utilizzati dal
Presidente del Consiglio, Mario Monti, durante i suoi primi giorni
da premier.
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Nel Dl 201 del
2011, il decreto ribattezzato “Salva-Italia”, c’è meno spazio
per l’equità e più per i sacrifici.
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Ed è proprio tale
termine che ha attirato l’attenzione durante la presentazione al
pubblico del Decreto quando, la titolare del ministero del
Lavoro, Elsa Fornero, parlando della riforma previdenziale si è
commossa specificando che la sezione “pensioni” è stata quella
più dura da definire.
IL PIANETA PREVIDENZA – Dal primo gennaio
2012 il sistema pensionistico italiano si fonderà su due tipologie
principali di pensioni: la pensione di vecchiaia e la pensione
anticipata; fatti salvi, ovviamente, le varie forme come gli assegni
di invalidità, le pensioni di inabilità e le pensioni ai superstiti.
LA NUOVA PENSIONE DI VECCHIAIA – Si tratta
della pensione che si ottiene con il raggiungimento della soglia
d’età e con, almeno, 20 anni di contributi.
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Nel 2012 gli
uomini, sia autonomi che dipendenti, dovranno avere 66 anni di
età; concretamente non v’è alcun aumento rispetto i 65 anni di
oggi, dal momento che prima vigeva il meccanismo della
“finestra” che costringeva ad attendere l’anno successivo. Anzi,
vi è beneficio per gli autonomi che avevano una finestra di 18
mesi e che, con i 66 anni di età, si risparmiano 6 mesi di
lavoro.
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Per quanto riguarda
le donne del settore pubblico, anch’esse dovranno aver raggiunto
i 66 anni.
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Diverso il discorso
per le lavoratrici del settore privato: le dipendenti andranno
in pensione a 62 anni, mentre le autonome dovranno aggiungere a
quell’età altri 6 mesi. La soglia per le lavoratrici del settore
privato salirà a 66 anni nel 2018, ai quali dovranno essere poi
aggiunti gli incrementi per l’aumento della speranza di vita.
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Discorso
particolare meritano invece tutti coloro che hanno iniziato la
propria attività lavorativa a partire dal 1° gennaio del 1996 e
che già godevano del sistema di calcolo completamente
contributivo: fatte salve le regole della pensione di vecchiaia
sopraesposte, dovranno anche far valere almeno 20 anni di
contributi. Altrimenti dovranno attendere i 70 anni ed
un’anzianità retributiva di almeno 5 anni.
GLI ADEGUAMENTI – Nonostante l’obiettivo sia
quello di uniformare i requisiti di età per la pensione di vecchiaia
(obiettivo che sarà raggiunto nel 2018 quando l’età necessaria sarà
di 66 anni e 7 mesi), ciò che continuerà a modificarsi saranno
proprio i requisiti d’accesso a tutte le tipologie di pensioni, che
si adegueranno in base agli incrementi della speranza di vita.
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Il primo
adeguamento arriverà nel 2013 e sarà pari a 3 mesi; mentre dal
2021 viene stabilito che l’età per la pensione di vecchiaia
dovrà essere, almeno, pari a 67 anni.
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Dopo i primi due
adeguamenti triennali, 2013 e 2016, a partire dal 2019
l’adeguamento alla speranza di vita sarà biennale.
LAVORARE FINO A 70 ANNI – Ma c’è un’altra
importante novità: i lavoratori potranno scegliere, ed in questo
caso avranno diritto al mantenimento del posto di lavoro, se
svolgere la propria attività lavorativa fino al compimento dei 70
anni.
LA PENSIONE ANTICIPATA – Con la “nuova”
pensione di vecchiaia che rappresenta sicuramente l’aspetto
preponderamente, le vie d’uscita alternative sembrano essere davvero
poche, fatta eccezione per la pensione anticipata.
