Tutto va ben, madama la marchesa! Polibio, AetnaNet 4.11.2010
Una premessa è necessaria prima di entrare
nel merito del Codice disciplinare “calato” nel Contratto collettivo
nazionale di lavoro del personale dell’area V della dirigenza (la
dirigenza scolastica) per il quadriennio normativo 2006-2009,
firmato nello scorso mese di luglio 2010 e pubblicato il 21 ottobre
2010 (ma guardate quanta “efficienza” dato che il contratto
collettivo è stato firmato quasi sette mesi dopo la naturale
cronologica conclusione del quadriennio di riferimento!), con
l’articolo 16, quello che contiene il codice disciplinare, ad essere
attivo a partire da sabato 6 novembre 2010. Ma stiano molto attenti ad esprimere con la parola (sia pure a voce bassa) o con i gesti ciò che pensano del ministro incriticabile dell’istruzione (ed anche dei ministri Tremonti e Brunetta, singolarmente o insieme nominandoli, oppure utilizzando pseudonimi o ammiccamenti per renderli identificabili ai docenti, agli studenti, ai genitori degli studenti e a chiunque altro, soprattutto se giornalisti) e della sua riforma del sistema scolastico. Potrebbe non essere ritenuto “espressione della libertà di pensiero”. E non lo facciano nemmeno con segnali di fumo, anche perché farebbero puzza di bruciato! Di certo si può dire che della stesura e del contenuto del codice disciplinare dovevano esserne a conoscenza, ovviamente da tempo antecedente alla firma avvenuta nel mese di luglio e alla sua pubblicazione del 21 ottobre scorso sul sito del Ministero dell’istruzione, le organizzazioni sindacali rappresentative prima che il codice di comportamento fosse definito, firmato e pubblicato. Ma questa è un’altra cosa. Riguarda l’informazione dovuta dal dipartimento della Funzione pubblica alle organizzazioni sindacali, la loro partecipazione e la puntuale informazione da loro dovuta alla categoria di lavoratori rappresentata. Per il principio che il disaccordo e le proteste debbono intanto intervenire, anche in maniera forte quando il disaccordo è notevole, subito dopo la presentazione di un testo (un contratto di lavoro contenente il codice disciplinare) che comunque riguardi la categoria di lavoratori interessati. Tuttavia, ad onor del vero, va detto che il codice di disciplina contiene aspetti che sicuramente possono determinare sanzioni disciplinari pecuniarie, di sospensione dal servizio con o senza privazione dello stipendio, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, con o senza preavviso. Resterebbe, però, da vedere come si sono espresse le organizzazioni sindacali di categoria prima, durante e dopo l’approvazione e la pubblicazione del Contratto di lavoro. I dirigenti scolastici, questo sì, debbono evitare quei comportamenti che oggettivamente e legittimamente possono determinare sanzioni disciplinari. Ad esempio, non è consentito di utilizzare il fondo d’istituto per pagare al personale statale il lavoro svolto in orario eccedente quello di servizio per attività che vengono svolte da personale comunale; non è possibile impiegare il fondo d’istituto privilegiando alcuni dipendenti con l’assegnazione di più incarichi aggiuntivi retribuiti quando invece la ripartizione delle risorse finanziarie deve essere equa; non è possibile la presenza di persone appartenenti ad associazioni e ad enti esterni in assenza di convenzioni che la consentano e che comunque non possono essere operative durante le ore delle attività didattiche; è sicuramente irregolare riunire durante la “ricreazione” i docenti (chi controlla gli studenti durante tale assenza dei docenti?) nell’aula a loro riservata, alla lavagna della quale è scritto “olio del preside”, intanto per consumarvi il pane caldo condito con “l’olio del preside” e poi, magari, passare all’ordinazione d’acquisto dell’olio della campagna del preside, e magari di cestini di arance) alla cui coltivazione potrebbe aver provveduto (con regolare contratto oppure senza contratto e senza corresponsione degli oneri contributivi ed