Diritto di cronaca
Fini salva la riforma degli atenei?
Frizioni nella
maggioranza a proposito di università e baroni
mentre arrivano oltre 600 emendamenti per cambiare il disegno di
legge
di Flavia Amabile
La Stampa,
5.10.2010
E’ stato il presidente
della Camera Gianfranco Fini a prendre il telefono e chiamare di
buon’ora ieri mattina il ministro dell’Istruzione Mariastella
Gelmini per offrire la soluzione al problema che la assilla da
quattro giorni. La discussione della riforma dell’università è
slittata alla vigilia della sessione di bilancio e dovrebbe essere
discussa dopo i tagli rendendo inservibile il paradigma messo in
piedi dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti di votare la
riforma per veder arrivare i fondi? Bene, ha spiegato Gianfranco
Fini, nulla impedisce di far lavorare la Camera anche venerdì 15 e
sabato 16 in modo da approvare in tutta fretta la riforma che già ha
superato l’esame del Senato, dunque potrebbe procedere molto più
velocemente.
Il ministro Gelmini ha incassato con notevole piacere
la disponibilità del presidente della Camera che va intesa
anche come benedizione politica dell’intero provvedimento. «Il
centrodestra è compatto- afferma Giuseppe Valditara senatore di Fli
e relatore del provvedimento durante l’esame a palazzo Madama - La
proposta del presidente Fini dovrà ora essere discussa dai
capigruppo ma è evidente che c’è piena disponibilità ad approvare
questo provvedimento. E’ chiaro l’impegno del presidente Fini, ora
si vedrà la disponibilità di tutti gli altri».
Lo slittamento della discussione della riforma
Gelmini aveva provocato un certo malumore anche all’interno della
stessa maggioranza proprio per la posizione assunta da Fini. Pdl e
Lega infatti avevano chiesto una discussione immediata durante la
conferenza dei capigruppo della scorsa settimana. Ma l’opposizione
ha fatto muro. Idv, Pd e Udc hanno chiesto la calendarizzazione dopo
la sessione di bilancio. A questo punto - ricostruisce Fabrizio
Cicchito, capogruppo del Pdl, «il presidente Fini ha mediato
collocandola a metà mese in una posizione certamente assai incerta.
Anche questa decisione è stata sottoposta a discussione dal
sottoscritto ma, come è noto,il parere del presidente prevale in
presenza di una divergenza fra i capigruppo».
Ora che la telefonata di Fini ha assicurato il
pieno appoggio del Fli il futuro della riforma universitaria è un
po’ meno incerto, tutto dipende dall’opposizione. Ieri sera
scadevano i termini per presentare gli emendamenti, ne sono arrivati
circa 600. I deputati di Futuro e Libertà Claudio Barbaro e Aldo Di
Biagio ne hanno presentati numerosi, fra cui anche la proposta di
prevedere che l’importo delle tasse universitarie sia stabilito da
ciascun ateneo, a seconda delle proprie esigenze. La relatrice Paola
Frassinetti del Pdl ha proposto l’istituzione di un fondo per la
valorizzazione del merito finalizzato a finanziare la chiamata di
1.500 professori di II fascia per ciascuno degli anni dal 2011 al
2016 e a valorizzare il merito accademico dei professori e
ricercatori inquadrati nella prima progressione economica, nel
periodo 2011-2013».
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ALLA SAPIENZA, a Roma
Lezioni che non inizieranno almeno fino al
18 ottobre alla Sapienza e professori associati come Patrizio
Dimitri, del Dipartimento di Genetica e Biologia Molecolare, ancora
non sanno quale corso terranno quest’anno. E’ la confusione più
totale, e nemmeno è così scontato che i corsi partiranno davvero.
«Tutto dipende dalle risposte del governo ai ricercatori», avverte
Simone Famularo, dell’assemblea degli studenti di medicina.
E quindi Patrizio Dimitri e gli altri professori
devono aspettare. E gli studenti anche. «Dovrebbe iniziare il mio
corso istituzionale ma non so ancora nulla», spiega il prof.
Dimitri. Ed è il 4 ottobre, in genere di questi tempi gli orari sono
già tutti ben definiti da tempo. Invece quest’anno è tutto ancora da
capire. In questa settimana gli studenti e i ricercatori terranno le
loro assemblee e decideranno come andare avanti nella mobilitazione.
Dalle loro decisioni dipenderanno il futuro delle
lezioni, i disagi e il calendario definitivo. Ma non c’è
contrapposizione di ruoli o fastidio per quest’incertezza. «Sono
vicino alla protesta dei ricercatori - spiega Patrizio Dimitri - e
facciamo quello che si può per sostenerli. Insieme con altri docenti
abbiamo ad esempio rifiutato di prendere ulteriori incarichi per
evitare di penalizzare la protesta, e neutralizzarne in parte gli
effetti. Ma è anche evidente che quando il mio corso sarà
formalizzato dovrò tenerlo. Non potrò rifiutarmi, sarebbe illegale.
Sono convinto però che questa protesta sia sacrosanta. Da anni fare
ricerca in Italia è sempre più difficile per mancanza di fondi, per
lavorare ci sono poche briciole. E poi si parla tanto di merito, è
anche giusto sollevare il problema ma non mi sembra che nessun
governo abbia davvero voluto risolverlo».
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Napoli- Umiversità Federico II
A Napoli le lezioni inizieranno la prossima
settimana, con quindici giorni di ritardo rispetto alla data
ufficiale. Gianluca Imbriani, ricercatore del Dipartimento di
Scienze Fisiche dell’università Federico II non nasconde le
difficoltà che ci saranno. «Non è detto che si riuscirà a offrire
tutti i corsi di laurea». Il rifiuto in blocco dei ricercatori è un
colpo difficile da digerire per tutte le università, ma in alcune
più di altre. A Fisica Giancluca Imbriani prevede che saranno
cancellati molti dei corsi della specialistica, gliu ultimi due
anni. Sono i corsi non fondamentali proposti per completare gli
studi e permettere la specializzazione. A Ingegneria invece si
prevedono disagi anche maggiori: «era maggiore il numero di
ricercatori impegnato nella didattica e probabilmente si dovranno
cercare soluzioni a pagamento».
Insomma un bel po’ di disagi. «E’ vero - risponde
Gianluca Imbriani - ma è anche vero che questa protesta avrà alcuni
effetti salutari. Le università la finiranno di dare per scontato
che i ricercatori possano supplire alle carenze di fondi per la
didattica. Ora il problema emerge in tutta la sua gravità, noi non
tappiamo più il buco. Ci sono state molte esagerazioni in passato,
anche sul numero dei corsi, nessuno lo nega. Ora però è il momento
di far sentire la nostra voce, di dire che non possiamo sottostare
al ricatto di Tremonti che promette soldi in cambio delle riforme. E
che riforme, poi: la scomparsa della figura dei ricercatori,
un’università sempre più baronale, e la perdita del diritto allo
studio. La Conferenza dei Rettori si è assoggettata al ricatto
perché non vede alternative per ottenere fondi. Per noi ricercatori
invece è il momento di tenere duro, di resistere uniti».