Una bolgia di responsabilità nella sostituzione
dei docenti durante le assenze brevi

Polibio, AetnaNet 3.10.2010

Nella scuola dissestata della cosiddetta “riforma epocale” della quale è “orgogliosa” il ministro Mariastella Gelmini, la “riforma” più “radicale” e sconvolgente (soprattutto per i licenziamenti di massa) dopo l’edificio “storico” (tale per aver privilegiato soprattutto la classe medio-borghese e per la spietata selezione che colpiva i figli dei contadini e quelli degli operai, a gran parte dei quali l’istruzione restava sostanzialmente negata, oltre a venirne privati del tutto gli altri, irriducibilmente poveri) costruito da Giovanni Gentile nel 1923 - ministri che in comune hanno l’iniziale “G” del loro cognome e il “maestro unico” -, ci troviamo di fronte a condizioni tali che continuano a causare danno non indifferente all’istruzione e alla formazione degli alunni. Conseguenza attribuibile all’assurda politica del risparmio che ha sottratto risorse finanziarie per quasi otto miliardi di euro alla scuola (indicata dal presidente del Consiglio dei ministri con la “riduttiva” ed inappropriata espressione “ammortizzatore sociale”), portando anche al licenziamento di oltre centoventimila lavoratori tra docenti e personale amministrativo e tecnico per essere state gonfiate a dismisura, in violazione delle norme di legge sulla sicurezza, le classi, oggi anche con più di 30 alunni, da “collocare” in aule destinate ad accoglierne, tuttavia soltanto se rispondenti alla superficie prescritta, al massimo 25.

Nella scuola primaria, oltre alla riduzione del numero delle classi per essere stato gonfiato il numero massimo di alunni per ciascuna classe (peraltro in moltissimi casi ampiamente ed arbitrariamente gonfiato), è stata eliminata la compresenza dei docenti nei moduli didattici, che erano costituiti da raggruppamenti di due o di tre classi rispettivamente affidati a tre o a quattro insegnanti (comportanti l’aggregazione degli insegnamenti in ambiti disciplinari), integrati dai docenti di religione e di lingua straniera. E se è vero che nell’organizzazione e nella conduzione delle attività in compresenza ci sono state pecche, chiamiamole così, derivanti dall’incapacità di gestione e di controllo da parte di chi aveva il dovere e la responsabilità di provvedere, è anche vero che nella stragrande maggioranza dei casi l’organizzazione per moduli didattici era ed è stata assai utile per gli alunni, anche perché era possibile programmare e realizzare attività di recupero individuale e per gruppi appositamente individuati.

Essendo stato gonfiato il numero di alunni per classe ed essendo state eliminate le compresenze degli insegnanti, che tuttavia erano soltanto di poche ore per settimana, ma comunque assolutamente necessarie e utili, una legittima ed articolata domanda viene posta dai docenti, e viene posta anche da me, a chi ha l’obbligo di rispondere: cosa si deve fare, con riferimento agli aspetti più comuni e più frequenti, quando un insegnante si assenta per un numero di giorni da uno a cinque per motivi di salute (e addirittura di più nelle scuola secondaria di primo e di secondo grado prima di poter nominare supplente un insegnante “precario”), oppure per un permesso breve (per la scuola primaria, 22 o 24 ore nel corso dell’anno scolastico, rispetto alle 18 ore della scuola secondaria, da recuperare entro i due mesi lavorativi successivi), oppure per uno (o due ) dei tre (o di tutti e tre) giorni di permesso retribuito, oppure per un giorno o per più giorni dei sei giorni di ferie fruibili durante le attività didattiche per sopravvenuti motivi personali e familiari documentati anche mediante certificazione, oppure per il diritto allo studio fino a 150 ore l’anno ripartite anche in tempi di due o tre ore in determinati giorni non consecutivi, oppure perché facenti parte della rappresentanza sindacale unitaria, oppure perché in permesso sindacale, oppure perché rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (fino a 40 ore in un anno) o dell’amministrazione scolastica? E su chi gravano le responsabilità, che sono di natura penale, civile, amministrativa, disciplinare e patrimoniale, nel caso di un qualsiasi incidente nel quale risultasse coinvolto un alunno o qualsiasi altra persona presente nell’edificio scolastico o in qualsiasi altro ambiente della scuola? Aggiungendosi a queste le responsabilità per la riduzione, o per lo sconvolgimento, delle attività didattiche. Senza escludere che non può essere consentita la suddivisione degli alunni di una o addirittura di più classi nelle altre classi (una sorta di pellegrinaggio giornaliero), perché in ciascuna classe verrebbero a trovarsi addirittura più di 40 alunni, “accoglienza” assolutamente vietata dalle norme sulla sicurezza.

