un istituto londinese divide i suoi studenti
in base al colore dell'accessorio

Gb, scuola classista...in base alla cravatta

Viola per i più bravi, blu e rosso per gli altri.
I genitori parlano di caso preoccupante di segregazione

Elmar Burchia Il Corriere della Sera, 2.8.2011

MILANO - Una scuola a Londra divide gli studenti per il colore della cravatta: quella viola la possono mettere solo i ragazzi bravi, tutti gli altri devono portare le blu e le rosse. Ma non è tutto: gli allievi imparano e giocano separatamente. Il preside è convinto che la sua sia un’idea innovativa; il sindacato sgrana gli occhi; alcuni genitori parlano di caso preoccupante di segregazione. E i ragazzi cosa fanno? S’insultano a vicenda.

LA CRAVATTA VIOLA - «Il colore viola» è un film drammatico di Steven Spielberg del 1985; è anche il colore dei paramenti liturgici usati durante l’Avvento e la Quaresima. Quando però gli studenti del nuovo istituto Crown Woods College di Greenwich, a Londra, vedono qualcuno portare il viola sanno subito che arriva «uno di quelli intelligenti». La scuola ha infatti introdotto un sistema di tipo aziendale in cui gli allievi vengono divisi per colore. Il colore della cravatta. Tutti indossano una divisa con una coroncina ricamata sulla parte sinistra della giacca e una cravatta, ognuna in una tonalità diversa. Chi ha quella viola è l’«intelligente», il «secchione», quello «diligente» e di «talento». Insomma, pare avere tutte le carte in regola per «salire la scala del successo». Tutti gli altri devono accontentarsi con quella rossa e blu. Il verde poi è il colore di quelli più anziani, cioè di grado superiore.

IL MERCATO - Il direttore scolastico Michael Murphy, figlio di immigrati irlandesi, è particolarmente entusiasta della sua trovata: «Se vuoi che la tua scuola abbia successo, allora devi fare esattamente una cosa come questa», ha spiegato al quotidiano britannico The Guardian. Murphy non manca di citare Margret Thatcher: «Non si può ignorare il mercato, è necessario reagire». Da quando ha preso in mano la direzione dell’istituto il numero di nuovi iscritti era in costante calo. Poi negli ultimi due anni la città e lo Stato hanno completamente ristrutturato il complesso scolastico investendo 50 milioni di sterline, circa 57,4 milioni di euro, e facendo costruire un modernissimo impianto sportivo completo di campo da calcio illuminato; giardino terapeutico e un centro musica e di design. Riaperto nel mese di maggio ora il Crown Woods College ha più domande d’iscrizione che posti disponibili. Attualmente sono 1800 i ragazzi e le ragazze che frequentano la scuola.

«APPETIBILI» - Il preside ha diviso le classi intermedie del college in tre «mini scuole» da 450 studenti. Ognuna ha un suo nome e un altro colore, che non solo è ben visibile dalle uniformi e dalle cravatte indossate dagli allievi, ma è presente anche sui diversi edifici del complesso scolastico: «Delamere» è dipinto di viola, «Ashdown» di blu e «Sherwood» di rosso. Gli studenti entrano negli edifici e si intrattengono nei cortili divisi però da recinzioni. In mensa mangiano in orari diversi e solo nelle ore di sport e musica si ritrovano ancora tutti assieme, senza distinzioni. La «selezione» avviene dopo la scuola elementare, cioè quando i ragazzi hanno più o meno undici anni. Con un po’ di orgoglio il direttore Murphy sostiene che finora solo due coppie di genitori si sono lamentate della valutazione del proprio figlio. «Streaming» definisce Murphy questo suo sistema, un modo «innovativo» di organizzare l’apprendimento. Anche gli studenti più deboli ne trarrebbero beneficio: «Imparare tutti assieme, come accade nelle classi delle scuole statali, è un metodo chiaramente fallito. Il nostro sistema, invece, permette di lavorare specificatamente sulle capacitá degli studenti e ognuno ottiene il sostegno di cui ha più bisogno». Avessimo fatto altrimenti - sottolinea il preside - non saremmo stati appetibili per gli studenti.

