Insegnanti di sostegno per gli alunni disabili:
un diritto sistematicamente violato
e addirittura negato

Polibio, AetnaNet 24.10.2010

Con un suo intervento postato mercoledì 29 settembre 2010, dal titolo “diritto fondamentale all’insegnante di sostegno anche per l’intera durata dell’orario scolastico settimanale” (che invitiamo a rileggerlo, anche perché ha un seguito nell’intervento oggi postato, che scaturisce dall’attenta lettura di una recentissima sentenza del Tar Campania, n. 17532-2010, emessa, accogliendo il diritto del minore, su un ricorso proposto dai genitori di un alunno portatore di handicap al quale erano state assegnate, per il corrente anno scolastico 2010-2011, nonostante fosse “stato individuato quale soggetto portatore di handicap grave”, soltanto “11 ore di sostegno scolastico su 30 ore di frequenza settimanali effettive”), Polibio ha  richiamato l’attenzione dei suoi lettori alla sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 22-26 febbraio 2010 e alla sentenza del Consiglio di Stato del 23 marzo 2010, sezione sesta, in sede giurisdizionale.

Entrambe le sentenze (quella del Consiglio di Stato faceva esplicito riferimento alla sentenza del Giudice delle leggi) erano state emesse su ricorsi presentati, rispettivamente, dai genitori di due alunni “in proprio e in qualità di esercenti la patria potestà” su figli minori ai quali, nonostante la gravità delle patologie, erano stati assegnati, all’inizio dell’anno scolastico 2008-2009, un insegnante di sostegno “solo per 12 ore settimanali” invece che “per 25 ore settimanali” (scuola elementare in provincia di Catania, per la sentenza della Corte costituzionale) e un docente di sostegno soltanto per 16 ore settimanali invece che per le 33 ore (scuola elementare in provincia di Udine, per la sentenza del Consiglio di Stato) corrispondenti all’intero orario di frequenza. Le sentenze hanno riconosciuto ed affermato “che il diritto del disabile all’istruzione si configura come diritto fondamentale”, individuandosi di conseguenza “il diritto fondamentale dell’istruzione del disabile grave”, che può giungere “ad un numero pari a quello delle ore di frequenza per perseguire al meglio l’obbiettivo dell’integrazione”.

Polibio


Come nel suo precedente intervento sul diritto fondamentale all’insegnante di sostegno aveva anticipato, resta programmato l’intervento di Polibio sulla rubrica “Attenti al lupo”, nel quale, essendogli pervenute, e continuando a pervenirgli, specifiche informazioni sull’attività degli insegnanti di sostegno in determinate scuole della provincia di Catania, vi saranno comunicazioni in ordine ai diritti degli alunni, nonché ai diritti, ai doveri e alle responsabilità degli insegnanti di sostegno.

Un punto di riferimento sicuro e determinante (come evidenziato nell’intervento postato il 29 settembre 2010) è la sentenza della Corte costituzionale (22-26 febbraio 2010, n. 80) che, accogliendo la questione di illegittimità costituzionale sollevata con ordinanza del 26 marzo 2009 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nelle parti in cui era fissato “un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno” ed era esclusa “la possibilità di assumere insegnanti in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente”. La sentenza della Corte costituzionale traeva la sua origine da un provvedimento cautelare emesso dal Tar, sezione staccata di Catania, che aveva accolto il ricorso dei genitori di un’alunna affetta da patologia grave alla quale era stato negato il diritto all’insegnante di sostegno per 25 ore settimanali ed invece le era stato assegnato un insegnante di sostegno soltanto per 12 ore settimanali. Contro il provvedimento cautelare del Tar aveva proposto appello il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Contro la questione di illegittimità costituzionale sollevata dal CGA per la Regione Siciliana era intervenuto in giudizio, rappresentato dall’Avvocatura generale dello Stato, il presidente del Consiglio dei ministri, che chiedeva al Giudice delle leggi di dichiarare inammissibile o infondata la questione sollevata dal CGA, perché comporterebbe “nuove e maggiori spese a carico del bilancio statale senza indicare i mezzi per farvi fronte” e “porterebbe la Corte a sostituirsi al legislatore”. Il Ministero, con la sentenza della Corte che dichiarava l’illegittimità costituzionale delle norme appena sopra indicate, risultava soccombente, perché “il diritto del disabile all’istruzione si configura come diritto fondamentale”, individuandosi di conseguenza il “diritto fondamentale dell’istruzione del disabile grave”, e pertanto non può essergli negato il diritto, tenendo nella dovuta considerazione la specifica tipologia di handicap, all’insegnante di sostegno anche per l’intero orario di frequenza scolastica settimanale (25, 27, 30, 32, 33 ore), “in ragione del fatto che ad un maggior livello di disabilità deve corrispondere un maggior grado di assistenza, al fine di consentire al disabile di superare lo svantaggio e di porlo in condizione di parità con gli altri”.