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Dal 2012, per
ottenere questo trattamento sarà sufficiente avere un’anzianità
contributiva pari a 42 anni ed 1 mese per quanto riguarda gli
uomini; per il sesso femminile, invece, il requisito sarà di 41
anni e 1 mese. Il requisito, per le donne, crescerà di un mese
all’anno per il 2013 ed il 2014.
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Ma se la pensione è
calcolata, anche parzialmente, con il metodo retributivo, sono
però previste penalizzazioni per chi lascia prima dei 62 anni;
infatti, la quota di pensione retributiva determinata fino alle
anzianità contributive precedenti al 1° gennaio 2012, prevederà
una riduzione dell’1% (anche se sembra che si stia andando verso
l’annullamento delle penalizzazioni) per ogni anno di anticipo
rispetto la soglia dei 62 anni.
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C’è poi la
possibilità per i lavoratori attivi dal 1° gennaio 1996 di
conseguire la pensione anticipata all’età di 63 anni, a
condizione che siano stati versati almeno 20 anni di contributi
effettivi.
E LA “QUOTA 96”? NON C’E’ PIU’
– La famosa “quota 96” (esempio 61 anni di età e 35 di contributi),
nel corso del 2012, non varrà più: chi raggiungerà questa quota nel
prossimo anno, rientrerà nella particolare categoria restrittiva
prevista dall’articolo 24 del Dl del 6 dicembre 2011.
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Costoro non
potranno più accedere al pensionamento di anzianità che, con la
manovra Monti, scompare.
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In questa
situazione, quindi, non resterà che attendere la pensione di
vecchiaia al compimento dei 66 anni di età, più gli adeguamenti
legati alla speranza di vita che scatteranno dal 2013.
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Facciamo un esempio concreto di questo nuovo meccanismo:
prendiamo un lavoratore di 60 anni che, nel 2012, raggiungerà i
36 anni contributivi. Con le regole vigenti fino al 31 dicembre
2011 sarebbe andato in pensione, a causa delle finestre, nel
marzo del 2013. Con la riforma Monti invece dovrà aspettare
sette anni, ossia quando avrà compiuto i 66 anni e 7 mesi utili
per andare in pensione con la “vecchiaia” e/o i 42 anni e 10
mesi di anzianità contributiva.
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I lavoratori con
un’anzianitá contributiva di almeno 35 anni al 31 dicembre 2012,
potranno andare in pensione anticipata a 64 anni. Mentre le
donne potranno andare in pensione di vecchiaia a 64 anni se al
31 dicembre 2012 avranno almeno 20 anni di contributi e 60 anni
d’età.
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Un contentino per
questo lavoratore: avrà una pensione un po’ più consistente.
LAUREA E SERVIZIO MILITARE: IL RISCATTO
– Durante la scorsa estate il Governo Berlusconi aveva
pensato ad una norma destinata a rendere non utili gli accrediti
figurativi per il servizio militare e gli anni riscattati di laurea.
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Nel decreto legge
firmato Monti non vi è alcun riferimento a questo punto;
pertanto questi accrediti non subiscono cambiamenti nell’ambito
della manovra.
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Traducendo: la
contribuzione figurativa per servizio militare e per gli anni
riscattati per il corso legale di laurea saranno considerati
utili, ancora, sia ai fini della maturazione del diritto alla
pensione, sia per la determinazione della misura dell’importo
dello stesso.
RIVALUTAZIONE PENSIONI INPS – Aspetto molto
importante per tutti coloro che alla pensione ci sono già arrivati,
è la rivalutazione annuale in base al tasso di inflazione registrato
nell’anno precedente.
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Tale operazione,
altresi chiamata “perequazione automtaica”, è oggetto di
discussioni accese in questi giorni.
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Per il 2012 e 2013,
in base al decreto 201/11 (il Salva-Italia), le rivalutazioni
saranno totali per le pensioni il cui importo non supera le tre
volte il minimo Inps 2011: 18.229,77 euro lordi all’anno, ossia
1.402,29 euro mensili.
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Non è invece
concessa alcuna rivalutazione al di sopra di questa soglia.