Il dossier è spietato: il nostro Paese agli ultimi posti, così gli
stipendi
Scuola e università in
piazza da l'Unità, 7.10.2010 La scuola e l'università lottano per una cosa molto semplice: la sopravvivenza dell'istituzione pubblica. Una sopravvivenza che i tagli del governo Berlusconi, avvalorati dal ministro all'istruzione Mariastella Gelmini, mettono in serio pericolo. Perciò domani, venerdì 8, in oltre 50 città dal nord al sud passando per il centro, da Torino a Palermo passando per Roma, scuole e università protestano e scendono in piazza. Sfilano in corteo gli studenti delle scuole medie e superiori, gli universitari oltre che i ricercatori. È anche il primo giorno di sciopero nazionale dei lavoratori di tutti i comparti della conoscenza indetto dalla Flc Cgil: dagli insegnanti ai ricercatori, dai docenti universitari al personale tecnico-amministrativo tutti incroceranno le braccia per un'ora. E sarà soltanto la prima tappa di un percorso: le ore di sciopero verranno scaglionate fino a dicembre. Anche l'Unicobas ha aderito. Il tutto per respingere le politiche e i tagli del governo su scuola, università e ricerca. Gli studenti medi spiegano perché protestano: “Non possiamo accettare il progetto di distruzione della scuola pubblica che questo governo sta attuando - sostengono - la “finta” riforma non fa altro che tagliare tutto il possibile lasciando le nostre scuole in ginocchio”. Dopo le mobilitazioni del primo giorno di scuola, gli studenti rimettono il caschetto giallo da lavoro e sono pronti a manifestare in tutto il paese, mentre continuano ad arrivare le segnalazioni di nuovi cortei. Rimuoveremo le macerie create da Gelmini e Tremonti e daremo inizio alla ricostruzione della scuola: chiediamo investimenti nell'istruzione, provvedimenti per l'edilizia scolastica e il diritto allo studio, più diritti agli studenti invece di provvedimenti spot sulla disciplina. L'Italia non può uscire dalla crisi e immaginare un futuro senza la scuola e senza di noi: per questo domani comincia la nostra ricostruzione». L'Unione degli studenti annuncia oltre 80 cortei studenteschi sotto lo slogan “Chi apre una scuola chiude una prigione”. «Da Milano a Palermo passando per Genova, Trieste, Torino, Bologna, Roma, Napoli, Bari e tanti capoluoghi piccoli e grandi vedranno gli studenti prendere la parola perché è ora di cambiare registro» spiega Tito Russo, coordinatore UdS. «La 133, i tagli agli organici e il riordino delle scuole superiori rappresentano il colpo finale al sistema pubblico di istruzione, il mutamento radicale della concezione del valore formativo e la messa in discussione definitiva dell'istruzione laica e pubblica. Alla “riforma epocale” del ministro Gelmini, noi contrapponiamo “L'AltraRiforma”, un percorso nazionale di costruzione di un modello diverso di didattica, rappresentanza, autonomia, partecipazione che da mesi stiamo portando avanti nelle scuole». Parteciperanno ai cortei anche rappresentanze di genitori, lavoratori della scuola, precari e studenti universitari. «Anche noi abbiamo aderito - spiega Claudio Riccio rappresentante degli studenti universitari di Link - perché oggi tutto il mondo della conoscenza è sotto attacco e serve un fronte comune per fermare i devastanti progetti di riforma che ora si rivolgono anche sull'università». A Roma il corteo partirà alle 9.30 da Piramide per raggiungere la sede del ministero dell'Istruzione in viale Trastevere; a Milano la partenza è prevista in largo Cairoli mentre a Napoli gli studenti si danno appuntamento in piazza Garibaldi. L'UdS fa sapere che non mancheranno azioni creative e di visibilità in tutti i cortei. Domani in piazza a Roma ci sarà anche l'Unicobas. La Federazione sindacale dei comitati di base del comparto scuola sottolinea che con riforma della scuola superiore «da settembre hanno tagliato altri 41.200 posti (26.000 docenti e 15.500 Ata) dopo i 57.000 eliminati lo scorso anno. Così - accusano - vogliono distruggere la scuola pubblica, distruggendo le risorse umane e negando normali apporti finanziari». Inoltre «per la prima volta abbiamo un liceo scientifico privo del latino, una drastica riduzione dei programmi di storia nella primaria, l'impoverimento generalizzato delle ore di italiano, il taglio delle ore di laboratorio perfino negli istituti tecnici e professionali. Il tempo pieno nelle elementari è stato destrutturato, i moduli sono diventati una discarica, con gli insegnanti spalmati anche su 10 classi. Il governo delle tre 'i ha addirittura ridotto l'informatica e fatto sparire il bilinguismo nella media di primo grado». |