Scuola e inclusione:
un po' di dati e qualche proposta
«Servono più risorse per la scuola, ma anche più
qualità in termini di attività formative e impegno a produrre buoni
risultati. Certo dipende dalle risorse, dagli ordinamenti, ma anche
dagli insegnanti». Lo ha recentemente dichiarato il presidente della
Repubblica Napolitano e prendendo spunto da quelle parole, con la
presente analisi vengono esaminati una serie di dati, riguardanti il
numero degli studenti, disabili e non, le risorse economiche e umane
assegnate nelle varie zone d'Italia, arrivando a formulare una
proposta che consenta di migliorare la situazione per tutti gli
alunni
di
Giovanni Mordente*
da
Superando
12.10.2010
Recentemente, al
Giffoni Film Festival, il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano ha affrontato con i ragazzi le tematiche
relative alla crisi in cui si dibatte il sistema scolastico:
«Servono più risorse per la scuola - ha dichiarato - ma anche più
qualità in termini di attività formative e impegno a produrre buoni
risultati. Certo dipende dalle risorse, dagli ordinamenti, ma anche
dagli insegnanti».
Con il conforto dell’analisi di alcuni dati, certamente non
esaustiva, intendiamo qui soffermarci sulla quantità e sulla
qualità delle risorse a disposizione delle scuole, sugli
ordinamenti scolastici e sui gradi di
libertà dei docenti in funzione dell’offerta formativa
proposta agli alunni con disabilità e alle cosiddette "eccellenze"*.
Numero degli studenti
Come si puo vedere
dalla Tabella 1 (cliccare
qui), gli alunni con disabilità non
sono equamente distribuiti sul territorio (la Lombardia, ad
esempio, rispetto alla Campania, a fronte del 14% in più di alunni
globali - 1.094.333 contro 956.137 - ha il 28% in più di alunni con
disabilità - 26.738 contro 20.875 -. Di converso, in Puglia,
rispetto al Piemonte, è presente il 28% in più di alunni globali -
651.880 contro 510.058, ma solo il 4% in più di alunni con
disabilità - 13.205 contro 12.745).
Non essendovi più enclaves che possano giustificare
danni genetici concentrati, il fenomeno può essere dovuto
esclusivamente alle diverse modalità di certificazione.
Nella fattispecie, quindi, Lombardia e Piemonte includono fra gli
alunni disabili quelli magari "borderline", che in Campania o in
Puglia non vengono classificati come disabili. La
conseguenza è che in queste due ultime Regioni gli alunni
certificati sono mediamente più gravi e quindi vi è
un rapporto alunni/docenti più basso.
Da notare poi che se si estendessero a livello nazionale i parametri
utilizzati in Piemonte, avremmo un aumento del numero di alunni
certificati come disabili pari a 11.000 circa,
mentre usando quelli lombardi l’aumento sarebbe "solo" di
7.000. Di contro, usando a livello nazionale i criteri
campani o pugliesi, gli alunni disabili si ridurrebbero
rispettivamente di 13.000 o addirittura di
25.000 unità.
Differenze macroscopiche, queste, che denotano una carenza
di governance del sistema, sia
nella strutturazione dei protocolli, sia quando la risposta al
problema didattico posto dalla disabilità viene successivamente
affidata al solo rapporto docente di sostegno-alunno,
nella mancanza di un quadro ordinamentale in cui possano trovare
risposte adeguate alunni, docenti e genitori di una qualsivoglia
parte d’Italia.
Risorse economiche e risorse umane
Lo Stato utilizza per
il sistema istruzione risorse economiche - ancorché troppo
basse rispetto agli altri Paesi - sostanzialmente
equilibrate tra le singole Regioni. Lo stesso purtroppo non avviene
per le risorse aggiuntive a carico degli Enti Locali, come si può
vedere consultando la Tabella 2 (cliccare
qui).
