GERMANIA: la GEW contro il diabolico
matrimonio della Scuola con l’Economia

di Piero Morpurgo, dalla Gilda degli insegnanti di Vicenza, 14.4.2011

Esistono significative corrispondenze tra le criticità della scuola in Germania e gli scenari non lontani dell’Italia. Il sistema scolastico tedesco si diffuse sotto la spinta educativa di Martin Lutero che, nel Cinquecento, volle che tutti fossero in grado di leggere le Sacre Scritture; poi, dal1871, con la fondazione del Reich le scuole ebbero un’organizzazione centralizzata dallo Stato. Tuttavia oggi l’istruzione è controllata dai Länder[1] che, dal 2005, hanno avuto ancora più autonomia nell’organizzazione delle attività educative e della ricerca scientifica i cui standard sono controllati dall’Institut zur Qualitätsentwicklung im Bildungswesen[2] nonché dal Ministero che pubblica i dati[3].

La struttura federale del sistema scolastico è stata estesa, dal 1990, anche alla ex DDR che aveva un organizzazione fortemente ideoligizzata.

Di rilievo sono i poteri assegnati al Collegio Docenti che ha la possibilità di indicare alle autorità amministrative il nome del dirigente scolastico[4]. La Schulkonferenz è aperta ai rappresentanti di studenti e genitori e quest’ultimi hanno il diritto, costituzionalmente garantito, a interessarsi dell’istruzione dei figli (Grundgesetz artt. 6 e 7[5]) e, con l’eccezione delle scuole professionali, non esistono altri rappresentanti delle imprese o della società che abbiano titolo ad indirizzare la politica scolastica.

La Gewerkschaft Erziehung und Wissenschaft (l’Unione Tedesca per l’Educazione), sindacato indipendente della scuola con 250.000 membri di cui il 70% sono donne, [6] è fortemente critica contro un sistema che obbliga gli studenti e i genitori a scegliere già all’età di 10-12 anni il proprio percorso formativo (l’UNESCO e l’OCSE non condividono questa impostazione della Germania). In Germania c’è un impegno di spesa per studente addirittura inferiore alla media OCSE e la GEW denuncia che in queste condizioni: a) oltre quattro milioni di cittadini sono semialfabeti; b) gli stipendi degli insegnanti sono troppo bassi; c) le tasse universitarie sono troppo alte; d) i figli dei lavoratori costretti a spostarsi da una regione all’altre sono discriminati; e) il tempo pieno è estremamente limitato.

Preoccupa la GEW la forte diversità dei sistemi regionali che si distinguono per: risorse investite, accessibilità dei percorsi formativi, numero di lezioni, opportunità per gli insegnanti, disponibilità del tempo pieno che può andare dal 4% al 30%. Inoltre la distribuzione degli allievi nelle scuole, organizzata in base al loro rendimento, rappresenta una fonte di discriminazione sociale che aggrava la situazione dei ragazzi in difficoltà. Tutto ciò comporta un numero estremamente ridotto di iscrizioni all’università da parte di chi appartiene a gruppi socialmente deboli.

Difficoltà ci sono anche per l’organizzazione del sostegno ai giovani disabili che vengono prevalentemente indirizzati in scuole ‘speciali’ sicché negli istituti normali l’aiuto per chi è svantaggiato è estremamente ridotto (nel Niedersachsen è del 4,7%).

Tutte queste criticità, per la GEW, si andranno aggravando qualora prendesse corpo l’idea di far entrare le imprese private nella gestione delle scuole; per questo la GEW sollecita tutte le organizzazioni sindacali a contrastare quella che definisce “la coppia diabolica” rappresentata dal matrimonio tra scuola ed economia. La GEW è costantemente impegnata nella difesa dei Diritti dell’Uomo ed è tra i fondatori dell’ETUCE[7] (la confederazione europea dei sindacati della scuola) e la GEW è per una politica dell’inclusione e dell’integrazione sintetizzata dal motto: “una scuola per tutti”[8] perché una scuola di qualità può compensare le discriminazioni sociali e tutto ciò si ottiene garantendo eccellenti condizioni di lavoro per gli insegnanti giacché Bildung ist MehrWert questo lo slogan con cui la GEW è scesa più volte in piazza e che può essere tradotto sia con “la cultura è un valore aggiunto” sia con “l’istruzione merita più investimenti”.

                                                                  Piero Morpurgo

                                                                  www.gildavi.it