Il sostegno e le «manovre»... finanziarie
Com'è ben noto, ancor prima della cosiddetta
"Finanziaria bis" - presentata alla metà del mese di agosto dal
Governo - la Manovra Correttiva di luglio aveva portato con sé non
poche novità per le persone con disabilità, alcune delle quali di
dubbia costituzionalità. Nella seguente approfondita analisi,
vengono esaminate quelle riguardanti l'inclusione scolastica
di Francesco Marcellino*,
Superando
23.8.2011
Già lo scorso anno, da
queste stesse pagine, con il contributo Il sostegno nella
Manovra: tra luci e… «tramonti» [lo si legga cliccando
qui, N.d.R.], si era rilevato come vi fosse
ormai la certezza che «ogni anno le persone con disabilità sono
costrette a stare attente e a studiare le Leggi Finanziarie
o le "Manovre" del Governo».
Un percorso sostanzialmente iniziato con le Leggi Finanziarie del
2007 e 2008, che continua a ripetersi anche nel 2011, con la Legge
111/11, conversione del Decreto Legge
98/11, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria.
Con riguardo ai temi di tutela delle persone fragili, la
politica legislativa delle Istituzioni del nostro Paese è
sostanzialmente mutata negli ultimi anni. Se
infatti in passato si promulgavano interventi legislativi ad hoc e
specifici come la Legge
104/92 e la Legge
328/00 (con tutti gli annessi e consequenziali provvedimenti
nazionali e regionali in tema di integrazione socio-sanitaria), si
registra invece, da almeno cinque anni, una proliferazione
di interventi settoriali e normativi, che
trovano luce in atti legislativi aventi ad oggetto "manovre di
bilancio".
L'equilibrio e la stabilizzazione economico-finanziaria
rappresentano di certo un diritto-dovere che da tutti deve essere
rivendicato e tutelato, ma ciò si ritiene debba essere compiuto per
un verso razionalizzando il sistema e, per altro verso, nel rispetto
dei diritti fondamentali dei singoli.
La Legge 111/11, con
riguardo alle persone con disabilità, porta con sé non poche novità
e, lo si afferma subito, alcune di esse manifestano un
fumus di incostituzionalità. Limitiamoci in questa
analisi all'inclusione scolastica, ovvero a quel
tema nel quale recentemente la Corte Costituzionale (Sentenza
80/10) ha avuto modo di emettere un provvedimento con cui è
stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale di alcune
norme, ma in cui vi sono presenti anche chiari princìpi
che dovrebbe orientare il Legislatore e l'operatore del
diritto.
L'articolo 19, comma 11
della Legge 111/11, prevede testualmente che «l'organico dei posti
di sostegno è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e
414 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007,
n. 244, fermo restando che è possibile istituire posti in
deroga, allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela
dell'integrazione scolastica.
L'organico di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a
reti di scuole allo scopo costituite, tenendo conto della previsione
del numero di tali alunni in ragione della media di un docente ogni
due alunni disabili; la scuola provvede ad assicurare la necessaria
azione didattica e di integrazione per i singoli alunni disabili,
usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei docenti di classe.
A tale fine, nell'ambito delle risorse assegnate per la formazione
del personale docente, viene data priorità agli interventi di
formazione di tutto il personale docente sulle modalità di
integrazione degli alunni disabili.
Le commissioni mediche di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio
1992, n. 104, nei casi di valutazione della diagnosi funzionale
costitutiva del diritto all'assegnazione del docente di sostegno
all'alunno disabile, sono integrate obbligatoriamente con un
rappresentante dell'INPS, che partecipa a titolo gratuito».
Analizziamolo analiticamente. Il primo comma
sostanzialmente conferma quanto già disciplinato dal Legislatore con
precedenti Leggi Finanziarie, ovvero quanto statuito sia con i
«commi 413 e 414 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n.
244», sia con la Legge
296/06 (articolo 1, comma 605, lettera b), quest'ultima non
richiamata, ma certamente norma "ispiratrice" e propedeutica
all'articolo 2 della citata Legge 244/07.
Il Legislatore si premura poi di affermare che il tetto
massimo di posti di sostegno è ampliabile attraverso la
possibilità di «istituire posti in deroga, allorché si
renda necessario per assicurare la piena tutela dell'integrazione
scolastica». Insomma, fin qui, un chiaro rispetto della
normativa vigente e della Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale.
