I “trenta denari” del ministro Gelmini

Dietro il “merito”, un altro attacco alla scuola pubblica

Domande e risposte per chi vuole andare a fondo

da Manifesto dei 500, novembre 2010

1) Su che cosa si fonda la scuola pubblica?

I pilastri della scuola della Repubblica sono due: 1) contribuire a rendere effettivi i diritti di uguaglianza dei cittadini per metterli nella condizione di partecipare alla vita del Paese (art. 3 della Costituzione); 2) assicurare la libertà culturale,.all'interno della quale si situa la libertà d'insegnamento (art. 34).. La combinazione di questi due punti non è facile: da un lato, giustamente, la libertà non può e non deve sconfinare in una “babele” incontrollata; dall'altro, essa è premessa indispensabile per non cadere nella sotto-cultura tipica dei totalitarismi.

2) Che cosa può tenere insieme questi due punti?

L'esistenza di Programmi Nazionali è la premessa per il primo punto. Con essi l'insegnante non può “fare quello che vuole”, né indottrinare i ragazzi, né essere impreparato. Al contrario, deve seguire un “territorio culturale” (cioè contenuti uguali per tutti), conoscerlo, praticarlo, risponderne. Ma – e qui subentra il secondo punto – esso risulterà vivo, e quindi veramente “culturale”, solo se l'insegnante sarà libero di utilizzare i metodi, gli approcci e gli argomenti specifici che riterrà più adatti per un certo contesto, per il suo modo di insegnare.

3) Tutti i cittadini dovrebbero...

Tutti i cittadini dovrebbero essere interessati al rispetto di questi due punti. Il primo – l'esistenza e il rispetto dei Programmi Nazionali – perché nessuno auspica che il proprio figlio vada in una scuola o in una classe dove si insegna meno o si svolge un programma diverso. Il secondo – il rispetto della libertà d'insegnamento – perché un insegnante non libero non potrà mai trasmettere libertà, cultura, umanità, ma semplicemente “eseguire” un compito, addestrando gli allievi come fossero automi o animali.

4) Che cosa ne è allora dei Programmi Nazionali?

Dopo i primi provvedimenti del ministro Berlinguer (centrosinistra), i PN sono stati aboliti dal ministro Moratti (centrodestra) nel 2004. Fioroni (centrosinistra) e Gelmini (destra) hanno confermato questo provvedimento. In altri termini, stabiliti “obiettivi minimi” molto ridotti, le scuole e gli insegnanti possono “adattare” il programma. Il principio di uguaglianza è stato rimesso in causa. Certo, si trattava in di un'uguaglianza tendenziale che si scontrava con i problemi della scuola. Ma, almeno, esistendo un principio a cui tendere, si lavorava in questa direzione. Oggi, da una scuola, da una classe, da un quartiere all'altro si possono trovare differenze anche molto grandi.

5) E della libertà d'insegnamento?

L'aver abolito i Programmi ha già in parte deformato la questione della libertà. Da un lato, essa è stata apparentemente ampliata oltre misura, poiché si può addirittura arrivare a decidere quale programma fare, se ridurlo, tagliarlo, ampliarlo... Dall'altro però è cominciata una china inversa: il “che cosa fare” viene deciso all'interno di ogni singola scuola e i contenuti, i progetti, i metodi devono tendere ad essere uguali per tutti, schiacciando sempre di più le individualità degli insegnanti. Qualcuno è arrivato a teorizzare che la libertà d'insegnamento sia “collegiale”, senza rendersi conto di quanto sia reazionaria una simile posizione: le libertà sono individuali oppure non sono libertà. Solo nei regimi totalitari esistono libertà “collegiali”.

6) Il salario al “merito” attacca ulteriormente la libertà d'insegnamento?

Certo, e ancor più da quando non ci sono i Programmi Nazionali. Quale sarebbe infatti questo “merito”, visto che non esiste più un territorio culturale comune su cui giudicare? Evidentemente, la disponibilità ad aderire alle idee e ai metodi della maggioranza (quando va bene) o di una ristretta minoranza che tende ad imporle a tutti (superiori, colleghi “illuminati”, cultura dominante...). Questa pressione esiste già oggi, ma è limitata dal fatto che manca la “posta” economica. Con essa, invece, il clientelismo, le pressioni e l'appiattimento a ciò che piace ai superiori prenderebbero il sopravvento.

7) Il giudizio di genitori e allievi aggrava la situazione?

Si tratta di un punto delicato perché la propaganda di questi anni ha indotto molti a pensare che fosse giusto “giudicare”. Ma riflettiamo: se il docente agisce sotto la pressione di genitori e allievi, tutta la sua azione sarà condizionata dal “piacere” a qualcun altro. La seduzione (dare bei voti, ridurre il programma, non sgridare mai, non riprendere mai...) non può prendere il posto dell'etica. Contrariamente a ciò che ripete la propaganda, è proprio un genitore che dovrebbe temere insegnanti “seduttivi”: la scuola tenderebbe a cadere (ancora più di oggi) in balia delle pressioni dei più forti, dell'abbassamento dei livelli, di uno svuotamento generale del senso di responsabilità.

8) Proviamo ad entrare nel merito della proposta Gelmini.

