L’intesa sull’apprendistato della Regione Lombardia. Il disegno di Formigoni e Gelmini di Antonio Valentino da ScuolaOggi 4.10.2010 La Lombardia apripista. Meglio, la prima della classe, com’è nello stile del Governatore Formigoni. Il riferimento è all’intesa recente (27 settembre) tra il Ministro Gelmini, il Ministro Sacconi e Formigoni, appunto.
Premessa: nel gennaio
2010, nella Commissione Lavoro della Camera, un parlamentare PdL,
certo Cazzola, presentò un emendamento alla legge in vigore
sull’apprendistato (D.Lgs 276/2003), tendente ad anticiparlo a 15
anni come canale per l’assolvimento dell’obbligo. Ne seguì un
dibattito acceso il cui esito è stato una disposizione finale che
rimetteva alle Regioni la regolamentazione relativa al limite di età
e non solo. Ma prevedeva, se non erro, un successivo passaggio nella
Conferenza Stato-Regioni. Vediamone i punti qualificanti: - i contratti di apprendistato verranno promossi nella Regione Lombardia (RL) per realizzare il diritto dovere di istruzione e formazione (recepimento totale dell’ "emendamento Cazzola”) - Finalità della “prima fase di attuazione dell’A: individuare un modello per il raggiungimento delle Qualifiche Professionali - La RL mette a disposizione “risorse già definite con le associazioni di rappresentanza del comparto artigiano…”. In premessa, tra l’altro, si citano - il c.4 bis dell’art. 64 della L. 133/08, riguardante l’assolvimento dell’obbligo nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (doveva essere un argine: ci voleva un ministro sedicente socialista per farlo saltare) - il c. 3 dell’art. 2 del DPR 8 7/2010 (nuovo Regolamento per l’Istruzione Professionale), “che consente agli Istituti di svolgere, in regime di sussidiarietà, un ruolo integrativo e complementare…ai fini del conseguimento, anche nell’esercizio dell’apprendistato, di qualifiche di Istruzione e Formazione Professionale…”. (Nessuno era riuscito finora a spiegare, sul piano logico-formale, il senso dell’inciso sull’apprendistato; ma evidentemente c’era dietro un pensiero lungo, che si sarebbe col tempo “appalesato”: e il tempo è finalmente arrivato e l’oscurità rischiarata).
- che l’apprendistato costituisce percorso valido per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione - che viene superata la norma, che fissa, per il contratto da apprendista, il limite a 16 anni; superamento che può significare che un limite non c’è e che l’apprendistato per assolvere l’obbligo scolastico può cominciare anche all’uscita dal primo ciclo (ex terza media). Ci dice inoltre - Che questa intesa ha naturalmente un costo e che i principali fruitori delle risorse finanziarie previste sono le aziende artigianali; - Che potrà essere conseguito, anche attraverso l’apprendistato, la qualifica professionale; senza però ulteriori specificazioni.
1. Nessuno nega ovviamente che il lavoro abbia un valore educativo e che l’azienda possa essere una scuola di vita e l’ambiente più adatto per imparare un mestiere e acquisire competenze per una qualifica professionale. Né è in discussione l’importanza dell’apprendistato e le possibili necessarie alleanze della scuola col mondo delle imprese e del lavoro per una formazione professionale qualificata e per una buona formazione tout court.
2. Ciò che va però
richiamato al riguardo è che la legge per l’innalzamento
dell’obbligo di istruzione – e “l’obbligo” costituzionale a cui si
collega – parla d’altro: parla del cittadino, delle competenze
chiave, della cultura di base. Non di altro. Strategie e percorsi
possono essere diversi, ma le responsabilità non possono non essere
in capo a istituzioni e soggetti qualificati per obiettivi che hanno
a che fare con la formazione della cittadinanza.
3. E’ indubbio che
intese come quella sottoscritta recentemente vanno lette anche come
effetto di un almeno parziale fallimento del mondo della scuola sul
fronte del contrasto all’insuccesso scolastico e al fenomeno degli
abbandoni, soprattutto nei primi due anni della scuola superiore.
Tale disegno si evidenzia attraverso il paradosso – apparente – che c’è dietro l’intesa. Paradosso che si esprime nel fatto che, per le azioni di recupero del disagio sociale, non si pensa di potenziare le istituzioni preposte, qualificandone contenuti, migliorando la preparazione di docenti ecc. ecc.; ma si cerca di affidarle a soggetti che hanno altre funzioni e compiti. E ciò nella presunzione che il lavoro sia in sé strumento taumaturgico. In ragione di questo paradosso, non è difficile cogliere la “visione” del Governatore – che è la “visione” di questo governo – da cui nasce il disegno di privatizzare al massimo l’istruzione e la formazione, appaltandola a strutture ed enti che pure hanno altre “missioni”. E spacciando il tutto come modernità e “valorizzazione del capitale umano” (Formigoni).
Si capisce in questa
luce la politica di depotenziare di fatto l’istruzione e la
formazione pubblica, permettendo operazioni che introducono nel
sistema elementi di discriminazione e costituiscono di fatto
strumenti di iniquità e immobilismo sociale. Penso che le parole d’ordine di quanti ritengono che questo tipo di intesa sia iniquo e rischioso - e che confligga con l’idea di un paese più giusto e bisognoso di mobilità sociale - debbano tendere a spingere le altre regioni a fare scelte diverse e a chiedere con tenacia e insistenza ● che le risorse che si investono in queste operazioni vadano piuttosto investite nella scuola pubblica; ● che la scuola pubblica vada seriamente qualificata con forti investimenti e non coi tagli. Ma devono anche essere volte a richiamare a noi stessi che la scuola deve sviluppare consapevolezza ● del depotenziamnto della sua funzione sociale che c’è dietro scelte di questo tipo; e quindi ● della necessità di diventare protagonista del suo cambiamento e della sua “riforma”: condizione necessaria per impedire o almeno contrastare alle origini le ragioni di un ricorso al canale dell’apprendistato, nelle regioni in cui si sottoscrivessero intese uguali a quella lombarda.
Senza tale riforma
nessuna altra è possibile e i problemi di cui parliamo sarebbero
destinati a rimanere tali o a permettere e legittimare soluzione
sbagliate. |