Ma razionalizzare il sistema – e tutelare l'equilibrio e la
stabilizzazione economico-finanziaria – significa compiere
una "corretta" applicazione delle norme, ad esempio ponendo
in essere, prima di disporre l'assunzione di insegnanti di sostegno
in deroga, la verifica che (come dice la Corte Costituzionale) siano
stati «esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa
vigente» (per un approfondimento tecnico-scientifico sul tema, si
permetta il rinvio a Francesco Marcellino, L'integrazione
scolastica delle persone con disabilità, in Il trattato dei
Nuovi Danni, diretto da Paolo Cendon, Edizioni CEDAM, 2011,
volume sesto, pp. 277 e ss.).
Sempre il primo comma porta con sé un'altra conferma
(mesi fa esposta nel trattato scientifico sopra
richiamato): «Di certo, quindi, bisogna ritenere defunto (come
vincolo normativo) il principio di un insegnante di sostegno ogni
due alunni con disabilità. E, ovviamente, a maggior ragione
facilitazioni mentali (e previgenti norme giuridiche) che
prevedevano rapporti quali 1 su 138 alunni oppure 1 su 4 alunni con
disabilità. Oggi, quindi, il principio guida è
esclusivamente quello delle "effettive esigenze rilevate".
Ma ciò deve correttamente condurre ad una personalizzazione delle
esigenze dell’alunno e conseguente diritto all'assegnazione e non
già ad una smisurata fornitura di organici" (così, op. cit., p.
287).
Le sorprese,
invece, sono manifestate nelle parti successive alla norma in
commento, ove si afferma che «l'organico di sostegno è assegnato
complessivamente alla scuola o a reti di scuole allo scopo
costituite, tenendo conto della previsione del numero di tali alunni
in ragione della media di un docente ogni due alunni disabili».
Ebbene, su questa disposizione normativa vi sono diverse
perplessità.
Innanzitutto, occorre premettere che l'assegnazione di un insegnante
specializzato per il sostegno è frutto di un "procedimento
amministrativo" disciplinato dalla legge e determinato da una
sequela di atti amministrativi posti in essere da
una serie di organismi (Certificazione di Individuazione
dell'Alunno in Stato di Handicap; Diagnosi Funzionale;
Profilo Dinamico Funzionale; Piano Educativo
Individualizzato). Alla luce poi del contenuto della Sentenza
80/10 della Corte Costituzionale e in ossequio al principio secondo
cui il diritto all'istruzione è un diritto fondamentale
riconosciuto all'alunno dall'ordinamento internazionale e
nazionale (indipendentemente dalla connotazione di salute), il
procedimento amministrativo determina il riconoscimento del
"diritto soggettivo perfetto" dell'alunno con disabilità ad
usufruire dell'insegnante specializzato per il sostegno.
Insomma, se il principio normativo è quello delle «effettive
esigenze rilevate» dell'alunno con disabilità; e se le suddette
«effettive esigenze» vengono rilevate attraverso la documentazione
scolastica personale e personalizzata del singolo
alunno (ovvero redatta e certificante le difficoltà come le
potenzialità dell'alunno sottoposto al procedimento amministrativo
da parte dell'Azienda Sanitaria e del Gruppo di Lavorto Handicap
d'Istituto), non si comprende come «l'organico di sostegno» sia
«assegnato complessivamente alla scuola», anziché al singolo
alunno!
Perché è proprio da questa previsione normativa - prima di
adesso non così chiara, ma di fatto presente nella prassi
amministrativa - che insorgono molte delle criticità
sofferte dagli alunni, dai genitori e dalle stesse
dirigenze scolastiche, tutti accomunati da un'insufficienza di
risorse e da difficoltà nel trovare le soluzioni (salvo l'adire
l'autorità giudiziaria). Infatti, l'assegnazione da parte degli
Uffici Scolastici alla "scuola" anziché al singolo alunno con
disabilità non solo impedisce quel sistema di verifica di
razionalizzazione del settore e delle risorse spese, ma
pone le dirigenze scolastiche e i Gruppi di Lavoro Handicap
d'Istituto in quella "imbarazzante" condizione di dover
"ri-assegnare" le ore e le docenze di sostegno (loro attribuite
dagli Uffici Scolastici) tra gli alunni con disabilità iscritti,
determinando ciò, di fatto, una potenziale (se non reale)
lesione del diritto soggettivo di tutti gli alunni con
disabilità iscritti presso l'istituto scolastico.
