Un laboratorio contro i luoghi comuni

di Arturo Ghinelli ScuolaOggi, 15.4.2011

Facendo finta che la Commissione d’indagine sui libri di testo proposta dalla Carlucci sia una cosa seria e non una provocazione politica che fa il paio con quella proposta da altri della maggioranza, che non sia più punibile “la ricostituzione del partito fascista”,cercherò di rispondere seriamente come insegnante.

Anche da questo punto di vista è un’ulteriore riprova che l’idea degli insegnanti che inculcano valori non è patrimonio esclusivo del Presidente del Consiglio,così come un giudizio complessivamente negativo sugli insegnanti di scuola pubblica.

Gli insegnanti di storia che studiano e si aggiornano a Modena, seguendo i corsi dei professori universitari Antonio Brusa e Ivo Mattozzi, sono molti e da anni cercano di applicare in classe la metodologia del “Laboratorio di storia”, secondo la quale i ragazzi non si limitano a studiare da pagina tale a pagina tal altra del libro, ma, come per tutte le materie scientifiche hanno la possibilità di sperimentare in prima persona il lavoro dello storico. Come? L’insegnante fornisce loro dei documenti originali dell’epoca a cui i ragazzi “pongono delle domande” e ottengono delle informazioni, fanno delle ipotesi,approfondiscono le parti oscure, esattamente come gli studiosi di storia. Per dimostrare quello che hanno capito poi vengono invitati a scrivere un proprio testo “storico” frutto della rielaborazione collettiva e personale.

Spero che si capisca come si tratti di un approccio complesso ad una materia che è complessa. Ma si può seguire questo metodo anche coi bambini delle elementari?

Certo e anche sugli avvenimenti della seconda guerra mondiale. Esistono degli itinerari “I luoghi della memoria” offerti dal Comune alle classi, in base ai quali i ragazzi vengono accompagnati in centro a vedere coi propri occhi le strade del ghetto ebraico o il campanile della chiesa che non c’è più, perché è stata bombardata il 13 maggio 1944. Successivamente le classi,se vogliono,possono proseguire l’attività in aula con un laboratorio di storia che prende in esame,ad esempio,l’articolo della Gazzetta dell’Emilia il giorno seguente quel disastroso bombardamento su Modena.

A questo punto del lavoro io chiedo sempre ai ragazzi: ”Chi bombardò Modena?” E adesso con questa metodologia mi sento rispondere: ”Gli anglo-americani”, mentre negli anni in cui non facevamo il laboratorio la risposta spontanea era “Sono stati i tedeschi”perché è luogo comune che “i cattivi”in questa storia sono i tedeschi. Solo così i ragazzi capiscono le virgolette che il giornalista della Gazzetta usa per indicare “i liberatori”che bombardarono la nostra città. Vi sembra che questo sia indottrinamento? Dirò di più, se i ragazzi vengono abituati ad avere sempre questo atteggiamento di ricercatori della conoscenza, pieni di dubbi, ben difficilmente saranno indottrinati anche da grandi. Ma forse è proprio questa prospettiva che dà fastidio a qualcuno. Non certo agli insegnanti di scuola pubblica che in questo modo raggiungono due obiettivi: educano ed istruiscono nello stesso tempo.

Buon lavoro,insegnanti.


PS. Si comincia col bruciare i libri e si finisce a lasciare annegare donne e bambini.