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, con una sentenza della quarta sezione, n. 17532-2010, depositata in segreteria il 24 settembre 2010, ha riconosciuto le ragioni dei “genitori esercenti la patria potestà sul figlio minore”. Avevano proposto ricorso contro il provvedimento del dirigente scolastico comprensivo statale che aveva riconosciuto al loro figlio minore, “già riconosciuto portatore di handicap con connotazione di gravità ai sensi della legge 104/1992”, soltanto 11 ore settimanali di sostegno scolastico su 30 ore di frequenza settimanali effettive per l’anno scolastico 2010-2011, “chiedendone l’annullamento”, e chiedendo altresì di volere “accertare il diritto del minore ad ottenere un insegnante di sostegno per l’intero orario di frequenza”. Il ricorso è stato ritenuto “manifestamente fondato in relazione alle domande di annullamento del provvedimento impugnato e di accertamento del diritto del minore a giovarsi del sostegno scolastico in generale, quale soggetto affetto da handicap con connotazione di gravità”. Va detto che era stata avanzata, ma è stata ritenuta “palesemente infondata” (come vedremo in seguito), anche la richiesta di volere “accertare il diritto del minore ad ottenere un insegnante di sostegno per l’intero orario di frequenza” anche per gli anni scolastici successivi, oltre al “risarcimento dei danni asseritamente patiti dal discente”.

Anche questa volta, il Ministero dell’istruzione (insieme con l’Istituto comprensivo statale), rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, si è costituito in giudizio per opporsi, in questo caso, alla richiesta dei genitori dell’alunno, al quale era stata riconosciuta la gravità dell’handicap, di ottenere per il figlio il sostegno scolastico per “30 ore di frequenza settimanali effettive”. Ed è risultato soccombente perché, così da parte del Tribunale amministrativo regionale della Campania, “meritano accoglimento le domande” dei genitori dell’alunno disabile “quale soggetto affetto da handicap con connotazione di gravità”. Tuttavia, “le spese di lite” sono state “integralmente compensate”, “attesa la parziale reciproca soccombenza”: cioè, l’essere stato ritenuto il ricorso “manifestamente fondato in relazione alle domande di annullamento del provvedimento impugnato e di accertamento del diritto del minore a giovarsi del sostegno scolastico in generale, quale soggetto affetto da handicap con connotazione di gravità” e “palesemente infondato sia in relazione alle domanda di preventiva quantificazione delle ore di sostegno di cui il minore dovrebbe giovarsi negli anni futuri, che in relazione alla domanda di risarcimento dei danni”. Ebbene, da ciò si potrebbe dedurre che il Ministero dell’istruzione sarebbe stato condannato al pagamento delle “spese di lite” se la richiesta dei genitori dell’alunno disabile si fosse limitata, ottenendone riscontro positivo, soltanto all’accertamento, da parte del Tar, come in effetti è positivamente avvenuto, del “diritto del minore all’assegnazione del numero di ore di sostegno adeguato alla sua patologia”. Nella sostanza, un’indicazione che, nel complesso e nel particolare, appare alquanto preziosa: per avanzare una domanda di risarcimento per “danni cosiddetti esistenziali” bisogna fornire, e nel caso in ispecie non c’è stato, “qualsivoglia profilo di prova in ordine al pregiudizio sofferto dal minore per la mancata tempestiva attivazione delle prestazioni di sostegno a suo favore”, “mentre la sussistenza di un danno non patrimoniale risarcibile di cui all’art. 2059 c.c. deve essere dimostrata, sempre secondo la S.C., anche quando derivi dalla lesione di diritti inviolabili della persona, dal momento che costituisce ‘danno conseguenza’, e non ‘danno evento’”. In definitiva, è assolutamente meglio procedere separando i diversi aspetti, limitandosi a rivolgersi al Tar con un ricorso soltanto per ottenere per il figlio o per la figlia disabile, riconosciuta la gravità dell’handicap, l’insegnante di sostegno “per un numero di ore pari a quello delle ore settimanali di frequenza” e comunque “nella misura motivatamente necessaria per perseguire al meglio l’obbiettivo dell’integrazione del disabile nelle condizioni date”. E limitarsi all’anno scolastico in corso, perché risulterebbe palesemente infondata la domanda di “preventiva quantificazione delle ore di sostegno di cui il minore dovrebbe giovarsi negli anni futuri”.