assistenziali) addirittura un lavoratore di cittadinanza non italiana. Ed è certamente incomprensibile come possa accadere che un parente del dirigente scolastico possa recarsi un anno dopo l’altro, allontanandosi dalla scuola nella quale è titolare come docente, in vacanza all’estero per due settimane a stipendio pieno, corrispondenti ai tre giorni di permessi e ai sei giorni di ferie di cui agli articoli 13, comma 9, e 15, comma 2, del Contratto collettivo nazionale di lavoro, che possono essere retribuiti soltanto per “motivi personali e familiari documentati anche mediante autocertificazione”. E che comunque non possono essere concessi (i sei del comma 9 dell’art. 13, mentre per gli altri tre resta comunque l’obbligo della certificazione) se non c’è la possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede (ed allora, oltre agli accorpamenti di classi e all’utilizzazione delle compresenze, è stata richiesta ed “ottenuta” la disponibilità degli insegnanti di sostegno a svolgere servizio nella classe dell’insegnante all’estero, lasciando l’alunno disabile nella classe di appartenenza). Non è possibile coprire per supplenza le classi momentaneamente, e addirittura anche per più giorni, senza docenti utilizzando gli insegnanti di sostegno, in grave violazione delle norme in vigore. Non è consentito nemmeno se l’insegnante di sostegno si sposta con l’alunno disabile (ma normalmente viene lasciato nella classe di appartenenza) nell’aula nella quale viene arbitrariamente inviato a supplire l’insegnante assente. Si potrebbe procedere ancora, ma per il momento mi fermo qui.
E veniamo a trattare gli aspetti che sono
stati indicati, anche con immediate reazioni e proteste da parte dei
dirigenti scolastici, con il termine
“bavaglio” e con le espressioni “vietato criticare pubblicamente la
riforma Gelmini”, “Guai a chi critica la ministra del Minculpop”,
“Lesa maestà”, “Arrivano le multe per le assenze e le ingiurie”,
“Siamo di fronte ad un’incongruenza giuridica”, “Non sono consentite
dichiarazioni pubbliche che possono essere considerate lesive
dell’immagine dell’amministrazione”. Fino a quello relativo
all’articolo 11 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici,
là dove recita che fatto “salvo il
diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela
dei diritti sindacali e dei cittadini,” – e bisogna essere grati di
ciò! – “il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che
vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione”. Che
è come dire “non nominare l’amministrazione”, perché andrebbe a suo
detrimento, nemmeno quando (e in questo caso soprattutto lei) il
ministro dell’Istruzione attua un epocale licenziamento di massa di
docenti e di personale Ata, elimina le compresenze degli insegnanti
nella scuola primaria, riduce le ore settimanali di attività
didattiche ed aumenta oltre il consentito dalla normativa vigente
(anche e soprattutto in contrasto con le vigenti norme sull’edilizia
scolastica e sulla sicurezza) il numero degli alunni per classe in
tutti i gradi e gli ordini di scuola. Giungendo al punto, poiché
altrimenti incorrerebbe in una sanzione disciplinare, di recitare
che “il dipendente tiene informato
il dirigente dell’ufficio” – il docente e il personale Ata devono
tenere informato il dirigente scolastico e questi deve informare,
per quanto lo riguarda personalmente, il direttore generale
dell’Ufficio scolastico regionale – “dei propri rapporti con gli
