Istruzione, in tre anni
tagli per 8 miliardi

 Claudio Tucci Il Sole 24 Ore, 17.4.2011

ROMA
Un taglio in tre anni di 81.120 cattedre e 44.500 Ata (il personale non docente). È la sforbiciata complessiva di 125.620 posti dal 2009 al 2011 che farà risparmiare all'Erario poco più di otto miliardi di euro. Otto miliardi e 13 milioni, per la precisione, stima il Tesoro nel «Def 2011», il Documento di economia e finanza, licenziato qualche giorno fa dal consiglio dei ministri. Parte di queste risorse, il 30%, serviranno a recuperare gli scatti stipendiali bloccati a luglio scorso da Giulio Tremonti. Ma a decorrere dal 2012, le economie di spesa derivanti da queste riduzioni, sempre secondo via XX Settembre, ammonterebbero a 4 miliardi e 561 milioni di euro.

Frutto di un cura dimagrante triennale e "in grande stile" per il ministero guidato da Mariastella Gelmini, prevista dalla manovra estiva 2008 e che giungerà a completamento con la pubblicazione della terza e ultima tranche di tagli relativi al personale Ata: -14.166 posti. Al 1° settembre 2011 saranno cancellate anche 19.699 cattedre. I primi due anni di tagli (già tutti effettuati) sono stati messi in discussione venerdì scorso da una sentenza del Tar Lazio (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) che ha annullato i due decreti che hanno disposto le riduzioni. Ma solo per un "vizio procedurale" (i due provvedimenti non hanno acquisito il parere del Parlamento) e senza entrare nel merito della legittimità dei tagli. Il che rende difficile tornare indietro e il ministero dell'Istruzione è già pronto per l'appello.

La parte più consistente dei tagli 2011-2012 ai docenti si avrà nella scuola primaria, con meno 9.252 posti. A seguire: le superiori perderanno 8.984; le medie, con meno 1.323; la scuola dell'infanzia avrà 140 posti in meno. Gli obiettivi saranno raggiunti con la riduzione del tempo scuola (il prossimo 1° settembre la riforma delle superiori sarà estesa ad altre classi) e, alle elementari, con il taglio dei posti di specialista di lingua inglese. Negli anni passati, si è fatto leva anche sull'introduzione alla primaria del maestro prevalente. In controdendenza il sostegno che guadagnerà 27.121 posti, raggiungendo quota 90.469.

A livello regionale (e considerando l'intero triennio), la sforbiciata maggiore di prof l'ha subita la Campania, con meno 11.612 posti. Dietro: Sicilia, con meno 10.503, Lombardia, con meno 9.317, Lazio, con meno 6.613, Veneto, con meno 5.124, Calabria, con meno 4.874 posti.

Note dolenti anche sul fronte Ata: l'anno scolastico 2011-2012 vedrà ancora in piedi 207.123 posti (il 6,3% in meno rispetto al 2010-2011). Ci saranno 10.758 collobarotori scolastici in meno, 2.805 assistenti amministrativi, 456 assistenti tecnici e 147 Dsga, i Direttori dei servizi generali e amministrativi. A livello territoriale le riduzioni maggiori saranno in Campania, con meno 1.782 posti, in Lombardia, meno 1.754, in Sicilia, meno 1.585, nel Lazio, meno 1.238. In tre anni viale Trastevere ha eliminato ben 44.500 posti Ata. Cosa significa per le scuole? «Che si mette a rischio la qualità e la funzionalità degli istituti, la sicurezza degli studenti nei laboratori, la vigilanza e l'assistenza agli alunni disabili», ha sintetizzato il numero uno della Flc-Cgil, Domenico Pantaleo. «La scuola non può più sopportare tagli lineari e predeterminati», ha rincarato la dose il numero uno della Uil Scuola, Massimo Di Menna: per i prossimi anni serve «un organico funzionale e pluriennale e soprattutto che tenga conto delle reali esigenze degli istituti». D'accordo il leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima, che sottolinea in più come ora diventi «urgentissimo» assumere a tempo indeterminato «su tutti i posti vacanti e disponibili». Per il prossimo anno, al netto di tagli e pensionamenti, ci saranno 30.371 posti di docenti disponibili per le nomine in ruolo e 35.049 posti Ata.

Una buona notizia infine sul fronte finanziamenti alle scuole: nel 2011 sono stati incrementati di 685 milioni. Ci sono quindi i soldi per il funzionamento e per le supplenze, scrive viale Trastevere e pertanto, conclude: «non c'è alcun bisogno di chiedere contributi alle famiglie».