Competenze studenti italiani, di A.G. La Tecnica della Scuola, 26.4.2011 Ci si muove troppo lentamente verso il “tetto” del 15 per cento posto dall’Ue: a livello linguistico il 21% dei nostri 15enni ancora non raggiunge lo standard minimo; in matematica insufficienti il 24,9%; nelle scienze il 20,3 per cento. In ritardo anche per altro. Le indicazioni dell’Unione europea sul fronte dell’istruzione non sembrano trovare accoglimento nel nostro Paese: secondo l’ultimo rapporto della Commissione europea sui sistemi scolastici, presentato prima di Pasqua, l’Italia rimane lontana dagli obiettivi di Lisbona 2020 sia sul fronte delle competenze acquisite sia su quello degli abbandoni. Per quel che riguarda il livello di abilità e competenze acquisite nelle tre materie-base, considerate tali dall’Unione europea, da una lettura approfondita dell’ultima fotografia, rilevata nell’anno 2009, il risultato prodotto dal nostro sistema d’istruzione rimane complessivamente deludente: malgrado i miglioramenti, rilevati anche dall’ultima indagine Ocse-Pisa, datata dicembre 2010, a livello linguistico il 21 per cento dei nostri 15enni ancora non raggiunge lo standard minimo (contro il “tetto” del 15 per cento che l’Ue ha indicato di raggiungere entro il 2020 e l’attuale media Ue fissata al 20 per cento). Sempre a livello linguistico, è solo in apparenza confortante il dato che nell’ultima rilevazione della Commissione europea i nostri giovani che non raggiungevano le competenze minime erano il 26,4 per cento: undici anni fa a rientrare in questa casistica erano, infatti, appena il 18,9 per cento. Ancora più deludente la situazione riguardante l’acquisizione della matematica, la cosiddetta ‘bestia nera’ dei nostri studenti: a fronte sempre dell’obiettivo fissato dall’Ue, sempre del 15 per cento, nel 2009 i 15enni con competenze minime si collocavano al 24,9 per cento (con la media europea del 22,2 per cento). In questo ambito è comunque confortante il dato relativo alla rilevazione del 2006, quando a non raggiungere lo standard minimo era addirittura il 32,8 per cento dei nostri giovani iscritti al primo anno di scuola superiore. I nostri giovani rimangono distanti dal resto d’Europa anche per quanto riguarda l’acquisizione dei contenuti relativi alle scienze: sempre nel 2009 non raggiungevano il minimo richiesto il 20,3 per cento, contro una media Ue pari al 17,7 per cento. Anche in questo caso, ci consola non poco il fatto che cinque anni prima i 15enni italiani che non raggiungevano lo standard più basso erano il 25,3 per cento. Anche per quel che riguarda il tasso di abbandoni c’è ancora molto da fare. L’auspicio del 10 per cento, posto dall’Unione europea, rimane un miraggio: se è vero che nel 2000 nel nostro Paese lasciavano la scuola prematuramente il 25,2 per cento dei giovani, è altrettanto vero che la discesa all’attuale 19,2 per cento (pari ad oltre 800.000 ragazzi) rimane non ancora soddisfacente. In media, infatti, nel vecchio Continente lasciano la scuola senza aver acquisito il diploma di scuola secondaria superiore solo il 14,4 per cento dei giovani tra i 18 ed i 24 anni. L’obiettivo Ue del 10 per cento, da centrare sempre entro il 2020, rimane davvero lontano. Il dato relativo agli abbandoni è confermato da quello riguardante i giovani tra i 20 e i 24 anni in possesso del diploma di istruzione superiore. Malgrado l’obiettivo Ue sia quello di raggiungere nel 2020 almeno l’85 per cento di diplomati, l’Italia nel 2009 ha fatto registrare un preoccupante calo: rispetto al 2008, dal 76,5 per cento di diplomati siamo passati al 76,3 per cento. Nel resto d’Europa non è che si proceda molto meglio, ma almeno non si torna indietro: la media di diplomati nell’Ue è, infatti, del 78,6 per cento, a fronte del 78,5 per cento dell’anno precedente. A conferma della difficoltà di una parte tutt’altro che marginale dei nostri giovani a concludere gli studi, è bene anche ricordare che la percentuale di laureati italiani rimane molto al di sotto della media internazionale: i nostri giovani, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, che si fregiano del titolo di “dottore” sono, infatti, il 19 per cento, mentre la media degli altri Paesi europei si avvicina al 30 per cento. |