Proteste e polemiche sulla riforma Gelmini. Dite la vostra Razionalizzare l''attività delle scuole - 2 Enrico Maranzana La Stampa, 23.10.2010 A livello locale, invece, è possibile mettere a punto situazioni in cui le capacità siano sollecitate direttamente. Ecco un esempio mirato a ottenere risposte rapportabili a: “Indagare e rappresentare la realtà assumendo un’ottica sistemica”.
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COMPITO: inventa
un proverbio per compendiare (riassumere) il concetto sovraesposto. Ricorda che la tua comunicazione sarà tanto più efficace quanto più breve sarà la tua asserzione.
Si prenda ora in
considerazione il lavoro del docente. Le sue funzioni principali
sono: promuovere l’apprendimento e valutare il profitto degli
studenti.
Un modello per
superare l’anomalia lo offre l’insegnamento dell’educazione fisica:
il lavoro del docente che appronta una gara di salto è volto a
illustrare le tecniche utilizzabili e a correggere le prestazioni
con l’indicazione di come queste debbano essere modificate (verifica
formativa). La misura e il riconoscimento dei risultati (verifica
sommativa) spetta al giudice di gara. L’arricchimento dell’organigramma con la nuova entità è funzionale alla pratica della progettazione dell’istruzione [DPR 275/1999]: i dipartimenti disciplinari hanno un interlocutore che sollecita la formalizzazione degli obiettivi dell’insegnamento da sottoporre a controllo. Si tratta di elaborare repertori di competenze che descrivono i comportamenti che gli studenti esibiscono per dar prova del possesso delle capacità elencate nella delibera dal collegio. I dipartimenti, inoltre, formulano ipotesi sui percorsi didattici da praticare e mettono a punto le relative strumentazioni. L’introduzione del nuovo organismo non incide e non mortifica il lavoro del docente, anzi, ne valorizza la progettualità. La valutazione delle prove fatta da un organismo terzo, inoltre, non può determinare meccanicamente promozioni o bocciature. I risultati scolastici dei singoli studenti, attribuzione e responsabilità del consiglio di classe, derivano da analisi di natura longitudinale. Gli insegnanti, collegialmente, soppesano i progressi compiuti, li ponderano con le specifiche situazioni personali, vagliano gli esiti conseguiti in tutte le materie: ogni voto inquadra la personalità dell’allievo, non il suo rendimento nei singoli insegnamenti. La proposta che è stata qui formulata deve essere intesa come una rivisitazione della professionalità del docente: in un ambiente socio-culturale in tumultuoso e vertiginoso movimento in cui “bisogna correre con tutte le proprie forze solo per rimaner fermi” il controllo, presupposto della governabilità, rappresenta il timone del sistema scolastico. Situazione che non è stata percepita sia per l’assenza della cultura dell’organizzazione, sia perché i gruppi di lavoro, che negli anni si sono succeduti al ministero per concretizzare ipotesi d’innovazione, hanno avuto come riferimento, costante e intangibile, il modello universitario. Il fatto che esista una divergenza inconciliabile tra la finalità dell’insegnamento accademico con quella del sistema formativo, di educazione e istruzione è stata bypassata, nel silenzio assoluto. Questa è la causa scatenante il male della scuola. Bisogna infine rigettare con forza l’idea che il controllo nasca per giudicare e tenere al guinzaglio gli insegnanti. Al contrario: esso rappresenta l’orizzonte verso cui muovere al fine di riqualificare e ridare dignità al lavoro scolastico.
Considerazione
conclusiva. Quanto scritto illumina lo scenario su cui si svolge il
dibattito conoscenze VS competenze: i programmi degli istituti
tecnici contemplano, tra gli argomenti di studio, concetti, principi
e forme d’organizzazione. |