IL FATTO

Scuola inglese, il grande tonfo

di Elisabetta Del Soldato da Avvenire, 23.10.2010

Nella terra delle più ambite e prestigiose università del mondo, basti citare Cambridge, Oxford e la London School of Economics, le sorti della scuola pubblica sono tutt’altro che gloriose. Se per avere accesso a queste grandi istituzioni del sapere servono i voti più alti alla fine della scuola superiore, solo pochi riescono a permetterseli. La maggior parte degli alunni delle università più selettive del Regno Unito è infatti cresciuta nelle scuole private, in una bolla privilegiata che costa ai genitori dalle 15 alle 20 mila sterline l’anno, fino a circa 23 mila euro. I ragazzi che invece escono dalla scuola pubblica arrancano.

Nonostante dodici anni di forti investimenti nella pubblica istruzione da parte del Partito laburista guidato prima da Tony Blair e poi da Gordon Brown (una spesa che nel periodo dal 2000 al 2008 è salita da 35.3 miliardi di sterline a 63.9, circa 65 miliardi di euro), i livelli delle scuole pubbliche elementari e superiori del Regno stanno diventando imbarazzanti e il numero dei ragazzi che si iscrive all’università e dei laureati, come riportato recentemente dall’Ocse, è oggi più basso in Gran Bretagna che in Polonia, Grecia, Ungheria e Repubblica Ceca. Nel 2009 il 21 per cento dei ragazzi di 14 anni, secondo l’ufficio nazionale di statistiche, aveva raggiunto il livello di lettura richiesto a un bambino di 7 anni. Nello stesso anno 4 bambini su 10 hanno finito la scuola elementare senza aver raggiunto la sufficienza in lettura, scrittura e aritmetica. In tempi di recessione e di forti tagli al settore pubblico l’ultima cosa di cui la Gran Bretagna ha bisogno è quella di produrre una generazione che non sia pronta ad inserirsi nel mondo del lavoro. L’industria ha infatti già mostrato segni di preoccupazione. A una recente conferenza della Camera del Commercio, Terry Leahy, l’amministratore delegato dei supermercati Tesco, ha messo in chiaro che «di questo passo la nostra economia ne soffrirà pesantemente. Troppi ragazzi dopo la maturità non hanno le competenze necessare per inserirsi nel mondo del lavoro. Non sanno leggere né scrivere né contare. Siamo noi che spesso gli dobbiamo pagare corsi di formazione, e questo solo per stare dietro a una cassa».

È ovvio che qualcosa non funzioni nel mondo dei piccoli sudditi di Elisabetta II. Il progetto ambizioso dei laburisti di offrire un’istruzione uguale e "politicamente corretta" a tutti, non ha funzionato perché non ha saputo riconoscere e affrontare le profonde differenze che esistono nella scuola come nella società britanniche. Differenze che creano tensioni, che spesso provocano violenze e che rallentano il processo di apprendimento. Nei cortili delle scuole secondarie pubbliche così come in strada, i gruppi etnici, culturali e religiosi tendono a mischiarsi solo tra di loro e tra alcuni di loro spesso ci sono scontri. La perfetta convivenza multiculturale promossa dal Labour Party è molto lontana dalla realtà. Oggi le comunità rimangono profondamente divise tra di loro; l’idea di società e della condivisione di valori è sempre più aliena e la rabbia e il risentimento dei ragazzi, soprattutto tra quelli più poveri, sono in costante crescita. «I bambini poveri del Regno Unito sono 4 milioni , uno su tre, tra i numeri più alti nel mondo occidentale – spiega Helen Dent, direttrice dell’associazione Family Action. – È un numero choccante se si considera la ricchezza della nostra nazione. La povertà può avere un impatto deleterio sul bambino, sulla sua famiglia, sulla società intera. Conduce spesso dentro una spirale di esclusione sociale, mancata istruzione, disoccupazione e problemi fisici e psicologici».

La povertà colpisce facilmente i figli degli immigrati che giungono nel Regno Unito con la speranza di un futuro migliore ma anche quelli delle classi lavoratrici bianche, perfino più pesantemente. Tra i ragazzi poveri infatti ad andar peggio a scuola sono i figli non degli immigrati, ma dei ceti bassi bianchi che da anni hanno perso la fiducia nel sistema. Secondo il professor Steve Strand, autore di una ricerca per la British Educational Research Association, «questa classe sociale, che spesso si lamenta di essere stata dimenticata, ha perso ogni desiderio di migliorarsi. Al contrario, le famiglie degli immigrati, soprattutto portoghesi, pachistane e bengalesi, considerano l’istruzione come l’unico strumento disponibile per uscire dalla trappola della povertà, e lo prendono molto seriamente».

I ragazzi più poveri, privati delle necessità spesso basilari per vivere, sono quelli che serbano più rancore nei confronti dei compagni benestanti e quelli che più facilmente si mettono nei guai. La mancanza di disciplina è infatti una seria spina nel fianco della scuola pubblica britannica. Nel 2008 ci sono state 383.830 sospensioni nelle scuole elementari e secondarie del Regno Unito e 43.290 tra i bambini dai 4 agli 11 anni, più di due terzi maschi. Nello stesso anno ottomila sono stati espulsi definitivamente e, di questi, mille alle elementari. Questi dati, ha commentato un portavoce dell’associazione degli insegnanti, «non fanno altro che preannunciare problemi nel futuro dei nostri ragazzi». Ma i problemi ci sono già: oltre a studiare poco, i minorenni britannici detengono alcuni dei record più preoccupanti in Europa. Sono infatti quelli che più "marinano" la scuola, si drogano, fanno abuso di alcol, contraggono malattie sessuali e le ragazzine tra i 12 e i 16 anni quelle con il più alto numero di gravidanze.

Per il nuovo governo conservatore guidato da David Cameron la causa della crisi dei giovani non è solo legata al fallimento scolastico ma anche a una profonda mancanza di valori: «Annebbiati dalla burocrazia – ha dichiarato il premier – abbiamo perso di vista le necessità dei nostri ragazzi e oggi non li conosciamo più. Bisogna uscire da questa "macchina scuola" creata dai laburisti e ristorare il contatto con i giovani, con la nostra società».

Il futuro però non promette niente di buono: in tempi di recessione, il nuovo governo di Cameron ha già annunciato che prevede tagli fino a un miliardo di sterline al budget della scuola e solo qualche settimana fa, sollevando l’ira delle associazioni degli insegnanti e provocando le dimissioni di un deputato conservatore, il ministro della Pubblica istruzione ha confermato che i progetti di ristrutturare 715 scuole pubbliche secondarie saranno bloccati per mancanza di soldi. In una situazione in cui, come da manuale in Gran Bretagna, governo e genitori si rimbalzano addosso la responsabilità della crisi, è difficile identificare il vero colpevole. Secondo la madre di McKenzie Dunkley, un bambino bianco di otto anni, espulso da scuola perché secondo la maestra era "incontrollabile", suo figlio, invece, «è sempre stato semplicemente vivace» e ha il diritto di ricevere «le attenzioni adeguate». Il bimbo è a casa da un anno e nessuna scuola gli ha ancora offerto un posto. La madre, come migliaia di famiglie britanniche, sta perdendo la speranza.