organi di stampa”. Prendiamo, ad esempio, il comma 8 dell’art. 16 (codice disciplinare) del Contratto collettivo nazionale di lavoro, quello che riguarda la “sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre fino ad un massimo di sei mesi”. E leggiamo assieme, con riferimento alla sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre fino ad un massimo di sei mesi, la lettera b): “minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti”. “Anche” è una congiunzione che ha il significato di “inoltre” e di “pure”. “Con” è una preposizione semplice che ha relazione sintattica “di compagnia”. Quindi, come deve intendersi “anche” posto dopo la virgola? Potrebbe avere il significato di compagnia, e cioè che il dirigente ha agito da solo o anche insieme con (in compagnia di) utenti (“utenti”, cioè studenti?) nel formulare “minacce, ingiurie gravi”, ecc., “verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro”. Oppure quello delle “minacce” ecc. “anche” verso (o anche nei confronti degli) “gli utenti” (gli studenti?). Sarebbe stato comunque più chiaro, sempre che l’osservazione risulti corretta, dire: “… verso il pubblico, altri dirigenti o dipendenti, utenti, ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro”. Leggiamo assieme anche la lettera c): “manifestazioni ingiuriose” – manifestazioni del pensiero individuale o collettivo, con parole o con assemblee e cortei di protesta? – “nei confronti dell’amministrazione salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge 300/1970”. C’è da chiedersi come e se le “manifestazioni ingiuriose” – e va detto che quanto viene recitato dalla lettera b) e l’espressione “manifestazioni ingiuriose” con la quale ha origine il testo della lettera c) sono oggetto di querela, di eventuale rinvio a giudizio e di eventuale condanna, a quanto sembrerebbe derivante dalla querela di parte e/o da procedimento d’ufficio da parte della magistratura alla quale il fatto è stato denunciato – nei confronti dell’amministrazione possono essere “espressione di libertà di pensiero, ai sensi dell’art. 1 della legge 300/1970”. Che così recita: “Ai lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge”. Ebbene, se è possibile, perché costituzionalmente protetto, “manifestare liberamente il proprio pensiero”, “senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa”, allora è possibile criticare pubblicamente la riforma Gelmini, dire che l’attuale cosiddetta riforma del sistema scolastico nasce dall’incompetenza del ministro, del governo e di chissà chi l’ha voluta, ad occuparsi di scuola; che si tratta di una riforma che distrugge un sistema scolastico che garantiva più di questo, partorita soltanto per fare cassa data l’incapacità di colpire l’evasione fiscale per evitare di togliere alla scuola gli 8 miliardi di euro che le sono stati assurdamente sottratti, che distrugge un sistema scolastico che garantiva più di quello riformato l’istruzione e la formazione degli studenti. E che l’attuale ministro Gelmini, che è andata in Calabria per sostenere gli esami per l’abilitazione all’esercizio di avvocato e quindi di accesso alla professione forense, è certamente competente quale giurista di chiara fama inossidabile – ed è per questo che è andata a Reggio Calabria (ma non mi è dato sapere se percorrendo in macchina l’autostrada Salerno-Reggio Calabria per rendersi perfettamente conto delle disastrose condizioni nella quali da molto tempo si trova, dati i molteplici appalti a tratte, oppure se trasferendosi in treno, a lenta velocità, oppure in aereo) – degli aspetti e dei problemi di ordine giuridico riguardanti l’eventuale costruzione (anch’essa, come la riforma della scuola, diffusamente contestata) del ponte sullo stretto di Messina. Ma per quanto possa riguardare la scuola e l’università, non ha la stessa competenza. Insomma, a parte la riforma della scomposizione del sistema scolastico a determinare licenziamenti di massa ed impoverimento dell’offerta formativa, non soltanto per la riduzione dei tempi della didattica, c’è stato da rimanere basiti di fronte alle proposte ed agli accordi di esercitazioni militari o paramilitari per gli studenti, alle centinaia e forse addirittura alle migliaia di simboli leghisti disseminati negli ambienti e negli arredi della scuola di Adro, alle sconclusionate quanto sconvolgenti idee della Lega a Udine di realizzare classi separate per gli alunni disabili. Ma fate attenzione, signori dirigenti scolastici: non proferite nessuna parola di critica in ordine al comportamento