Si badi bene: si condivide che il «docente specializzato per il
sostegno» sia un docente della classe, contitolare
e di «pari livello» ad ogni altro docente, ovvero nel senso che sia
parte integrante del Consiglio di Classe, delle scelte e dei
percorsi pedagogico-didattici della classe nel suo complesso ecc.,
ma un iter amministrativo il quale preveda che l'assegnazione dei
docenti di sostegno venga compiuta «complessivamente alla scuola o
reti di scuole», anziché al singolo alunno, appare lesiva di
quei principi di diritto e di ragionevolezza dello stesso
che sorreggono l'intera normativa in commento.
L'unica profonda verità - almeno si crede - è che, come si ha avuto
modo di esprimere nel citato testo (pp. 295-296), in tema di
inclusione scolastica di alunni con disabilità, «certe dinamiche
sono anche determinate dalle regole dell'amministrazione scolastica
e, in particolare, dell’organizzazione degli organici mediante
graduatorie. Le graduatorie hanno regole rigide, non correlate con i
bisogni e con i fatti che riguardano un singolo alunno con
disabilità. La "convivenza", quindi, dei diritti soggettivi
all'istruzione del singolo alunno con disabilità con quelle
"amministrative" e del diritto al lavoro dei docenti non è affatto
agevole, trovandosi spesso, e quasi inevitabilmente, i primi a
soccombere ai secondi» (op. cit., p. 296).
Se dunque non si trova l'abilità (e il coraggio) di
cercare un più corretto equilibrio tra i diritti degli alunni, le
esigenze e le procedure dell'amministrazione scolastica e il diritto
al lavoro dei docenti specializzati, difficilmente si
troverà soluzione alle criticità annualmente registrate,
lascinado anzi trreno fertile a stravaganti proposte legislative
(anch'esse permeate dal sospetto di costituzionalità), che
tenderebbero a "privatizzare il sostegno".
Ma l'ulteriore
stranezza della norma in commento riguarda la sua seconda
parte, ovvero laddove si afferma di voler tenere conto «della
previsione del numero di tali alunni in ragione della media di un
docente ogni due alunni disabili».
La previsione del rapporto 1:2 è una "media nazionale" a cui tendere
e non già un limite normativo. Tant'è che il
principio normativo è appunto quello delle «effettive esigenze
rilevate» dell'alunno. A ciò si aggiunga che il suddetto rapporto
1:2 è da ritenersi abrogato (ammettendo che fosse
un vincolo normativo) o quanto meno superato, ritenendolo una
tendenza matematica, alla luce della decisione del Giudice della
Costituzionalità delle Leggi, il quale ha dichiarato
«l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 413, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei
posti degli insegnanti di sostegno».
Sia chiaro che non si condivide una disponibilità
sproporzionata e non limitata di docenti specializzati per
il sostegno - ribadendo, invece, la necessità di razionalizzare il
sistema - ma, nel contempo, si ritiene che debba evitarsi, anche
involontariamente, di inviare il messaggio agli operatori scolastici
di continuare a "muoversi" all’interno del principio 1:2,
sul quale (salvo le deroghe) è effettivamente ancora calibrato
l'organico dei docenti - come analizzato nel nostro contributo
intitolato Insegnanti di sostegno: previsioni per l'anno
scolastico 2011/12 (visionabile cliccando
qui) - dando invece spazio a tentativi di trovare percorsi
virtuosi che sostengano le esigenze economico-finanziarie
con le necessità e i diritti degli alunni.
Continuando l'analisi
della norma, essa prevede poi che la scuola provveda «ad assicurare
la necessaria azione didattica e di integrazione per i singoli
alunni disabili, usufruendo tanto dei docenti di sostegno che dei
docenti di classe. A tale fine, nell'ambito delle risorse assegnate
per la formazione del personale docente, viene data priorità agli
interventi di formazione di tutto il personale docente sulle
modalità di integrazione degli alunni disabili».
Di questo disposto normativo sarà probabilmente soddisfatto
l'avvocato Salvatore Nocera [vicepresidente nazionale della
Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap,
FISH, N.d.R.], il quale - anche da queste pagine - ha più
volte manifestato la necessità di "integrazione" degli alunni e di
presa in carico di essi "con ed attraverso" tutti i docenti
di classe.
Ovviamente la
sorpresa la riserva la norma in commento nel suo ultimo
periodo, ovvero laddove si afferma che «le commissioni mediche di
cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di
valutazione della diagnosi funzionale costitutiva del diritto
all'assegnazione del docente di sostegno all'alunno disabile, sono
integrate obbligatoriamente con un rappresentante dell'INPS, che
partecipa a titolo gratuito».
