Da insegnante a centralinista:
la parabola di Francesca, precaria della scuola

 da blitz, 4.9.2010

Da insegnante di italiano e greco antico a operatrice nei call center: è il possibile epilogo della storia di Francesca D'Alessandro raccontata dal Corriere della Sera, ma è senza dubbio anche la storia di molti altri precari della scuola.

Laureatasi a 27 anni in lettere classiche alla Sapienza di Roma, nonostante gli avvertimenti di chi la mette in guardia da un percorso troppo lungo per insegnare, Francesca ci prova: dal suo paese di Magliano de' Marsi, in Abruzzo, si iscrive alla Sis, la scuola di specializzazione per l'insegnamento, dell'Aquila.

Dopo 2 anni e 2mila euro di retta, Francesca è abilitato in italiano e greco. E' il 2008, e quello che sembrava un obiettivo raggiunto si trasforma nell'inizio di un calvario, passato attraverso le graduatorie: ”Allora pensavo che di ruolo sarei passata al massimo in 4 o 5 anni. Beata me”, racconta al Corriere della Sera.

All'inizio le speranze migliori sembrano avverarsi: il primo incarico è annuale, 1.200 euro al mese da settembre a giugno al liceo scientifico Aristotele, di Roma Eur. Per aumentare le proprie chances Francesca ottiene anche l'abilitazine per il sostegno agli studenti disabili, facendo la pendolare tra il liceo romano e la Sis dell'Aquila, con i suoi costi.

Il tracollo arriva però l'anno dopo: nessuna chiamata annuale, solo supplenze brevi. Due mesi di latino e storia alle magistrali, altri due mesi di geografia e storia allo scientifico, 20 giorni al tecnico. Una vera tortura per Francesc, e non solo per lei: “ma soprattutto per gli studenti, spiega. Ti fai conoscere dai ragazzi, impari a conoscerli, imposti il programma e quando cominci ad ingranare ti tocca andare via. Che scuola è questa?”

Il peggio, sottolinea Francesca, è che “le mie materie di insegnamento sono quelle che hanno subito di più i tagli. Di supplenza lunga non se ne parla proprio”. Allora non resta che ‘riciclarsi' in lavoretti, magari meno appaganti, ma almeno remunerativi, come hanno fatto molti dei suoi ex colleghi. “Chi è indietro in graduatoria ormai non si fa più illusioni. Io per il momento resisto ma so che dovrò aspettare almeno dieci anni prima di passare di ruolo”.

Ma il suo posto numero 263, a metà classifica della provincia di Roma, la lascia sperare ancora. A 35 anni vive ancora da mamma e papà, “sono una perfetta bambocciona”, dice con un sorriso amaro. Ma tornare in un call center lei proprio non lo vuole: “No, io ho fatto tutto quello che potevo fare. Sarebbe umiliante, anche per tutto quello che ho investito in questa storia insieme alla mia famiglia. Ma ho la coscienza a posto. La colpa è di questa ghigliottina calata dall'alto con il taglio dei posti. Non la mia”.