tenuto dal ministro dei licenziamenti di massa. Potreste incorrere nella sanzione disciplinare da un minimo di 150 euro ad un massimo di 350 euro per “condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di correttezza verso i componenti degli organi di vertice dell’amministrazione” e addirittura in quella della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di sei mesi per “manifestazioni ingiuriose” del pensiero nei confronti dell’amministrazione. E addio all’espressione della libertà di pensiero! D’altra parte, rientra o non rientra nella libertà di esprimere il proprio pensiero, con giudizio assolutamente negativo sul comportamento del ministro dell’Istruzione, su questioni che riguardano l’informazione, che è assolutamente dovuta, nell’ambito di una conferenza stampa o in qualsiasi incontro pubblico? Sicuramente sì. Un esempio: un senatore della Repubblica interrompe il ministro Gelmini per contestarle ciò che dice e per chiedere delucidazioni. Il ministro ribatte che non è tenuta a rispondere a lui che non è un ministro, né un magistrato, ma è parlamentare semplice. Figuriamoci se ad interrompere il suo eloquio fosse stato un dirigente scolastico, un docente, un assistente amministrativo o un collaboratore scolastico! La memoria mi riporta al Giorgio Gaber di “giustizia, potere e politica” (1994), quando pronuncia il “farci sentire legittimamente esclusi dal potere e dalla politica” e di “il gatto si morde la goda e non sa che la coda è sua” (1972). Nel codice disciplinare della dirigenza scolastica, la lettera f) del comma 4, la cui violazione porta alla “sanzione disciplinare pecuniaria da un minimo di euro 150,00 ad un massimo di euro 350,00”, riguarda il caso di “inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni o di sicurezza del lavoro…”. Insomma, una specie di scaricabarile, perché l’inosservanza degli obblighi e le responsabilità riguardano e sono attribuibili (altro che provvedimenti disciplinari!) a ben altre persone, ministro dell’Istruzione compreso per non avere attivato, nei confronti di chi ha il dovere di provvedere nel rispetto della norme di legge vigenti, le iniziative e gli atti di sua competenza per “prevenire gli infortuni”, per garantire la “sicurezza del lavoro” e l’incolumità degli alunni e delle persone che comunque vengono a trovarsi all’interno degli edifici scolastici, moltissimi dei quali, una proroga dopo l’altra, continuano a trovarsi in condizioni di insicurezza e di pericolo per l’incolumità degli alunni. Così, nonostante le ripetute segnalazione dei dirigenti scolastici e dei rappresentanti unitari per la sicurezza dei lavoratori, oltre a quelle formulate nella qualità di rappresentante dell’amministrazione da uno dei dipendenti formalmente incaricato. C’è da chiedersi quali comportamenti devono tenere i dirigente scolastici, che si astengono dal manifestare il loro pensiero perché preoccupati dall’eventuale sanzione disciplinare a loro carico, di fronte alle diffusissime proteste, alle dichiarazioni e ai giudizi generalmente negativi, individualmente e collegialmente manifestati dagli insegnanti anche e non soltanto durante le assemblee autonome e sindacali nelle scuole, nei confronti del ministro Gelmini quale “titolare” dell’epocale riforma scolastica caratterizzata dai licenziamenti di massa e da tant’altro di assolutamente negativo. Apriranno decine di migliaia di procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti e del personale Ata, magari mordendosi la lingua per non essersi comportati come quei docenti e quel personale Ata? E se non le apriranno, si troveranno in difetto e quindi passibili di procedimento disciplinare a loro carico e di conseguente sanzione? Suvvia, l’espressione della libertà di pensiero non può essere impedita e coartata da nessuna norma di stampo disciplinare, perché comporterebbe la lesione di un diritto sancito dalla Costituzione della Repubblica e pertanto costituzionalmente protetto. Minacce, ingiurie più o meno