Indicazioni nazionali e Linee guida:
stranezze e strabismi
di Antonio Valentino, da
ScuolaOggi 2.9.2010
Non so se mi
sono perso qualche puntata o mi è sfuggito qualche passaggio.
Comunque non sono riuscito a capire, dei recenti provvedimenti sulla
Secondaria Superiore, le diverse modalità con cui, ad esempio, sono
stati emanati i documenti relativi agli obiettivi generali e
specifici di apprendimento, previsti dai nuovi Regolamenti dei
Licei, dei Tecnici e dei Professionali.
Per i Licei, ad
esempio, si è scelto la strada seguita finora; quella cioè del
Decreto Interministeriale (nel nostro caso, del 26 maggio), con
oggetto “Indicazioni Nazionali”.
Per il riordino degli obiettivi di apprendimento dell’Istruzione
Tecnica (IT) e dell’Istruzione Professionale (IP), si è scelto
invece lo strumento della Direttiva (n. 57 del 15 luglio per la
prima; n. 65 del 28 luglio per la seconda) e si parla invece di
Linee Guida.
Ma non è la sola stranezza. Infatti, mentre le Indicazioni Nazionali
per i Licei riguardano l’intero quinquennio, le Linee guida per i
Tecnici e i Professionali riguardano solo il primo biennio.
A leggere poi, senza neanche tanta attenzione, i tre documenti si
scoprono cose altrettanto strane e un po’ più preoccupanti.
In primo luogo si rileva che le logiche che presiedono ai tre
Documenti sono parecchio diverse tra di loro. Infatti, mentre le
Indicazioni dei Licei ripropongono sostanzialmente logiche di
formazione e piano studi con pochi elementi di innovazione (anzi,
quadro orario e struttura dei contenuti risultano sostanzialmente
impoveriti rispetto a non poche sperimentazioni degli ultimi due
decenni), le Linee guida per il primo Biennio dei Tecnici e dei
Professionali tendono a muoversi secondo approcci più innovativi e
attenti al dibattito e agli orientamenti prevalenti a livello
europeo. Mi riferisco, in primo luogo, ai temi delle competenze
chiave di cittadinanza e del rapporto tra conoscenze - abilità -
competenze, della laboratorialità e della centralità dei processi di
apprendimento, della unitarietà tendenziale dei saperi e della
valorizzazione delle moderne tecnologie della comunicazione e
dell’approccio alla conoscenza.
Insomma, si
conferma in pieno, sulla base di una lettura comparata, la
percezione di un evidente strabismo ministeriale, già in parte
evidente nei precedenti passaggi dell’operazione “Riordino”. Né vale
l’obiezione che si tratta di tipologie di scuole diverse e che,
quindi, le impostazioni non potevano che essere differenziate. No,
il discorso qui non riguarda i profili culturali e professionali in
uscita dei tre ordini di scuola, che legittimamente presentano
peculiarità e differenze; riguarda piuttosto l’idea di scuola e di
formazione e quindi di cittadinanza. E su questo non dovrebbero
essere tollerati scarti e difformità.
Chiarisco
esemplificando il ragionamento. Le direttive riguardanti le Linee
Guida di Tecnici e Professionali contengono entrambi un “particolare
riferimento alle indicazioni nazionali per l'adempimento
dell'obbligo di istruzione di cui al regolamento emanato con decreto
del Ministro della Pubblica istruzione n. 13912007 e ai risultati di
apprendimento di cui agli allegati B) e C)”, oltre che ai
Regolamenti emanati nel marzo scorso.
E, in effetti,
nella costruzione dei percorsi di studio di entrambi gli ordini di
scuola, c’è indubbia attenzione in questo senso. Non mancano zone
d’ombra (non sempre, ad esempio, il rapporto tra conoscenze –
abilità- competenze è coerente e organico e la nozione di competenza
adottata non presenta, nelle varie articolazioni, lo stesso grado
di solidità e concretezza). Ma l’insieme si presenta stimolante e in
parte innovativo.
Va
riconosciuto anche che la Commissione che ci ha lavorato è stata
attenta alle sollecitazioni che da più parti sono arrivate circa la
valorizzazione del Regolamento per l’innalzamento dell’obbligo di
istruzione, oltre che della dimensione europea della formazione che
in quel Regolamento veniva recepita.
Infatti, l’ultima versione dei due documenti, sia nelle premesse
metodologiche che nelle scelte contenutistiche, si muove seconde
direttrici coerenti con tali scelte.
Niente o poco di tutto questo si coglie invece nelle Indicazioni per
i Licei, soprattutto con riferimento al primo biennio.
Della serie:
quando la mano destra ignora quello che fa la sinistra. Con gli
interrogativi conseguenti.
Tra il dire e il fare
I riferimenti
sostanzialmente positivi alle linee Guida dei Tecnici e dei
Professionali non stanno però comunque a significare (almeno per
l’autore di queste note) che l’operazione in atto possa ritenersi
“la Riforma” dell’Istruzione Tecnica e Professionale.
Sono infatti troppi i tasselli che mancano: dalla formazione dei
docenti e da una loro effettiva preparazione mirata a un nuovo
modello di governance delle scuole (che superi la pesante
autoreferenzialità che le connota e permetta politiche di
responsabilizzazione apprezzabile del territorio); da una
leadership esperta e competente ad una cultura organizzativa in cui
coordinamento, integrazione, autonomia e responsabilità, rispetto
agli esiti, siano criteri e leve caratterizzanti.
Di questo non c’è traccia nel “Riordino” in corso.