“Il concreto esercizio del diritto” all’insegnante di sostegno “non si presta ad essere cristallizzato in una formula unica ed immutabile”, perché “il dimensionamento della prestazione di sostegno ha carattere sostanzialmente dinamico, dovendo essere correlato all’andamento della patologia da cui il minore è affetto, riguardo alla possibilità di recupero della persona disabile”; quindi, anche all’aggravarsi della patologia. Infatti, in applicazione dell’art. 12 della legge 104/1992, dopo l’accertamento sanitario “che dà luogo al diritto a fruire delle prestazioni stesse”, si deve procedere con l’elaborazione del “profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante psico-pedagogico individuato”. Il profilo dinamico-funzionale, così nella sentenza del Tar della Campania, “indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata, che deve essere seguito da periodiche verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente scolastico, ed è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore: tutti adempimenti cui l’Amministrazione è tenuta a dare”. Resta da verificare il corretto svolgimento, mentre risulta che le schede individuali non vengono immediatamente trasferite da un grado all’altro di scuola, né vengono richieste altrettanto celermente. Tutt’altro, anzi.

Passata in decisione dopo che in occasione della camera di consiglio fissata per la prosecuzione della trattazione dell’istanza cautelare il presidente del Collegio aveva dato avviso alle parti della sussistenza dei requisiti per una decisione in forma semplificata, la controversia in esame si prestava, in diritto, “ad essere definita direttamente nel merito con sentenza in forma semplificata sin dalla presente fase cautelare, ai sensi dell’art. 60 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, in quanto il ricorso era “manifestamente fondato in relazione alle domande di annullamento del provvedimento impugnato”, perché la connotazione di gravità dell’handicap del minore era tale da ritenere assolutamente necessario, essendo stato accertato il diritto a giovarsene,  il “sostegno scolastico in generale”: cioè, 30 ore su 30 ore “di frequenza settimanali effettive” e non le 11 ore riconosciute nel provvedimento del dirigente scolastico. Una sentenza, questa del Tar della Campania, emessa con immediatezza, “definitivamente” pronunciandosi il giorno 22 settembre 2010 (la sentenza è stata depositata in segreteria due giorni dopo), per l’anno scolastico 2010-2011, sul ricorso, avverso il provvedimento emesso il 15 giugno 2010 dal dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo statale frequentato dal proprio figlio, proposto dai genitori esercenti la patria potestà sul figlio “riconosciuto portatore di handicap con connotazione di gravità ai sensi della legge 104/1992”. Nel caso in esame, così ancora nella sentenza del Tar della Campania, sussistevano “tutti i presupposti di legge per riconoscere in favore del minore il diritto ad essere destinatario delle attività di sostegno, di cui all’art. 35, comma VIII, della legge 289/2002, secondo il quale ‘ai fini dell’integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicap si intendono destinatari delle attività di sostegno, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, gli alunni che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva”. Per quanto concerne l’individuazione dell’alunno “come soggetto portatore di handicap provvedono le aziende sanitarie sulla base di accertamenti collegiali”. Ai sensi dell’art. 40 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997, il ricorso all’amplia flessibilità organizzativa e funzionale deve essere tale da “garantire in ogni caso all’alunno bisognevole l’integrazione scolastica attraverso il miglioramento delle sue possibilità nell’apprendere, comunicare e socializzare”. La sentenza del Tar della Campania pone, tra quanto ritenuto in diritto, anche la recente sentenza n. 80 del 22 febbraio 2010, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 413 e 414 dell’art. 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nelle parti in cui era fissato un limiti massimo al numero di posti degli insegnanti di sostegno e in cui era esclusa la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga; disposizioni censurate in quanto “avevano inciso sul ‘nucleo indefettibile di garanzie’ a presidio del diritto all’educazione dei disabili in stato di gravità”.

