Scuola, stipendio ai precari anche d'estate

LA SENTENZA. La Corte d'Appello di Brescia ha accolto il ricorso di un'insegnante e ha condannato il ministero di Mariastella Gelmini a pagare 13 mila euro. Secondo i magistrati, «c'è uno schema organizzativo che si ripete e, quindi, non si può sostenere che sia motivato da esigenze temporanee e non prevedibili»

Mimmo Varone da Bresciaoggi, 6.10.2010

Brescia. Dalla città di Mariastella Gelmini arriva un duro colpo alla pratica del ministero dell'Istruzione di assumere a settembre e licenziare a giugno per risparmiare sul personale. Glielo infligge la Corte d'appello di Brescia, che condanna il ministero di Trastevere a risarcire con oltre 13 mila euro una professoressa bresciana passata attraverso anni di precariato. La docente si è rivolta al Tribunale contro un'abitudine vietata da una Direttiva della Corte di giustizia europea, recepita anche dalla legislazione italiana ma finora mai applicata. Ora avrà gli stipendi estivi degli ultimi 5 anni, con gli interessi.

La sentenza a seguito del ricorso (numero 87/10) è stata pronunciata l'8 luglio scorso dalla sezione Lavoro della Corte d'appello, costituita dal presidente Angelo Tropeano e dai consiglieri Antonella Nuovo e Anna Luisa Terzi. E diventa un precedente importante per migliaia di precari che ogni anno si vedono negare lo stipendio estivo. In buona parte sono insegnanti che sanno di essere riassunti a settembre. Al di là del risarcimento del danno, «la Corte ha ristabilito un principio, e mette lo Stato di fronte all'alternativa di continuare così e pagare di più o di mettersi in regola», sottolinea l'avvocato Paolo Lombardi, che ha patrocinato la causa della docente (di cui, per ovvi motivi, non sveliamo l'identità), e che parla di «fatto clamoroso». quando la professoressa chiederà il risarcimento (può farlo subito e ottenerlo), il Ministero di Gelmini ricorrerà in Cassazione. Ma il ragionamento della Corte bresciana sembra inoppugnabile.

LA DOCENTE sosteneva che i vari contratti a tempo determinato fossero illegittimi in quanto stipulati per soddisfare un fabbisogno di personale permanente, e quindi anche alla pubblica amministrazione doveva essere applicato il principio di conversione dei rapporti a termine illegittimi in rapporto a tempo indeterminato. Ciò perchè la sanzione prevista per l'inosservanza delle direttive comunitarie limitata al risarcimento del danno è privo di sufficiente efficacia dissuasiva. Il Tribunale del lavoro, in prima istanza, aveva rigettato in toto queste argomentazioni. Ma la Corte d'appello le ha accolte in parte. I giudici di secondo grado ribadiscono che la conversione del rapporto a indeterminato non può essere accolta, poiché le norme che disciplinano i rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione sono diverse da quelle in vigore nel settore privato. D'altronde, sia la Corte Costituzionale che la Corte di Strasburgo si sono espresse in tal senso.

I giudici europei, proprio in riferimento alle norme nazionali (art. 36 del dl 165/2001) affermano che la sanzione risarcitoria prevista per l'illegittima stipulazione di contratti a termine nel settore pubblico «non può ritenersi a priori strumento inadeguato», come sosteneva la docente, ma può perseguire gli scopi della Direttiva, che tendono a sanzionare l'uso abusivo di contratti a tempo determinato.

Secondo la Corte Ue, il contrasto dell'art. 36 con la Direttiva stessa si configura solo quando la sanzione prevista dall'ordinamento interno non costituisce deterrente sufficiente a dissuadere. Inadeguati sono i risarcimenti forfettari, o il riconoscimento di danni morali concessi finora dai tribunali italiani. Se invece si condanna l'amministrazione a pagare il dovuto, la norma nazionale torna in linea con la Direttiva. E la Corte d'appello di Brescia si è comportata di conseguenza. Ha punito il ministero in modo tale da scoraggiarlo a continuare con i rapporti precari. Che poi si trattasse di rapporto di lavoro illegittimo, per i giudici bresciani è ampiamente provato dalla documentazione prodotta dalla professoressa, secondo cui nell'anno 2004-05 il fabbisogno di personale docente era stato quantificato in 250.360 unità, 12.811 delle quali assunte con contratto annuale e altre 22.006 con contratti di 9 mesi.

«A fronte del ripetersi di tale schema organizzativo - sottolinea il dispositivo della sentenza d'appello - appare arduo ritenere, come sostiene il Ministero, che il ricorso a contratti a tempo determinato sia motivato da esigenze particolari e temporanee non prevedibili».

AL CONTRARIO, si tratta di una «precisa scelta amministrativa - aggiunge - evidentemente mirata a contenere i costi del personale».

Rapporto illegittimo, dunque, e il danno risarcibile «dovrà essere individuato calcolando la differenza tra quanto effettivamente percepito dai lavoratori e quanto avrebbero percepito se fossero stati da subito inquadrati a tempo indeterminato, ossia tenendo conto della retribuzione dei mesi estivi con gli interessi di legge». La professoressa li avrà per gli ultimi 5 anni, essendo gli antecedenti caduti in prescrizione. Ma ora si sa che le conseguenze di un comportamento illegittimo, sono illegittime. E come dice Lombardi, «è il principio che conta».