Le risorse economiche dello Stato, infatti, sono per lo più
destinate agli emolumenti al personale (90% circa), mentre quelle di
Enti Locali e Regioni sono utilizzate da Comuni e Province per la
manutenzione delle scuole (41.500 circa di cui
4.900 circa a carico delle Province), per gli emolumenti e
per le spese correnti e di investimento.
La differenza tra i contributi delle Regioni al sistema scolastico -
notevolissima e non giustificata dal diverso numero di plessi
scolastici - si riverbera naturalmente sulla qualità
dell'offerta formativa. Non a caso le scuole emiliane, che
hanno il più alto valore di trasferimenti, sono state studiate anche
da istituzioni straniere.
Si veda ora la Tabella 3 (cliccare
qui), che ripartisce le risorse finanziarie
provenienti dagli Enti Locali, dividendole tra Nord, Centro, Sud e
Isole.
Qui si può notare che al sistema istruzione del Sud mancano
un miliardo e mezzo di euro annui per una piena
equiparazione tra le offerte formative. Una differenza, questa,
che si ripercuote sullo sviluppo nazionale perché non permette al
sistema istruzione di produrre "eccellenze", e di trattenerle in
loco, con una perdita di potenzialità di ricchezza nazionale.
La singolarità della situazione evidenzia poi un fatto non
controverso: che il Sud, nonostante i ridotti contributi,
ha un divario - rispetto alla media nazionale - solo dell’8% (test
PISA OCSE) e la Campania ancora più ridotto con il suo 4% circa. Se
rapportiamo questo dato ai ridotti finanziamenti alle scuole, ciò
significa un'efficienza e una produttività del 10-15%, superiore
alle scuole del Centro-Nord: vi sono quindi "eccellenze" che
potrebbero emergere, ma che non possono farlo perché non
alimentate. Ne discende anche che - se vogliamo affrontare
la sfida mondiale - debbono essere liberati quegli spiriti capaci,
anche in condizioni avverse, di riuscire comunque a raggiungere
risultati notevoli. A Nord come a Sud.
Necessita in sostanza una profonda rimodulazione dei
rapporti interni alle singole scuole e una governance
locale e nazionale che affronti la sfida della conoscenza
guardando alla scuola, di ogni ordine e grado, non solo come
consumatrice di servizi, ma come produttrice di cultura
in grado di competere a livello globale e porsi come
fornitrice di metodiche, sussidi e contenuti ai sistemi scolastici
europei e occidentali.
Una proposta
La necessità di
investire in conoscenza e innovazione e di coordinare meglio i
livelli di governance del sistema di istruzione e formazione,
porta a riproporre un intervento uniformemente distribuito
sul territorio nazionale che faciliti l’erogazione di
servizi agli alunni, sia disabili che "eccellenti", accrescendone
l’efficacia e diminuendone nel contempo i costi.
Tale intervento - a parere di chi scrive - potrebbe attuarsi
portando un numero definito di scuole - 5.000 circa - ad accogliere
mediamente due alunni con disabilità per ogni classe e al contempo
dotare le scuole di attrezzature, servizi e gradi di libertà che
permettano di costruire curricoli didattici in grado di dare
risposte ai disabili e alle "eccellenze".
Aumento dei gradi di libertà dei
docenti ed elezione del Dirigente Scolastico
Riteniamo sia
necessario liberare risorse intellettuali da mettere a disposizione
della crescita anche economica della comunità. Non si dimentichi che
la scuola ha -insieme all’università e alla ricerca - la più
alta concentrazione di laureati nelle più diverse discipline. Si
potrebbe quindi fare leva sulle conoscenze e sulla professionalità
acquisita, nonché sulla possibilità di agire "in squadra", per
facilitare l'ideazione e la realizzazione di sussidi, protocolli e
curricoli didattici.
Tali sussidi e protocolli potrebbero essere commercializzati da
cooperative sociali a livello provinciale che gestirebbero anche i
diritti di autore dei docenti realizzatori.
