Se il diritto allo studio non è uguale per tutti di Federica Laudisa da La Voce.info del 19.11.2010 Pochissime risorse per il diritto allo studio. A cui si aggiunge una elevata disparità di trattamento sul territorio nazionale. Nel 2009-10 solo in dieci Regioni la borsa è stata assegnata a tutti gli idonei, mentre in media uno studente su sei aventi diritto non l'ha ottenuta. Anche l'entità dell'assegno varia di Regione in Regione. Così come le detrazioni per i servizi garantiti. Una riforma è dunque necessaria. Dovrebbe ripartire dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nell'ambito del diritto allo studio e indicare chi li deve finanziare e come. Nel recente disegno di legge di stabilità 2011, il Fondo statale per il sostegno agli studenti è stato ulteriormente ridotto alla risibile cifra di 26 milioni di euro nel 2012. Ma la mancanza di risorse finanziarie non è il solo elemento critico di queste politiche, altrettanto cruciale è la disparità di trattamento sul territorio nazionale. È il Dpcm 9 aprile 2001 “Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari” a chedefinire l’importo minimo della borsa di studio e i criteri economici e di merito per beneficiarne, cui le Regioni devono attenersi nell’emanazione dei bandi. Al tempo stesso, però, il decreto concede ai governi regionali un margine di autonomia decisionale che è stata variamente sfruttato.
REGIONE CHE VAI, RISORSE CHE TROVI Il divario regionale è ampio sotto diversi profili. In termini di risorse proprie investite, in primo luogo. Le Regioni partecipano alla spesa per borse di studio – insieme allo Stato e agli studenti (i quali contribuiscono tramite la tassa regionale per il diritto allo studio) – senza che sia predeterminata la loro quota di partecipazione. Il risultato è che alcune investono somme in misura atta a garantire la borsa al totale degli aventi diritto, altre molto meno. Nel 2009-10 solo in dieci Regioni la borsa è stata assegnata al 100 per cento degli idonei, mentre in media uno studente su sei aventi diritto non l’ha ottenuta (Tabella 1).
Tabella
1 – La percentuale di borsisti
Fonte: MIUR. La disparità di trattamento si esplica anche sul quantum dell’aiuto. La tabella 2, con l’ammontare di borsa previsto in ciascuna Regione, che teoricamente non dovrebbe essere inferiore a quello fissato dal Dpcm, dà un’idea del perché, ma non ancora in modo compiuto. Le cifre, difatti, corrispondono all’importo massimo ottenibile, che però è gradualmente ridotto con modalità discrezionali per valori Isee superiori ai due terzi della soglia-limite, che, manco a dirlo, differisce da Regione a Regione, seppure entro una forbice fissata dal Dpcm. (1)
Tabella
2 – L’importo massimo di borsa per tipologia di studente,
Fonte: MIUR.
DETRAZIONI PER SERVIZI C’è dell’altro: la borsa è erogata in parte sotto forma di servizi. Viene detratta una quota quale corrispettivo del servizio abitativo – che il Dpcm stabilisce in 1.500 euro, ma che di fatto varia da realtà a realtà, e una quota in cambio della fruizione “gratuita” del servizio ristorativo (indicativamente pari a 600 euro per un pasto al giorno). (2) Il risultato è un ginepraio difficile da districare, impossibile da sintetizzare in una sola tabella, ragion per cui il confronto è stato limitato a Piemonte, Lombardia, Toscana e Puglia (tabelle 3 e 4). (3) Infine, la disponibilità di posti letto per i borsisti fuori sede è diversa, frutto del differente investimento regionale in residenze universitarie (figura 1). Non si può negare che siamo un paese fantasioso, soprattutto se paragonato alla Francia o alla pur federale Germania: lo studente, lì, a prescindere dalla sede di studio beneficia dello stesso identico sostegno (tabella 5). Stabilire lo stesso principio anche da noi è davvero una missione impossibile? Apparentemente sì, perché significherebbe abbandonare tante vedute campanilistiche per una di carattere nazionale. L’occasione per ripensare la politica del diritto allo studio in Italia c’è, fin dal 2001, da quando è stata approvata la riforma del Titolo V della Costituzione che assegna allo Stato la competenza di determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. È da qui che si dovrebbe partire, da come si declina l’espressione “livelli essenziali delle prestazioni” nell’ambito del diritto allo studio, chi li deve finanziare e come. Senza deragliamenti nel dibattito, come quello sul Fondo per il merito o le borse ai “propri studenti” residenti. A distanza di dieci anni, l’attuazione della riforma costituzionale latita, o piuttosto è nelle mani del disegno di legge Gelmini che assegna, discutibilmente, al governo il compito di riformare la materia. Tempi lunghi, insomma.
Tabella 3 – L’importo totale di borsa per gli studenti fuori sede, a.a. 2009/10
Nota: il valore del servizio abitativo è pari a 1.600 euro in Piemonte, 2.200 euro in Lombardia, 1.540 euro in Toscana e 1.652 euro in Puglia. Fonte: Bandi degli enti regionali. Tabella 4 – I limiti Isee per fascia, a.a. 2009/10
Fonte: Bandi degli enti regionali.
Fig. 1 - Il numero di posti letto in residenze
Nota: non vi sono posti
letto in Molise e Valle d’Aosta. Tabella 5 – L’importo della borsa di studio in Francia, a.a. 2010/11
Nota: le fasce sono stabilite in base al reddito della famiglia, del
numero di componenti famigliari e della distanza tra la città di
residenza e la sede di studio dello studente.
(1)
Nel 2009-10 i limiti Isee per beneficiare della borsa di studio
potevano essere stabiliti dalle Regioni entro i 14.364,73 e i
19.152,97 euro - Dm 24 febbraio 2009.
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