Appare del tutto evidente la possibilità di ottenere dal Tribunale amministrativo regionale, essendo già stato “accertato il diritto del minore a giovarsi del sostegno scolastico quale soggetto affetto da handicap con connotazione di gravità” (e comunque quale soggetto affetto da handicap) sulla base di accertamento collegiale al quale deve provvedere l’azienda sanitaria locale di riferimento, la definizione della controversia direttamente nel merito con sentenza in forma semplificata sin dalla fase cautelare, ordinando che sia eseguita dall’autorità amministrativa, cosicché al minore riconosciuto portatore di handicap con connotazione di gravità ai sensi della legge 104/1992 venga assegnato con immediatezza l’insegnante di sostegno per il numero di ore di frequenza settimanale nelle diverse aree disciplinari. Ovviamente, tenendo presente che nella scuola secondaria l’orario di cattedra dei docenti è di 18 ore settimanali, che nella scuola primaria è di 22 ore settimanali e nella scuola dell’infanzia è di 25 ore settimanali. E che, pertanto, diversamente da come accade tuttora con l’assegnazione di un solo insegnante di sostegno limitatamente alle sue ore settimanali di cattedra (con la conseguenza che l’alunno affetto da disabilità con connotazione di gravità rimane in classe senza insegnante di sostegno e magari viene portato dall’assistente igienico-sanitario, se c’è e se è disponibile, a “passeggiare” nei corridoi o nel cortile della scuola), per coprire una frequenza settimanale di 27, 30 o 33 ore si rendono necessari più insegnanti di sostegno, appartenenti alle diverse aree disciplinari di competenza (fermo restando che nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria gli insegnanti sono competenti per tutte le attività didattiche e disciplinari); aree disciplinari che si distinguono in tecnica, umanistica, scientifica e psico-motoria.
Ed è di altrettanta tutta evidenza che a sostenere le spese per ottenere per il figlio disabile il riconoscimento giudiziale di quel diritto che il Ministero dell’istruzione (o chi per lui) ha violato o negato, non possono e non debbono essere i genitori ricorrenti. Risultando il loro ricorso “manifestamente fondato” (e ripeto il suggerimento di formulare un’unica domanda, e cioè quella relativa “alla sussistenza delle condizioni previste dalla legge affinché sia riconosciuto in capo al minore il diritto soggettivo assoluto a fruire delle attività di sostegno ai sensi dell’art. 3, comma 1, della legge 104/1992”) in relazione alla domanda, le “spese di lite” non possono e non debbono essere compensate fra le parti, perché a violare la norma di legge, la legittimità costituzionale e il diritto del disabile è stata l’amministrazione pubblica rappresentata dal ministro dell’Istruzione. Peraltro, la sistematica condanna del Ministero dell’istruzione a pagare le “spese di lite” sostenute dai genitori ricorrenti potrebbe servire da dirimente, e cioè a risolvere sul piano squisitamente amministrativo ed in tempi assolutamente brevi e del tutto esenti da spese una questione sulla quale il diritto dell’alunno disabile all’insegnante di sostegno per le ore settimanali che sono state riconosciute necessarie sulla base di accertamento collegiale non potrà giammai essere disconosciuto da una sentenza per il semplice fatto che la giustizia amministrativa trova riferimento nelle disposizioni di legge e nella Costituzione della Repubblica italiana.