E ancora, la presenza di un Direttore Amministrativo in ogni
scuola - alter ego del Dirigente - permetterebbe di
corresponsabilizzare maggiormente il personale scolastico che
deciderebbe - attraverso l’elezione del Dirigente scolastico e del
suo team, da parte dei docenti, del personale ATA
[Amministrativo, Tecnico e Ausliario, N.d.R.] e dei genitori del
Consiglio di Istituto - la politica scolastica, adeguandola
ai continui sviluppi della conoscenza. Il Dirigente
resterebbe in carica - senza perdere il contatto con la didattica e
quindi con esonero parziale - per i tre anni o cinque anni del corso
di studi.
Questa nuova responsabilità, unita alla possibilità di poter
esprimere al meglio la propria professionalità, condurrebbe i
docenti ad essere sempre più attenti all'evoluzione della
didattica e dei contenuti della propria disciplina, con
rimarchevoli ricadute sul processo formativo degli alunni.
Scuole particolarmente attrezzate
Qui l’intervento
dovrebbe essere concentrato nelle scuole primarie e
secondarie di primo grado, quando - per l’età degli alunni
- è maggiore la possibilità di recuperare abilità
intellettive, sociali e di relazione che consentiranno
successivamente una minore pressione sull’assistenza pubblica.
Circa cinquemila scuole, sull’intero territorio nazionale,
vedrebbero dunque potenziata l’offerta formativa mediante l’adozione
di curricola standard e la dotazione standard di attrezzature e
sussidi materiali e informatici, concentrando su di esse le risorse,
nazionali e locali, che attualmente vengono disperse in
molteplici direzioni, certi che quanto investito avrà
un'incidenza pluriennale sull’attività didattica.
Da notare, per altro, che - almeno nelle grandi città - è già in
atto una concentrazione informale di alunni con disabilità in alcune
scuole che vengono ritenute dai genitori più rispondenti alle
necessità dei figli.
L’attività formativa avverrebbe all’interno di un protocollo
nazionale che definirebbe le proposte formative per le
singole tipologie di disabilità e sarebbe organizzata in base a
progetti che prevedano interventi scolastici integrati nelle
classi comuni.
Mutuando una scelta attuata ad esempio in Belgio, potrebbero
essere previste otto categorie di disabilità (disabilità mentali
leggere; disabilità medie e gravi; problemi comportamentali e della
personalità di grave entità; disabilità fisica; allievi
ospedalizzati; disabilità visive; disabilità uditive; disabilità
strumentali).
Tale approccio consentirebbe di offrire i necessari servizi
all'utenza con una notevole riduzione, a regime, delle
risorse impiegate. Si tratterebbe inoltre di un approccio
sistemico che oltre a utilizzare meglio il personale,
consentirebbe anche - in raccordo con il mondo universitario - di
autoprodurre sussidi (basati essenzialmente su
nuove tecnologie) e metodiche, alimentando un
circolo virtuoso le cui peculiarità stimolerebbero gli alunni
"eccellenti" a partecipare e a dare prova delle loro capacità.
*«"Eccellenti" ed "eccellenze" - spiega Giovanni
Mordente - sono termini usati alcune volte in questo testo, a fianco
degli alunni con disabilità, proprio per sottolineare il comune
destino di queste "minoranze" che non trovano nella scuola risposte
adeguate alle proprie necessità». «Li accomuna - continua -
l'impossibilità di accedere a sussidi, metodiche e strutture che
consentano il pieno dispiegarsi delle loro potenzialità. Infatti la
scuola attuale è strutturata per un ipotetico "alunno medio"
e ciò, ovviamente, significa che gli "eccellenti" sono costretti a
"volare basso" e i disabili a non utilizzare le proprie
capacità. Una scuola ben attrezzata, invece, dovrebbe dare
risposte agli uni e agli altri, ben sapendo che di queste risposte
beneficerebbero anche tutti gli altri alunni».
* Presidente
del CIRIS (Centro di Iniziative e Ricerche Insegnanti
Specializzati),
ciris_salerno@libero.it.
Ricordiamo ancora che le tre Tabelle su cui è basata la
presente analisi sono visionabili cliccando rispettivamente
qui,
qui e
qui