LA DENUNCIA
Adro, il Sole padano resta a scuola Giornata di tensione, contusa una sindacalista. Ma il sindaco non cambia idea Piero Colaprico, la Repubblica 30.9.2010
DAL NOSTRO INVIATO Il diverbio, finito nella caserma dei carabinieri, rivela uno stato d´animo curioso: molti leghisti di questa terra ricca di industrie, artigiani e vigneti famosi nel mondo, ritengono che la questione dei simboli non è «reale», ma è stata «montata». E quest´occupazione della scuola pubblica con settecento «soli padani», su banchi, lavagne, ingressi, sul tetto e pure sui cestini, non sembra un inquietante stalking politico, anzi. Quel sole, spiegano, è «una cosa nostra» (proprio queste sono le parole). E si scocciano perché ieri Adro era di nuovo su tutti i telegiornali, perché anche il Quirinale ha rilanciato la questione dei simboli. Abito grigio sbottonato, aria sorniona, telefonino rovente, il sindaco Oscar Lancini, si trova costretto ad aprire le porte al pubblico, giornalisti compresi. Sindaco, toglie i simboli o no? «Non è all´ordine del giorno», contrattacca, sereno e pacifico. E anche poco prima aveva spiegato: «Il casino l´avete fatto voi giornalisti, parlate di Adro, bene o male, ma ne parlate. "Tanti nemici tanto onore", come diceva uno, anche se non sono di quella parte là. A casa nostra comandiamo noi, il consiglio comunale si riunirà, prima o poi, su questo tema, oggi risposte non ce ne sono. Che farò? Non lo so, fatevelo dire dal consiglio che cosa farà…». E che farà? «Bisogna aspettare che cosa dice Bossi». Nel frattempo, Adro si è accorta che non è facile essere una sorta di «mini-Stato» della Franciacorta. E che alcune regole un po´ strane, come l´ordine - testuale da manifestone color blu - della seduta «segreta e a porte chiuse per motivi di ordine pubblico», lasciano il tempo che trovano. I consiglieri di opposizione, della lista civica Linfa, su questo «segreta» hanno fatto per tutto il giorno il diavolo a quattro. Il prefetto da Brescia si è dato finalmente una mossa. E il sindaco leghista, il principale responsabile della moltiplicazione del «sole delle Alpi» nella scuola pubblica, deve cambiare improvvisamente passo: «Ma non avevamo e non abbiamo niente da nascondere», ripete. Sa che ha i suoi fan e sono tanti: uno di questi, ben messo a muscoli, l´ha appena definito «il nostro sindaco marchiano». Marchiano: ossia? «Uno che marchia il territorio, questa di Adro è una cosa che entrerà nei libri di storia», annuncia ispirato, e il che può essere vero, ma solo ce si sarà la secessione, mai tramontata nello zoccolo duro leghista. I lavori dunque sono aperti, cominciano alle 20.45 e la seduta, che finirà alle 22.10, non toccherà - «perché l´ordine del giorno non lo prevede» - il tema al quale tutti guardano. Il lessico della burocrazia domina: bisogna verificare se l´operazione finanziaria che ha permesso la costruzione della scuola sia stata corretta. Le centinaia di persone che affollano la sala elegante - è ricavata nell´antica rocca del paese - faticano a seguire la litania di cifre e spiegazioni, ma «Il contratto è pubblico, la gente di Adro l´ha capita, ma l´opposizione no», replica il sindaco. «La gente di Adro» di fede leghista (oltre il 60 per cento) è schieratissima e giornate come quelle di ieri la compattano. Va bene, il presidente Giorgio Napolitano da Parigi fa sapere che ha «preso atto» della decisione del ministro dell´Istruzione Maria Stella Gelmini: «Non ho fatto nessun intervento su Adro, sarebbe stato tardivo ieri o l´altro ieri». Ma «ho avuto fiducia - diceva il Presidente - che intervenisse come doveva il ministro». Certo, si contano i parlamentari del Pd che hanno chiesto la rimozione del prefetto e che criticano le risposte ufficiali del sottosegretario Guido Viceconte. Se la Cgil manda una diffida al ministro affinché si spicci a far rimuovere i «soli padani», la settantenne di Adro, Romanda Gandossi, sempre della Cgil (pensionati), spiega che quando è stata spinta, in mattinata, «mi hanno aiutato solo le donne arabe». Ma alla fine del consiglio, resta qualche grido, qualche slogan, ma poco più: e i soli padani, o pagani che siano, restano al loro posto. |