GRUPPO DI FIRENZE

per la scuola del merito e della responsabilità

Abravanel: "Prima di tutto
la qualità dei docenti. Giusto, ma...

G.R. dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, 3.9.2010

Quello che conta è la qualità degli insegnanti. Non la dimensione delle classi. Non le ore di insegnamento. Non quanto si spende nella scuola”. Così si esprime, in un articolo sul “Corriere della Sera”, Roger Abravanel, consulente del ministro Gelmini per la qualità e il merito, auspicando che, sulla base di una sistematica valutazione dei docenti, i genitori possano capire quale scuola dà migliori risultati. Espressa certo in forma un po’ provocatoria (più soldi servirebbero, eccome) , la centralità degli insegnanti è una verità nota da tempo alle persone di buon senso, che però ha trovato scarso riscontro nelle politiche degli scorsi decenni. Tuttavia sono necessarie un paio di osservazioni.

1. È tutt’altro che pacificamente acquisita la possibilità di misurare la bravura di un docente in base al rendimento degli allievi, dato che, per quanto si possano tarare i test, entrano in questione molte variabili (spesso extrascolastiche).

2. Ma anche ammettendo che sia così, lo stesso articolo segnala senza volerlo una difficoltà, quando a un certo punto il discorso slitta dalla qualità dei docenti a quella del singolo istituto, quasi si potessero identificare: “Un genitore potrebbe sapere molto di più sulla qualità della scuola se i risultati dei test aggregati venissero resi noti prima del momento dell’iscrizione. Solo così una mamma e un papà italiani potranno capire che forse la scuola media un po’ più lontana da casa è migliore perché i suoi studenti hanno ottimi risultati in italiano e matematica”. La realtà, però, non è così semplice. In quasi tutte le scuole la qualità dei docenti è molto varia. Ci sono spesso sezioni buone e altre sconsigliabili e anche consentendo di esprimere delle preferenze non si potrà mai accontentare tutti. Fino alle superiori, poi, la vicinanza delle scuola ha necessariamente un peso notevole nella scelta di molte famiglie. Non è molto probabile, quindi, che la valutazione dei risultati e la conseguente “concorrenza” tra scuole possa portare a rapidi miglioramenti qualitativi. Anche perché dobbiamo chiederci se è più urgente individuare i migliori fra i docenti o riuscire ad elevarne la qualità media, garantendo alle famiglie insegnanti che siano quanto meno “sufficientemente buoni”. E per far questo è necessario (ripetendo cose già dette più volte):

A. affrontare efficacemente il problema degli insegnanti chiaramente inadeguati sul piano didattico-relazionale o su quello della correttezza professionale, attualmente ipertutelati; e lo stesso Abravanel indica altrove, nell’impossibilità di “allontanare i disastri”, uno dei punti deboli del nostro sistema[1];

B. ripristinare un adeguato controllo sul funzionamento delle scuole (compreso l’andamento di scrutini ed esami), anche attraverso un numero sufficiente di ispettori dotati di poteri adeguati (in Italia ce ne sono 100, contro i 1500 del Regno Unito e i 3000 della Francia);

C. sostenere in modo costante gli insegnanti con tutte le necessarie consulenze (psicologi, logopedisti, assistenti sociali, esperti nell’orientamento, ecc.), invece di pretendere che facciano da soli in base a superficiali infarinature;

D. nell’aggiornamento, valorizzare la professionalità dei docenti. “Ciò significa”, come finalmente si sottolinea nella premessa alle indicazioni nazionali, “favorire la sperimentazione e lo scambio di esperienze metodologiche... e negare diritto di cittadinanza ... a qualunque tentativo di prescrittivismo”. Insomma, insegnanti protagonisti della loro crescita professionale, anziché oggetti passivi, come spesso in passato, di vere e proprie forme di indottrinamento. Naturalmente, nel medio periodo, sarà di fondamentale importanza la messa a regime dei nuovi percorsi di formazione universitaria dei futuri docenti.

 

[1]  Vedi le diapositive usate nella presentazione del Piano Nazionale Qualità e Merito. Vi si ritrova anche la presunta contrapposizione tra "competenze di vita" e conoscenze: "Migliorare la nostra mente per partecipare con la nostra testa, non insegnarci a memoria i pensieri degli altri", suggerisce la citazione di "Uno sconosciuto formatore americano" .