Peraltro, nella scuola primaria (così come nella scuola dell’infanzia) non è possibile, e comunque non è facile (anche a causa dell’istituzione del “maestro unico” e della notevole riduzione dell’orario scolastico settimanale) avvalersi di insegnanti che, come con relativa minore difficoltà può avvenire nella scuola secondaria inferiore e in quella superiore, e tuttavia emergono quest’anno difficoltà di natura finanziaria per insufficienza del budget che rendono problematica la soluzione, potrebbero dare la loro disponibilità a coprire, naturalmente con retribuzione aggiuntiva, determinate ore di assenza dell’insegnante della classe. Ma c’è penuria di soldi e magari mancano del tutto. A parte il fatto che l’orario settimanale delle attività didattica è in moltissime scuole suddiviso in cinque giorni. Insomma, un dilemma che rende “precario” il sistema scolastico in termini di funzionalità nell’istruzione e nella formazione degli alunni: un problema insolubile di fronte alle quotidiane necessità che possono essere risolte, arbitrariamente e quindi con l’assunzione di gravissime responsabilità, soltanto “ignorando” i regolamenti, il diritto degli studenti, le norme sulla sicurezza, assumendo in proprio responsabilità che mai debbono essere assunte (e che saranno ritenute “improprie”) sia perché cariche di rischi, sia perché competono a chi di dovere a ben altri livelli rispetto a quelli delle singole istituzioni scolastiche e delle singole persone, quali che siano le loro qualifiche e le loro funzioni nelle scuole e nei plessi di ciascuna scuola.

Da parte dei docenti delle scuole secondarie superiori viene segnalato che hanno avuto verbalmente comunicata la mancanza o l’insufficienza di risorse per il pagamento delle ore in cui, avendo dato la loro disponibilità, sostituirebbero gli insegnanti assenti. Invece della retribuzione, potrebbero cumulare le ore di supplenza e poi, in seguito, assentarsi. Insomma, una specie di “tesoretto” da utilizzare durante l’anno scolastico. Invece di chiedere un permesso breve, ed ottenerlo a norma di contratto di lavoro, con l’obbligo di recuperare le ore di assenza entro i due mesi successivi a quello della fruizione, verrebbero “anticipate” dai singoli docenti ore di lavoro per essere “recuperate” con assenze compensative in tempi successivi. Naturalmente, venendo comunque a mancare l’attività didattica programmata per gli alunni. In definitiva, il gatto che si morde la coda, in una serie di giravolte a costituire un carosello inarrestabile e sconvolgente. Senza soluzione se non quella, naturalmente irragionevole, di mandare a casa gli studenti prima del tempo, oppure, volendosi giustamente tutelare rispetto alla responsabilità di lasciarli uscire dalla scuola in orario diverso rispetto a quello programmato per le attività didattiche e addirittura di farli uscire dalla scuola all’insaputa dei genitori, scegliere di “trasferirli” in altre classi, con un addio alle attività didattiche delle discipline programmate per quei giorni o per quelle ore di assenza (assenza corretta rispetto al diritto individuale ed all’applicazione delle norme contrattuali) dell’insegnante titolare della classe coinvolta o delle classi coinvolte nella girandola dei vuoti didattici il cui peso negativo, in termini di istruzione e di formazione entrambe negate, ricade inesorabilmente sugli studenti.
Infine, potrebbe esserci, come in determinati ambienti scolastici “suggerita”, una “soluzione”, che però non è praticabile perché contrasta pesantemente con il diritto al sostegno e all’integrazione scolastica riconosciuto agli studenti con disabilità (addirittura per l’intero orario settimanale delle attività didattica e di frequenza quando si tratta di studenti con disabilità grave a cui è stato riconosciuto il rapporto di 1 a 1, inteso come un’ora di sostegno per ogni ora di frequenza) dalla recente sentenza della Corte costituzionale (22-26 febbraio 2010) e dalla successiva sentenza del Consiglio di Stato (23 marzo 2010), che alla sentenza della Corte ha fatto esplicito riferimento, nonché da molte altre precedenti sentenze. Nel caso di assenze di uno o più insegnanti, si farebbe pertanto riferimento agli insegnanti di sostegno, i quali, pur essendo presente l’alunno disabile nella classe pertinente, dovrebbero andare a svolgere attività di supplenza in un’altra classe, a sostituire l’insegnante assente (utilizzazione degli insegnanti di sostegno che è possibile in un’altra classe soltanto quando l’alunno disabile è assente dalla scuola).