La sperimentazione si divide in due parti. 1) Premiare il 15-20% degli insegnanti di una singola scuola attraverso il giudizio del dirigente e di due insegnanti. Ci sarebbero dunque colleghi che giudicano altri colleghi. Tutte le premesse per giudicare sulla base di simpatie, aderenza alle proprie idee, modi di pensare simili etc...sono poste. Si prevede di tener conto di tre aspetti: il curriculum, un'autovalutazione dell'insegnante stesso e il giudizio di genitori e alunni. Il curriculum? Tutti sanno come non esista alcuna corrispondenza tra il saper insegnare, l'aver passione per il rapporto educativo, e l'acquisizione di titoli talvolta acquisiti nei modi più vari e spesso incredibili. L'autovalutazione? Torniamo al punto: per ottenere il “premio” non bisognerà quindi “autovalutarsi” secondo i criteri di chi poi giudicherà? 2) Premiare gli insegnanti di scuole “migliori” selezionate sulla base delle prove INVALSI. Tutti sanno che queste prove non dimostrano nulla e stanno invece trasformando la formazione in un addestramento, devastando tutto il rapporto educativo. Come si può accettare di spingere tutta la scuola italiana su questa strada? E inoltre: le prove INVALSI non dovevano servire per capire quali scuole/zone necessitassero di fondi/posti/sussidi etc. per alzare il loro livello? Ancora una volta siamo di fronte al rovesciamento delle basi della scuola pubblica: scuole e zone già avvantaggiate (tessuto sociale, risorse, contributi dei genitori...) saranno ulteriormente premiate a danno delle altre

9) In quale situazione si trova la scuola italiana mentre si vara tutto ciò?

Come i suoi predecessori, il ministro Gelmini ha aumentato il numero degli alunni nelle classi, ha soppresso decine di migliaia di posti, ha confermato l'abrogazione dei Programmi Nazionali e l'eliminazione dell'esame di quinta, ha lasciato migliaia di alunni portatori di handicap senza il sostegno necessario, ha eliminato migliaia di laboratori e le ore di compresenza. Questo ministro fa parte di un governo che con i suoi tagli costringe gli Enti Locali a lasciare le scuole in condizioni igienico-edilizie scandalose. Infine, va considerato che il governo ha bloccato i contratti e costringe decine e decine di migliaia di precari all'incertezza assoluta.
 

10) Quale effetto avrebbe dunque “premiare” un pugno di docenti in questa situazione?

Solo il 20% degli insegnanti di una scuola (e poi il 25% di tutte, se la legge Brunetta dovesse andare a regime) accederebbe al “merito”. Se ne deduce che l'80% (75 con la legge Brunetta) - la stragrande maggioranza – sarà “cornuta e mazziata”: impossibilitata a lavorare bene e penalizzata nello stipendio, ora si vedrà anche considerata non all'altezza. Quale miglior modo per demoralizzare e demotivare il 75% di una categoria? Chiunque parli oggi di “merito” per un ristretto numero di persone, tanto più nelle condizioni in cui si lavora, sa benissimo di offendere tutta la categoria e quindi di portare un colpo alla scuola pubblica.

11) Che fine farebbero la collaborazione e il confronto?

La scuola dovrebbe prima di tutto basarsi sul confronto, sul libero scambio di metodi ed esperienze. Con la proposta Gelmini, viceversa, per quale motivo il 20% che guadagna di più dovrebbe trasmettere metodi, esperienze, sistemi, con il rischio che qualcuno diventi più “meritevole” di lui? E quale scuola “premiata” aprirebbe le porte alle altre concorrenti? Ancora una volta, chi ne farebbe le spese, se non gli allievi da un lato e la ricerca pedagogica dall'altro?

12) I veri obiettivi: screditare la scuola, non darle gli strumenti necessari...

Un ministro che avesse a cuore la scuola pubblica farebbe esattamente il contrario: stanzierebbe i pochi o tanti soldi disponibili per ripristinare posti, ristrutturare gli edifici, adeguare gli stipendi, spiegando pubblicamente i disagi in cui operano gli insegnanti; si batterebbe per ripristinare Programmi Nazionali all'altezza; controllerebbe con concorsi, esami nazionali, corsi di aggiornamento...la preparazione di tutti, perché tutti gli allievi hanno gli stessi diritti.

13) ...addomesticare gli insegnanti ad accettare le “riforme”

Un altro obiettivo del ministro è quello di rendere sempre più difficile qualunque resistenza degli insegnanti nei confronti dei tagli, delle teorie pedagogiche di distruzione della scuola pubblica, delle “riforme”, dividendo la categoria. Quale insegnante oserà più esprimersi contro? E come ci si potrà ancora unire per battaglie comuni? Quale sindacato può sottoscrivere un passo simile? Questi “trenta denari” danno davvero il senso della corruzione che si vuole immettere nella scuola: una corruzione dell'intelligenza, della libertà, della cultura, della solidarietà.
 

14) Non si può negare, tuttavia, che esistano diversi problemi nella scuola di oggi...

Certamente, e il “Manifesto dei 500” li ha sempre denunciati. E non ha neppure negato che questi problemi investano a volte anche gli insegnanti. Noi ci battiamo per una scuola seria, di qualità, di alto livello culturale, libera e per tutti. Per questo diciamo che lo Stato ha il dovere di creare le condizioni affinché questo si realizzi. Come? Per esempio ripristinando i Programmi e verificando che gli insegnanti agiscano all'interno di essi, ma nella piena libertà di metodi, di confronti, senza ingerenze, con stipendi adeguati. Noi difendiamo, altro esempio, gli esami nazionali e siamo per il ripristino dell'esame di quinta elementare, che era a costo zero e rappresentava una verifica non solo per gli allievi, ma anche del lavoro degli insegnanti. E poi, naturalmente, siamo per il ripristino dei posti tagliati, dei fondi, degli orari...

Per tutti questi motivi è impossibile accettare di discutere come applicare o modificare la proposta Gelmini che porta un altro colpo alla scuola pubblica. Il “Manifesto dei 500” invita dunque tutti gli insegnanti a unirsi e organizzarsi per il suo ritiro immediato.