Puglisi, rettore e coordinatore: di Alessandra Migliozzi Il Messaggero, 27.9.2010
ROMA (27 settembre) - «Le università
non statali ormai costituiscono un terzo del sistema accademico e
hanno molti doveri come le università pubbliche. Ma, spesso, non
hanno gli stessi diritti». A sollevare la questione è Giovanni
Puglisi, rettore dell’Università Iulm (Libera università di lingue e
comunicazione) di Milano, che è anche vice presidente della Crui, la
Conferenza dei rettori, e coordinatore delle università non statali.
«Sì ma solo in parte. Abbiamo molto
apprezzato le aperture dei ministri Gelmini e Tremonti che hanno
manifestato la volontà di recuperare risorse anche per gli atenei
non statali. Risorse che sono andate calando drasticamente negli
ultimi anni. Il contributo statale è passato dai 138 milioni del
2008, ai 69 del 2010, che diventeranno 62 nel 2011. Praticamente c’è
stato un dimezzamento e, contemporaneamente, sono aumentati i
commensali, perché si sono aggiunti tre atenei con cui spartire le
risorse, di cui due telematici. Quello che chiediamo ora è di
rivedere la normativa che ci riguarda. Siamo fermi ad una legge del
1991, ma da allora l’offerta è cresciuta e oggi gli atenei privati
rappresentano una bella fetta del sistema, costituiscono di fatto un
servizio pubblico e danno un contributo forte allo sviluppo del
paese».
«Questo è vero solo in parte. Ormai ci
sono atenei privati che hanno livelli di tassazione competitivi con
le università pubbliche. Esistono poi tasse diverse per fasce di
reddito. E gli atenei privati sono obbligati a restituirle ai
meritevoli. Un tempo lo Stato compensava più abbondantemente questa
restituzione, adesso ci sono meno fondi anche per questo. Ci sono
poi università statali che offrono iscrizioni a prezzi stracciati e
anche quelle che non rispettano i tetti di tassazione previsti dal
ministero. Bisogna valutare la situazione nel suo complesso». «Chiediamo un tavolo in cui ridiscutere la normativa che riguarda le università private. Chiediamo attenzione su alcune questioni. Ad esempio anche le università non statali devono rispettare criteri minimi per l’attivazione dei corsi, poi, però, non possono accedere ad alcuni fondi come quello per l’edilizia. Per noi è un controsenso. Chiediamo un nuovo sistema normativo che tenga conto del fatto che oggi siamo una parte incisiva del sistema. Non è possibile che la retorica della privatizzazione, quella che accusa il governo di voler mettere l’università in mano ai privati, ci sfavorisca. Peraltro questo slogan non è reale, lo dimostrano i fatti. C’è un problema di sistema e noi vogliamo evidenziarlo. Ma finora siamo rimasti ghettizzati nel dibattito e dal punto di vista normativo. Non vogliamo privilegi, ma nemmeno penalizzazioni. Ovviamente vogliamo anche noi essere valutati e sottoposti al giudizio degli organi di consulenza del ministero. Ma per ottenere, poi, nuovi diritti». |