In definitiva, soprattutto se il figlio o la figlia è portatore o portatrice di disabilità riconosciuta grave e per la quale si ha il diritto costituzionalmente protetto ad avvalersi di insegnanti di sostegno per tutte le ore di frequenza settimanale della scuola, ma anche nei casi di riconosciuta disabilità in ordine alla quale si ha diritto all’insegnante di sostegno per un numero parziale delle ore settimanali di frequenza scolastica (sempre con l’individuazione dell’area disciplinare di riferimento per quanto concerne il docente di sostegno nella scuola secondaria, che dopo la laurea, e prima di conseguire la specializzazione per il sostegno ai disabili, deve aver conseguito almeno una delle abilitazioni previste per l’insegnamento), bisogna agire con immediatezza. Pertanto, si evidenzia come assolutamente fondamentale e necessario che i genitori che esercitano la patria potestà sul figlio o sulla figlia disabile si riferiscano agli enti, alle associazioni dei genitori, alle associazioni volontarie di disabilità e alle associazioni italiane dei disabili che operano a livello territoriale, nonché alle organizzazioni sindacali a tutti i livelli territoriali, soprattutto alle strutture provinciali dei sindacati del comparto scuola, affinché, anche attraverso i loro uffici legali e la competenza degli avvocati di riferimento, intervengano e rivendichino, con motivati ricorsi, che agli alunni disabili sia dato il dovuto riconoscimento del diritto, costituzionalmente protetto, ad usufruire dell’insegnante o degli insegnanti di sostegno durante le ore settimanali di frequenza scolastica che, a seguito e quale conseguenza dell’accertata gravità della disabilità e del livello di disabilità (difficoltà o perdita totale o parziale della vista e/o dell’udito, difficoltà motorie, sindrome di Down, autismo, ecc.), sono state riconosciute assolutamente necessarie.

Si tratta dell’assoluta affermazione e della piena attuazione di un diritto costituzionalmente protetto, e sancito da numerose norme di legge, nei confronti degli alunni disabili, che nella fattispecie conduce anche all’attuazione di un altro diritto anch’esso costituzionalmente protetto: il diritto al lavoro, sul quale è fondata l’Italia quale Repubblica democratica (un diritto riconosciuto dalla Repubblica a tutti i cittadini insieme con l’impegno a promuovere le condizioni che lo rendano effettivo), per gli insegnanti di sostegno, soprattutto nell’attuale tempo dello “storico” licenziamento di massa di decine di migliaia di docenti che scaturisce da una cosiddetta “riforma della scuola” (dalla quale in effetti la scuola viene sbrindellata e sbriciolata, squinternata e scompigliata, con gravissimo danno alla formazione degli studenti, che invece, nella società della conoscenza, è fondamentale per lo sviluppo economico e per la competizione internazionale, e con l’università destinata a fare il paio quale conseguenza di una falsa riforma che ha il solo irrazionale ed inconcepibile scopo di “risparmiare” sulla didattica, sulla ricerca scientifica e sulla formazione professionale degli studenti) definita, addirittura con “orgoglio”, “storica ed epocale” dal ministro Mariastella Gelmini, ma che è servita per nascondere l’incapacità di recuperare dalla colossale evasione fiscale gli otto miliardi di euro che alla scuola sono stati impropriamente, irrazionalmente ed irragionevolmente sottratti.

Polibio