Si pensi solo al fatto che i nuovi Regolamenti prospettano un
profilo docente per molti versi diverso da quello attuale e approcci
alle discipline che valorizzano la dimensione dipartimentale
(anziché disciplinare in senso stretto); eppure è mancata una
campagna anche minima di sensibilizzazione, di promozione, di
formazione mirata.
Quindi il rischio che indicazioni pur interessanti restino lettera
morta è ben forte. Mentre appare sempre più evidente che il
“Riordino” in atto ad altro non serva che a fare cassa. Quale altra
ragione si può trovare per spiegare la diminuzione, negli indirizzi
del settore Tecnologico – primo Biennio – , delle ore di laboratorio
in copresenza, in una misura così considerevole (da 12 a 8!)? E
ciò, mentre le Linee guida enfatizzano la centralità del laboratorio
e dell’operatività come indicatori di innovazione!
La questione dell’Istruzione professionale
Un ragionamento
a parte merita la direttiva e il documento tecnico delle Linee
guida relativi all’IP.
Non si può certamente negare il respiro culturale ed educativo che
si è inteso dare alle Linee guida né lo sforzo di delineare
contenitori disciplinari più ambiziosi rispetto al quadro attuale.
Il problema è che, soprattutto per il primo biennio, l’identità
dell’istruzione professionale non appare messa ben a fuoco:
●
troppe materie
(ad esempio: era il caso di appesantire il curricolo del settore
Industria e Artigianato con tre materie distinte dell’area
scientifica?),
●
indebolimento
dell’area tecnico-operativa anche attraverso la consistente
diminuzione delle ore degli ITP (da 11 a 5!) e, più in generale,
degli insegnamenti tecnico-pratici e delle attività di laboratorio
●
indeterminatezza
del quadro professionale di riferimento (bene certamente il
superamento, nel primo biennio, di una formazione troppo mirata alla
figura di uno specifico
operatore – meccanico piuttosto che elettrotecnico / elettronico o
altro –; difficile da gestire è invece un percorso dove la
dimensione orientativa rispetto al triennio successivo non appare
sostenuta da scelte che appaiano chiare ed efficaci, almeno per
quanto riguarda le classi di concorso previste.
Inoltre, l’aver
eliminato la possibilità di utilizzare il primo anno del secondo
biennio - anche in ragione di una opportuna ricalibratura dell’area
di indirizzo dl biennio - per il conseguimento della qualifica
professionale (la cui certificazione spetta comunque alla Regione,
non è questo in discussione ), non solo ha tolto appeal a questo
ordine di scuola (a vantaggio di corsi regionali, senz’altro molto
meno preparate a gestire gli obiettivi dell’innalzamento
dell’obbligo), ma ha anche indebolita la sua identità. Praticamente
si è voluto eliminare, nei percorsi di istruzione superiore, l’unica
“uscita laterale” possibile; “uscita laterale” che fino a ieri ha
costituito punto di forza dell’Istruzione Professionale ed elemento
qualificante della sua didattica.
E’ questa, comunque, una questione che andrebbe riconsiderata. E
sarebbe importante che la riconsiderazione avvenisse dentro una
visione dell’Istituzione scuola come soggetto centrale
nell’erogazione del servizio di istruzione nel periodo
dell’obbligo.
Le scuole di fronte al “doppio avvio”. Il
difficile compito dei DS
Quest’insieme di
questioni rende molto probabile un inizio d’anno in salita.
Considerati anche la mancanza di chiarimenti e rassicurazioni sia
sull’ordinanza del TAR riguardante i decreti che prevedono la
riduzione dell’orario annuale nei Tecnici e nei Professionali; sia
sui pareri negativi, su tutta la linea, del CNPI.
Elementi, questi, che complicano ulteriormente il quadro.
Comunque, semplificando un po’, i comportamenti dei Collegi Docenti
che è facile aspettarsi per questo inizio d’anno scolastico sono
sostanzialmente due: fare finta di niente - e continuare tutto come
prima, con qualche cambiamento di facciata -; oppure assumere su di
sé la sfida a verificare e sperimentare senso e fattibilità delle
innovazioni che pure non mancano nei Regolamenti e nelle Linee
Guida.
E’ molto probabile che quest’ultimo comportamento possa essere
interpretato come un assolvimento di politiche ministeriali
deludenti e, per alcuni versi, nocive.
Ma potrebbe però essere visto anche come un recupero di
protagonismo, nonostante tutto, delle scuole, sia nella
progettazione che nella gestione delle innovazioni possibili. E ciò
nella convinzione che la scuola pubblica non è della Gelmini - e
compagnia governativa - e che il miglioramento delle nostre scuole e
della preparazione dei nostri studenti non solo è più coerente con
l’etica professionale di un lavoratore della scuola - cioè di un
bene pubblico fondamentale -, ma potrebbe costituire occasione per
un recupero di credibilità e di apprezzamento, per docenti e
operatori in genere, da parte di un’opinione pubblica non sempre
ben disposta.
Recupero di credibilità, e quindi di immagine, da cui potrebbero
derivare ricadute positive per le scuole, anche in termini di
iscrizioni.
Entrambi i comportamenti probabili hanno comunque motivazioni forti
e solide da vendere.
Allo stato attuale, tra l’altro, è molto difficile che altri attori
possano “pesare” più di tanto negli orientamenti dei CD. E la stessa
posizione dei DS si presenta particolarmente delicata e difficile.
Insomma, un quadro a dir poco complicato.
Comunque, “Speriamo che me la cavo”.