Ebbene, la lettura di questo capoverso fa letteralmente sgranare gli
occhi all'operatore del diritto, il quale inizia a porsi
diverse domande.
La prima: «Che c'azzecca la commissione medica di
cui all'art. 4 della l. 5 Febbraio 1992, N° 104?».
La seconda: «Qual è il fine della presenza di un
rappresentante INPS? Tutela di ragioni economico-finanziarie? E a
cosa porterà ciò nel tempo?».
La terza: la norma espressamente afferma «...della
diagnosi funzionale costitutiva del diritto all'assegnazione del
docente di sostegno all'alunno disabile». Allora è vero - lo dice lo
stesso Legislatore! - che le «effettive esigenze rilevate»
certificate attraverso il procedimento amministrativo dei documenti
scolastici determina il diritto di quel singolo alunno
al docente di sostegno (perché assegnarlo alla scuola?)!!
Ovviamente non può che condividersi quanto espresso su queste pagine
[se ne legga cliccando
qui, N.d.R.] dal già citato Salvatore Nocera
e da Mario Berardi, subito dopo la promulgazione
del Decreto Legge (e prima della conversione in Legge, e quindi con
l'auspicio di una modifica in corso d'opera, purtroppo non
compiuta), ovvero che: «tale norma è del tutto
incomprensibile in quanto - senza tener conto delle
commissioni di accertamento dell'handicap ai fini scolastici di cui
al Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM)
185/06 - confonde le Commissioni di
Accertamento dell'Handicap (di cui all'articolo 4 della Legge
104/92) con le Unità Multidisciplinari dell'ASL che redigono la
Diagnosi Funzionale (di cui all'articolo 3, comma 2
del Decreto del Presidente della Repubblica - DPR – del
24 febbraio 1994) e con il Gruppo di Lavoro che valuta la
Diagnosi Funzionale per la formulazione del Piano Educativo
Individualizzato (PEI), di cui all'articolo 12, comma 5 della Legge
104/92. Inoltre risulta errata l'affermazione che
sia la Diagnosi Funzionale - redatta dalla sola ASL - a
precostituire il diritto alla nomina di insegnanti di sostegno, dal
momento che invece tale diritto risulta dalla valutazione
collegiale che confluisce nel PEI, come espressamente
indicato dall'articolo 10, comma 5 della Legge
122/10. Si confida quindi che in sede di approvazione
parlamentare del Decreto Legge questa confusione venga
fugata».
Risulta naturale allora
chiedersi se l'obiettivo della Manovra Finanziaria, ovvero
l'introduzione di Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria, con riguardo alla norma analizzata, sia o
possa essere raggiunto.
Nel complesso l'unica novità (e sostanzialmente errata) risulta
essere quella prevista dall'ultimo periodo dell'articolo 19, comma
11, profilandosi il resto delle disposizioni come una conferma di
quanto tendenzialmente già in atto.
Anche l'assegnazione dell'organico di sostegno «complessivamente
alla scuola», infatti, risulta essere prassi diffusa - oggi
legislativamente prevista - ma che non sembra agevolare
l'equilibrio economico-finanziario dell'ordinamento
giuridico e che invece sembra capace di creare difficoltà e
disfunzioni del sistema amministrativo.
Occorre qui dare atto
che l'istituzione scolastica - insieme a poche altre agenzie
sociali, come i centri diurni e i centri di riabilitazione - ha
svolto negli anni un ruolo di inclusione sociale dell'alunno
disabile e di "sollievo" per le famiglie delle persone con
disabilità, anche del tutto sostitutivo a organismi deputati alla
"presa in carico globale" della persona con disabilità stessa. Forse
analizzando e approfondendo ciò, sarà possibile rendere più
razionale il sistema, anche il sistema scolastico, ma senza
privarlo di quella storica qualità e capacità inclusiva che l'ha
caratterizzato. Anziché ridurre così i settori che hanno garantito
qualità e obiettivi inclusivi, sarebbe il caso di ri-vedere
le politiche sociali e inclusive delle persone con disabilità nel
nostro Paese, così che anche le risorse scolastiche per
loro investite (come quelle socio-riabilitative) potessero essere un
vero e serio investimento e un beneficio per l'intera società,
attraverso una partecipazione attiva e proficua della persona con
disabilità e non già, invece, un "costo sociale" determinato dalla
frequenza passiva di centri o servizi socio-sanitari.
*
Avvocato
(fmarcellino@videobank.it).