La “soluzione” di allontanare dalla classe l’insegnante di sostegno in presenza dell’alunno disabile (o degli alunni disabili) - né l’insegnante di sostegno può mai allontanarsi dalla classe, essendo presente in essa l’alunno disabile, per andare a svolgere un’attività diversa dall’attività didattica sia pure nello stesso edificio scolastico in cui presta servizio (che addirittura è un fatto anche più grave) - è assolutamente in contrasto, oltre che con specifiche norme del Contratto collettivo integrativo regionale, con le disposizioni di legge, con la sentenza della Corte costituzionale, con il codice etico della professione docente e soprattutto con il diritto dell’alunno disabile all’istruzione, che si configura come diritto fondamentale all’istruzione.

Inoltre, risulterebbe assurda ed impraticabile l’idea della costituzione, da parte dell’insegnante di sostegno, di un “tesoretto” delle ore di supplenza svolte, e non retribuite, da “conservare” e da “utilizzare” successivamente, ovviamente assentandosi dalla scuola. Ammesso che il “tesoretto” di ore possa essere costituito da supplenze svolte nelle ore cosiddette “buche” o comunque disponibili, quali ore di attività eccedenti non retribuite, l’utilizzazione del “tesoretto” per assentarsi in ore o in giorni della successiva normale attività di servizio (che dall’insegnante di sostegno è sempre esclusivamente riservata al sostegno di alunni disabili) verrebbe a togliere ore o giorni, impropriamente e in assoluto contrasto con le disposizioni di legge e con la normativa comunque vigente, e pertanto riducendolo, al sostegno del quale l’alunno disabile ha fondamentale diritto.

Un’ultima cosa Polibio vuole dire, rivolgendosi ai dirigenti scolastici ed agli insegnanti, nonché, per quanto può essere di loro competenza, al direttore dei servizi generali e amministrativi, al personale amministrativo e tecnico, ai collaboratori scolastici (a cui compete, insieme con i docenti, il dovere della sorveglianza e sulla sicurezza degli alunni): fare puntuale attenzione alle eventuali responsabilità che possono derivare, e di responsabilità ne emergono tante, da iniziative personali non suffragate da formali disposizioni, da formali ordini di servizio assolutamente dettagliati, da norme contrattuali e ministeriali, da direttive formalmente impartite (addirittura anche caso per caso), rispettivamente e per specifica competenza, dall’ufficio scolastico regionale e da quello provinciale, oltre che dal Ministero dell’istruzione.