Botta e risposta tra il Pd
e il ministro sull'università

 da Tuttoscuola, 14.4.2011

Delegificare, semplificare, valutare e premiare. Sono le parole d'ordine degli interventi che il Pd intende fare sulla riforma dell'università, "una riforma macchinosa, difficile da attuare e senza una struttura di base perché possa entrare in vigore", osserva Marco Meloni, responsabile nazionale università e ricerca del Pd.

"Guardando all'oggi - spiega Meloni – vogliamo intervenire sulla legge con piccole norme che la semplifichino e ne migliorino gli aspetti più negativi". Ieri é stata depositata una proposta di legge per l'"immediata applicabilità delle norme in materia di contratti a tempo e dottorato di ricerca", firmata dai deputati Manuela Ghizzoni, Luigi Nicolais, Walter, Giovanni Bachelet, Eugenio Mazzarella.

I sei commi della proposta prevedono l'immediata attuazione delle procedure di selezione, effettuate da una commissione di tre membri nominati dal consiglio del dipartimento; il compimento di tutte le procedure concorsuali bandite precedentemente all'entrata in vigore della legge, la chiamata presso altri atenei che abbiano disponibilità dei ricercatori vincitori di concorso che non possono essere assunti dall'ateneo di appartenenza per problemi finanziari, il rinnovo degli assegni di ricerca banditi precedentemente all'entrata in vigore della legge. In una prospettiva futura, aggiunge Meloni, "vogliamo ridurre la spesa pubblica e riorientare quanto risparmiato negli investimenti su università e ricerca. Non intendiamo realizzare una nuova riforma infinita ma semplificare quella attuale. Vogliamo fare dell'università il luogo della mobilità sociale e territoriale per gli studenti. Quello che critichiamo dell'operato del governo é il mancato investimento non solo in denaro ma in termini di qualificazionedelle risorse umane, di ricerca e sviluppo".

"Il governo - commenta Maria Chiara Carrozza, presidente del Forum nazionale università - impiegherà ancora molti mesi ad adottare le decine di atti normativi necessari per attuare la legge e i primi tentativi ne rivelano tutta l'inadeguatezza. Il sistema universitario rischia di subire un nuovo attacco sul fronte delle risorse. A pagare - aggiunge - saranno i meno fortunati ma è tutto il sistema che rischia di affondare e le pochissime isole felici non ci salveranno".

Per il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, le proposte del Pd sono vecchi e e giungono fuori tempo massimo: "Con la proposta di legge sull'università presentata ieri, il Pd scende dai tetti ed è costretto ad ammettere il fallimento del tentativo di radicalizzare lo scontro politico su un tema cosi' importante come la riforma dell'università”. Lo ha dichiarato, in una nota.

"Il Pd cerca adesso la rivincita - aggiunge la Gelmini - provando a riaprire un percorso parlamentare concluso appena pochi mesi fa. La sinistra dimostra ancora una volta di essere esperta ad aprire tavoli, a perdere tempo e non concludere mai nulla. L'ultima cosa di cui il sistema universitario ha bisogno infatti è riaprire il cantiere normativo mentre gli atenei e il Ministero stanno lavorando per attuare la riforma e tutte le componenti del mondo universitario sono impegnate sui provvedimenti attuativi e sugli statuti".

"Per quanto riguarda l'immediata attuazione delle procedure di selezione - spiega la Gelmini - non c'è bisogno di alcuna legge. Spetta infatti agli atenei varare un loro regolamento, cosa che possono fare in tempi rapidi. E' assurdo che coloro che ritengono la riforma troppo prescrittiva chiedano ora di legiferare anche su quello che era stato giustamente lasciato alla responsabilità degli atenei".

"Il compimento di tutte le procedure concorsuali bandite prima dell'entrata in vigore della legge - prosegue il ministro - è già garantito dalla stessa riforma dell'università. Ovviamente, tutte le procedure bandite prima del 29 gennaio 2011 saranno portate a termine con le vecchie regole. Al momento devono essere completati circa 250 concorsi da associato e ordinario e oltre 1.500 da ricercatore, circa 900 dei quali banditi nel 2011. Ci sono poi circa 2mila idonei che possono essere chiamati. Anche il rinnovo degli assegni di ricerca banditi prima dall'entrata in vigore della riforma è già possibile senza alcun intervento normativo, come ribadito in una circolare inviata a tutti gli atenei".

Sui tempi di attuazione del ddl, la Gelmini conferma "l'impegno a varare tutti i provvedimenti necessari entro sei mesi. Ricordo tuttavia che gli atti davvero fondamentali sono meno di una dozzina".