Istruzione italiana nel contesto Ue,
ci salva la scuola d’infanzia

di A.G. La Tecnica della Scuola, 25.4.2011

Nel nostro Paese la frequenza scolastica dei bimbi tra i quattro ed i sei anni è garantita per il 98,8%. Ma per il resto siamo in sensibile ritardo. Ad iniziare dal numero di abbandoni (quasi il 20% contro le indicazioni europee del 10%) e di diplomati, che sono addirittura in calo. Male anche la formazione degli adulti.

Il nostro sistema scolastico continua a funzionare molto bene per quel che riguarda la crescita e formazione iniziale. Poi, già alle medie, comincia a perdere colpi. Sino a figurare, alle superiori, tra i peggiori dell’area Ue. A confermarlo è stato un recente rapporto presentato dalla Commissione europea sui sistemi scolastici: prima di tutto va rilevato che malgrado l’obiettivo Ue sia quello di raggiungere nel 2020 almeno l’85% di giovani tra i 20 e i 24 anni con il possesso del diploma di istruzione superiore, l’Italia nel 2009 ha fatto registrare un calo (seppure lieve), da 76,5% di diplomati al 76,3%.

Ancora peggio la tendenza sugli abbandoni, visto che l’auspicio del 10% rimane un miraggio: se è vero che nel 2000 nel nostro Paese lasciavano la scuola prematuramente il 25,2% dei giovani, è altrettanto vero che la discesa all’attuale 19,2% rimane non ancora soddisfacente. Anche perché peggio di noi fanno solo Portogallo e Spagna (31,2%), con Malta (36,8%) fanalino di coda. Per cambiare in meglio dovremmo prendere esempio dalle politiche anti-abbandoni adottate in Slovacchia (4,9%), Polonia (5,3%) e Repubblica Ceca (5,4%).

Decisamente modesto anche il risultato raggiunto nella Penisola in fatto di formazione permanente: se nell’Unione la percentuale media è del 9,3%, in Italia siamo fermi al 6%. Ma l’unico comparto formativo dove siamo imbattibili è probabilmente quello della scuola d’infanzia, che riguarda i bambini tra i quattro ed i sei anni: in Italia viene frequentato dal 98,8%, contro la media Ue del 92,3% e l’obiettivo 2020 pari a 95%.