IL SONDAGGIO
Risparmio, metà famiglie in difficoltà Indagine Ipsos per Acri: il 47% dei nuclei riesce a mantenere solo con molta accortezza il proprio standard di vita. Chi può investe nel mattone. Se gli italiani dovessero scegliere cosa tagliare, ridurrebbero le spese per la difesa, la giustizia e l'ambiente. Mai i servizi di cura e istruzione la Repubblica 27.10.2010 ROMA - Le famiglie italiane sono sempre in maggiore difficoltà, e la crisi sta aggravando il trend. Secondo la decima indagine realizzata dall'Acri (l'associazione delle Casse di Risparmio italiane), con l'Ipsos, "crescono le famiglie che sono riuscite a mantenere il proprio standard di vita solo con fatica (accortezza nelle spese e taglio selettivo): erano il 42% nel 2006, il 43% nel 2009, il 47% nel 2010". Al contrario, diminuiscono i nuclei familiari che riescono a migliorare il tenore di vita: erano l'11% nel 2006, il 10% nel 2007, il 9% nel 2008, l'8% nel 2009, il 6% quest'anno. Questo vuol dire "che, se nel 2006 una famiglia su 9 sentiva di migliorare la propria posizione, oggi solo una su 17". Resta costante al 36% la percentuale della famiglie italiane capaci di risparmiare, mentre il 37% consuma tutto ciò che guadagna, e "ben una famiglia su quattro deve ricorrere a debiti o al decumulo di risparmio pregresso". Se nel Nord-Est si registra il numero maggiore di famiglie in grado di accumulare risparmio (ci riesce il 45%), il Sud si trova più in difficoltà (solo il 30% riesce a risparmiare). Chi riesce a risparmiare preferisce di gran lunga il mattone alle altre forme d'investimento: nel 2010 a preferenza per l'acquisto di case è salita dal 52% al 58%. Ma, secondo l'indagine Ipsos, c'è stata anche una forte impennata della propensione degli italiani per la liquidità (in particolare al Centro e al Sud): è passata passa dal 60% del 2008 al 62% del 2009 e al 68% del 2010, infatti, la percentuale di italiani che preferisce tenere i soldi in casa o sul conto corrente. Rimane invece costante il numero di coloro che investono la maggior parte dei propri risparmi (9%). Quanto invece ai consumi, la crisi ha colpito le abitudini di spesa e gli italiani hanno tagliato drasticamente i loro consumi negli ultimi 2-3 anni. Si salvano solo spese per la casa e cellulare ma chi ha visto peggiorare il proprio tenore di vita rinuncia anche al telefonino. In generale, comunque, ha riscontrato l'Ipsos, la crisi "si è abbattuta soprattutto sul fuori-casa (bar e ristoranti, cinema e teatro, viaggi), ma ha intaccato anche l'abbigliamento e la cura della persona". Statiche invece "le spese per spostamenti ed elettronica, mentre crescono telefonia e spese per la casa, alimentari e non". A fronte della crisi, se si trovassero al posto del governo gli italiani non taglierebbero mai sanità (53%), scuola, università e ricerca (34%), pensioni (33%): se fossero costretti sacrificherebbero piuttosto la difesa (45%), le spese per la giustizia (19%), la protezione dell'ambiente (18%). Rispetto alla spesa pubblica, i più (47%) ritengono che i tagli inibiscano la crescita, mentre il 39% ritiene che la possano aiutare. Il 59% degli italiani pensa che i tagli siano volti a contenere gli sprechi, mentre solo il 36% vede una volontà di ridimensionamento dei servizi. C'è chi segnala, però, che alla prova dei fatti i servizi sembrano ridursi senza una effettiva razionalizzazione (è così per il 76% contro il 20% che ritiene invece che i tagli abbiano ridotto sprechi). E se si chiede ai cittadini di cosa abbia effettivamente bisogno l'Italia, in pochi si appassionano per la riduzione del debito pubblico (12%) e pochi di più per la riduzione della spesa pubblica (15%), che arriva al 34% presso le classi direttive). Perfino l'ipotesi di riduzione delle tasse (sia ai cittadini che alle imprese) ai fini dello sviluppo del Paese raccoglie un consenso abbastanza limitato (23%), mentre gran parte considera fondamentale la lotta all'evasione fiscale (48%), soprattutto nel Nord Est (53%). L'euro continua a essere vissuto con frustrazione e insoddisfazione: il 67% si dichiara insoddisfatto, a fronte di un 33% di soddisfatti. Gli italiani rimangono tuttavia convinti che in prospettiva l'adesione alla moneta unica sia una cosa positiva (per il 60% in una prospettiva di 20 anni sarà un vantaggio). Permane dunque la fiducia nell'Unione Europea (il 67%), ma pochi dichiarano di avere più fiducia (il 7%) a fronte di un cospicuo numero che dichiara di averne meno (il 28%). |