CLASSI MISTE - Se da una parte gli allievi del Crown Woods College si rallegrano delle nuove divise e dell’edificio ulltra moderno e funzionale, alcuni criticano la «separazione» tra classi. Una ragazza di 15 anni racconta al Guardian di litigi continui e insulti reciproci tra «super studenti» (quelli con la cravatta viola) e i «perdenti», ovvero quelli con la cravatta rossa o blu. «Gli amici di un tempo, che ora vanno alla “Delamere”, sono diventati di colpo i tuoi nemici», rivela la giovane. Estremamente entusiasta della sua nuova scuola è invece Justine Kirkham, una giovane insegnante a «Sherwood» e «Ashdown»: «In passato alcuni studenti facevano davvero fatica a comportarsi. Ora non è più così». Aggiunge l’insegnante: «Riusciamo a orientare l’insegnamento secondo le necessità di ogni allievo. In classi miste ciò non sarebbe possibile». Non tutti però la pensano come Kirkham. Dure critiche sono giunte dal sindacato degli insegnati del Crown Woods College. «È davvero scioccante, le ricerche dimostrano chiaramente che l'apprendimento in classi miste, ovvero con studenti intelligenti e meno, funziona meglio. Tuttavia, ancora oggi certe persone proprio non riescono ad ammetterlo», dice Kevin Courtney, esponente del National Union of Teachers. Che sottolinea: «È un sistema retrogrado, magari incoraggia la concorrenza, ma di sicuro non migliora l’insegnamento».

Come si sono formate negli anni graduatorie di insegnanti abilitati ed in attesa di posti che non sono e non potranno essere mai in un numero sufficiente? Proprio attraverso concorsi che per migliaia di insegnanti, che non entravano nel numero dei posti programmati e messi a concorso, valevano comunque l' abilitazione. In questo modo si sono formate graduatorie di oltre 240.000 precari, alcuni dei quali sono in attesa da anni di entrare in ruolo. Con il piano di assunzioni varato dal governo abbiamo dato una risposta importante a queste lunghe attese ed una consistente sforbiciata alle graduatorie, assumendo oltre 67.000 unità tra insegnanti e personale amministrativo.

Ma il problema ha ancora dimensioni gigantesche: resteranno nelle graduatorie oltre 200.000 insegnanti abilitati. Dopo aver coperto tutti i posti disponibili fino ad oggi con il piano di assunzioni appena varato, nei prossimi anni gli unici posti disponibili saranno quindi quelli derivanti dai pensionamenti. Il sistema informativo del ministero e gli uffici di statistica calcolano che mediamente, in base all' età e all' anzianità di servizio, andranno in pensione, a seconda degli anni, dai 22.000 ai 25.000 insegnanti. Se calcoliamo per i prossimi anni il rapporto tra i posti che saranno disponibili ed il numero degli insegnanti già abilitati, il saldo resterà a lungo passivo per tutti i livelli scolastici.

La domanda quindi è: abbiamo bisogno di creare nuovi abilitati? Evidentemente no, visti i numeri. Dobbiamo alimentare nei giovani false speranze, creare nuovamente una fabbrica di illusioni pensando che comunque nella scuola con qualche sanatoria si riuscirà prima o poi ad entrare? Anche in questo caso l' unica risposta responsabile è quella che abbiamo dato con il nuovo percorso di studi per diventare insegnanti che si fonda appunto su un numero chiuso, programmato proprio sulla base dei posti disponibili. Posti solo in base alle reali necessità della scuola italiana. Fine del precariato a vita.

Gli studenti che oggi fanno la scelta dell'insegnamento devono prima di tutto sapere quale è il fabbisogno di posti al momento in cui termineranno gli studi e quindi poter valutare in maniera realistica la speranza di ottenere un' occupazione nella scuola. Lo Stato non può più creare artificialmente posti di lavoro che non esistono, come ha fatto irresponsabilmente per decenni. Non corrisponde a verità l' accusa secondo la quale i provvedimenti del ministero penalizzerebbero i giovani a favore dei più anziani che attendono di essere assunti nelle graduatorie. Una gran parte infatti dei posti disponibili sarà data ai giovani, garantendo loro una concreta chance per accedere all' insegnamento.