Bavaglio ai presidi: vietato criticare
pubblicamente la riforma Gelmini

Stretta del ministero dell’Istruzione: chi critica pubblicamente la riforma Gelmini sarà punito con la sospensione, senza stipendio fino a sei mesi. È l’applicazione del Codice Brunetta. Bavaglio ai 10mila presidi.

Felice Diotallevi l'Unità, 24.10.2010

Vietato criticare in pubblico la riforma Gelmini, stiano attenti i circa 10mila presidi in giro per l’Italia: i dirigenti scolastici che oseranno dire la loro verranno puniti con la sospensione e la perdita fino a sei mesi di stipendio. Multe da 150 a 350 euro per chi ha un «alterco» con un genitore, o per i presidi che circolano senza cartellino di riconoscimento o non mettono la targa col nome sulla porta della stanza.

Sanzioni, multe e divieti sono messe nero su bianco nel Codice disciplinare per i dirigenti scolastici, attivo da sabato 6 novembre, pubblicato il 21 ottobre sul sito del ministero dell’Istruzione.

LESA MAESTÀ…

Insomma,esprimere pubblicamente, peggio ancora se con un’intervista, il proprio dissenso sui provvedimenti del ministro sarebbe «lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione», alla faccia della libertà d’espressione. E per quelle che verranno considerate «manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’amministrazione salvo che siano espressione della libertà di pensiero », i dirigenti scolastici rischiano la «sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di sei mesi». A stabilire se sia libertà d’espressione o ingiuria, l’arbitrio del direttore dell’Ufficio scolastico regionale.

Il pugno di ferro del Miur mette in pratica il Codice Brunetta 150/09 sul «comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni). A mettere il carico da dodici sugli insegnanti ci pensa la collega Mariastella Gelmini, che permetterà anche visite a sorpresa degli ispettori ministeriali, anche senza richieste del direttore regionale. Metodo Guardia di Finanza, praticamente, ma applicato ai comportamenti dei singoli. E la pena che va da un minimo di tre giorni a un massimo di sei mesi (sospensione senza stipendio) verrà applicata anche per «minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti, ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti». Litigare costa caro… Saranno puniti anche gli atteggiamenti di tolleranza dei capi di istituto verso docenti e personale Ata che si siano resi artefici di «irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale dipendente». Le sanzioni cambieranno caso per caso, mai dirigenti che chiudono un occhio rischiano sei mesi di stipendio.

L’avvertimento a presidi e insegnanti era già arrivato a maggio da parte del direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Marcello Limina: attenti a come parlate,è preferibile «astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che possano ledere l’immagine dell’amministrazione pubblica»; vietato rilasciare interviste, meglio «rapportarsi con i loro superiori gerarchici nella gestione delle relazioni con la stampa». Da allora, secondo la Flc Cgil, i presidi si mordono la lingua prima di dire come la pensano. In un caso il preside al quale era stata chiesta un’intervista, avvertito il proprio superiore, si è sentito preventivamente dire: non denigrare la pubblica amministrazione.

Norme e multe sul comportamento sono contenute nel contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, ma firmato nel luglio scorso. Molti presidi, quindi, possono non sapere ancora cosa rischiano se rilasciano interviste. Il temibile codice Brunetta impone che «salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini», il dipendente «si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione». Ammessi soltanto spot sorridenti, non si dica che la scuola va a rotoli…