A scuola nell'intervallo La Gazzetta del Mezzogiorno, 11.10.2010 Beh, sì, si resta sorpresi, ma poi non molto. La Bat, la nuova provincia di Barletta-Andria-Trani offre ai privati la sponsorizzazione degli arredi delle scuole superiori. E lo fa ufficialmente, attraverso un avviso di gara pubblicato sul suo sito internet. Gli arredi richiesti sono banchi e sedie, anzi, «uno o multipli del completo banco+sedia alunno, per un importo di 69,80 oltre IVA ( 49.90 per il banco ed 19.90 per la sedia) », come dice l’avviso. In cambio lo sponsor potrà mettere su ogni completo «una placca o pannello o altro delle dimensioni di cm. 10 x 5» sul quale sarà inciso il nome della ditta e se lo vorrà, anche un messaggio. Insomma, ad Adro hanno riempito la scuola di soli delle Alpi per motivi ideologici, a Barletta, più pragmatici, accettano placche per schietti motivi economici. D’altronde, la scuola italiana dei nostri giorni ricorda molto i cavalli di monsignore, a cui fu tagliata la biada ogni giorno di più, finché morirono. E così alla Bat hanno pensato: che male c’è se…? «Quel bando ci è sembrato opportuno», ha detto l’assessore all’Istruzione. «Stavamo valutando un po’ tutte le richieste che ci erano arrivate da parte dei dirigenti scolastici e ci siamo resi conto che le iscrizioni alle prime classi ci stavano mandando un po’ fuori programmazione. Così ci siamo dovuti inventare qualcosa». Si sa, la necessità aguzza l’ingegno. Così se l’iniziativa avrà successo i ragazzi si siederanno sul logo della Macelleria «Lo sfizio della carne» (esiste) e poggeranno i libri sullo slogan della pescheria «Marechiaro». Altri avranno il pub «Transilvania» (esiste anche questo) o la merceria «Ai due bottoni». Naturalmente se lo sponsor, o il suo messaggio non incontra i gusti dell’alunno, il ragazzo potrà sempre far cambio con un compagno. Magari ci sarà un po’ di movimento in classe, ma la pubblicità avrà raggiunto il suo target , e l’anno prossimo la scuola avrà più sedie e più banchi. A proposito: se malauguratamente l’iniziativa non avesse il successo sperato (ricordiamoci che la crisi è ancora lì che morde) banchi e sedie saranno estratti a sorte fra gli alunni? E gli sfortunati resteranno in piedi a turno o si faranno venire le vene varicose per il resto dell’anno? Oppure sarà costretto a provvedere il fantasioso assessorato all’Istruzione provinciale, o magari l’insensibile ministero nazionale? Qualcosa ci dice che la ministra Gelmini (che non è Crudelia De Mon ma una vittima anche lei dell’i m p l a c ab i l e ministro Tremonti) sarà contenta dell’iniziativa barlettana. E per l’anno prossimo si potrebbe allargare il ventaglio dell’offerta promozionale. Perché, per esempio, tralasciare la lavagna, magari una «Lim», la lavagna interattiva multimediale, che è lì di fronte a tutta la classe, e quindi è perfetta per un messaggio pubblicitario con gli effetti speciali dell’informatica? E l’aula? Non esistono già, specie nelle università, aule intitolate a grandi professori, scienziati, premi Nobel? Ecco; e qual è la differenza fra uno sponsor e uno studioso? Che lo sponsor dà i soldi e lo studioso no, diciamolo. Si tratta di essere pratici, anzi pragmatici, andiamo. E l’intera scuola? Per cominciare perché continuare a chiamarla scuola, che è una parola che solo a sentirla i ragazzi non ne vogliono sentir parlare, scusate il bisticcio di parole? Proviamo a chiamarla Palaqualchecosa, cioè il nome dello sponsor; intanto incassiamo dei gran soldi, altro che «uno o multipli del completo banco+sedia alunno, per un importo di 69,80 oltre IVA»; e poi i ragazzi vedrete che corrono, convinti come sono di andare a un concerto, che detto fra di noi si potrebbe organizzare, che male c’è? E poi, per scendere nello spicciolo, perché a ogni cambio dell’ora non ci possono essere i consigli per gli acquisti? E nell’in - tervallo non possiamo fare una telepromozione dal vivo? E insomma, un po’ di fantasia, andiamo! E per dimostrare che una scuola così non perderebbe nulla della sua valenza culturale, ricordiamoci che pecunia non olet, tiè! Certo, una scuola sponsorizzata (ma potrebbe anche essere griffata, che suona meglio) sembra un po’, come dire?, poco pubblica, poco statale; ma queste sono fisime retrive, antiquate, scusate. Sapete come si chiamava il ministero fino a qualche anno fa? Ministero della Pubblica Istruzione; adesso invece solo della Istruzione, che può essere benissimo privata. E siccome è paritaria, ha diritto anche lei ai contributi dello Stato, no? Tanto, la scuola pubblica, soprattutto nella Bat, ha già gli sponsor! |