gravi, calunnie e diffamazioni sono di competenza della magistratura penale, civile e amministrativa. E c’è ancora da chiedersi se l’intento di determinate norme contenute nel codice disciplinare dei dirigenti scolastici, oltre a voler mettere il bavaglio ai dirigenti scolastici (che potrebbero sentirsi “minacciati” di sanzioni disciplinari se tollerano le proteste ed i giudizi negativi degli insegnanti nei confronti dell’amministrazione e del ministro dell’Istruzione, oppure se ritardano e addirittura omettono di agire nei loro confronti) sia o non sia quello di obbligare i dirigenti scolastici a credere senza alcuna manifestazione di dubbio nella “bontà” della cosiddetta riforma Gelmini, ad obbedire a qualsiasi disposizione impartita e a combattere contro la moltitudine dei docenti e dei dipendenti statali amministrativi (direttori dei servizi, assistenti amministrativi e tecnici, collaboratori) delle scuole italiane. E c’è anche da chiedersi cosa accadrebbe nel caso di un alterco in ambiente di lavoro tra il dirigente scolastico – che “pretende” il silenzio da tutti coloro che manifestano con slogan e cartelli (e con espressioni forti, determinate e colorite) contro la distruttiva riforma del sistema scolastico e contro i licenziamenti di decine di migliaia di lavoratori – e gli insegnanti e gli altri lavoratori (uno, pochi o molti) che invece esprimono il loro deciso dissenso nei confronti di chi aveva il dovere, e invece si è dimostrato incapace, di recuperare dagli evasori fiscali gli otto miliardi di euro che sono stati sottratti alla scuola. Sarà censurato il dirigente scolastico per aver dato inizio all’alterco oppure saranno censurati gli insegnanti e gli altri lavoratori per aver manifestato, quale “espressione della libertà di pensiero”, ciò che oggettivamente è pertinente nel criticare e nel qualificare negativamente una riforma scolastica da loro indicata come negativa, ma paradossalmente indicata dal ministro Gelmini con il termine, positivamente considerato, “epocale”? Ebbene, sul piano della rappresentanza sindacale, il rapporto di fidelizzazione tra i dirigenti scolastici e l’amministrazione configge o non configge, è compatibile o non è compatibile, con la comune appartenenza dei dirigenti sindacali e del personale docente e non docente alla stessa organizzazione sindacale nella considerazione che si tratta di parti assolutamente contrapposte, ed inconciliabili, per ruoli e funzioni, e non soltanto al tavolo della contrattazione integrativa?
Nella
sostanza, il Minculpop ha diffuso la sua direttiva con una velina
che la rende obbligatoria per tutti: assoluto silenzio e
apprezzamento generale della riforma scolastica; una specie di taci,
il ministro, per il tramite dei dirigenti scolastici, è dietro
l’angolo, alle tue spalle, e ti ascolta. Nella sostanza, una sorta
di “modernità totalitaria”, un ossimoro che la dice tutta.
Nell’ambito della quale i dirigenti scolastici dovrebbero svolgere,
da “risorsa” umana, la funzione di strumentali silenziatori e
repressori del dissenso e delle critiche, anche servendosi dello
spauracchio dei procedimenti e delle sanzioni disciplinari.
Lo stesso spauracchio, generato dal codice disciplinare che li
riguarda, che pesantemente grave su di loro. E allora, tutti col
cappello in mano, inchino e riverenza. Tutto va ben, madama la
marchesa! Ma allora perché il
dissenso è diffusissimo, perché la disoccupazione è da record,
perché le critiche e le proteste sono elevatissime, perché si vuole
mettere il bavaglio ai dirigenti scolastici (rendendoli silenziosi
ed obbedienti), ai docenti e al personale Ata (ma per queste ultime
due categorie con palese insuccesso da parte del ministro dei
“fannulloni” e dei “perdigiorno”, che sarebbero i pubblici
dipendenti e soprattutto tutto il personale della scuola, Brunetta,
e il ministro dei licenziamenti di massa, Gelmini)? Se c’è qualcuno
che lo sa, lo faccia sapere a Polibio, che è assolutamente curioso
e desideroso di averne conoscenza. Grazie. |