Scuola pubblica: un declino irreversibile?
V.V. dal
Gruppo di Firenze per la scuola
del merito e della responsabilità, È di poche settimane fa un articolo di fondo di Ernesto Galli della Loggia a proposito della crescita, in Italia, delle scuole private di qualità (parificate e non). Premesso che ritengo le scuole private, soprattutto se di qualità, utili e stimolanti per il sistema statale, più di un segnale mi porta a pensare che ci si trovi alla vigilia di una vera e propria svolta nel sistema scolastico statale. Vedo cioè il rischio, epocale e di lunga durata, che la scuola statale declini in termini di qualità, avvantaggiando quelle private che, rifiutando di limitarsi alla funzione di diplomifici, punteranno ad intercettare i figli delle famiglie benestanti, che avranno così dei punti di riferimento qualitativamente di classe e in quanto tali destinati a creare solchi profondi tra chi frequenterà il sistema statale e chi quello privato di qualità. Insomma, il rischio è che la scuola italiana, anche sotto questo aspetto, si vada americanizzando. I segnali ci sono e sono da tempo evidentissimi. Alcuni, volendo esibire un certo impegno politico, paventano il rischio della deriva in virtù delle colpe della Gelmini, anziché del disastro che quotidianamente e da anni incancrenisce la scuola e che ha ben altri responsabili che non l’ultimo ministro dell’istruzione. Innanzitutto vi è l’assoluta impossibilità, oramai da moltissimo tempo, di porre un filtro a docenti che entrano nelle scuole senza alcun rischio di venirne cacciati per incapacità, neghittosità e, talvolta, comportamenti di inaudita gravità. Peraltro, come ho scritto più volte, docenti del genere finiscono col colpire in modo irreversibile i ragazzi delle famiglie più svantaggiate, a differenza di quelli che hanno mezzi economici o genitori dotati di una certa preparazione intellettuale. Deve essere ben chiaro a tutti che nel sistema della scuola statale è assolutamente impossibile liberare i ragazzi dalla presenza di simili docenti. Ai sindacati fa comodo sbandierare i pericoli per i dipendenti derivati dal decreto Brunetta in fatto di tutele. La verità è che i docenti e il personale ATA godono, rispetto a stipendi bassi e bassissimi, del diritto di inamovibilità e non esiste una pagina di una qualsiasi rivista sindacale in cui si parli della necessità di garantire i ragazzi e le loro famiglie da docenti del genere. Vi è inoltre, e anche in questo caso da anni, l’impossibilità di chiedere che i docenti si aggiornino regolarmente (lo fanno quelli che non rinunciano a sentirsi e ad essere intellettuali e appassionati alla loro professione), come conviene a chi è chiamato a far fronte a novità metodologiche e culturali legate al mondo giovanile, che ha tempi di cambiamento sempre più rapidi. Allo stesso modo, manca ancora oggi, a proposito degli studenti, una seria riflessione sul merito, che meriterebbe uno sforzo (anche economico) pari a quello dedicato ai ragazzi da recuperare e motivare. Se la scuola pubblica perde la possibilità di distinguere e premiare chi merita, perde ogni valenza civile ed etica e diventa inutile se non ad allevare giovani in attesa “di giudizio”. Da anni, le occupazioni, a volte stimolate da esponenti politici a dir poco irresponsabili, contribuiscono a rendere l’immagine della scuola statale, come una sorta di palestra della illegalità, e in quanto tale non può che perdere progressivamente quella credibilità senza la quale, come scritto sopra, qualsiasi scuola è inutile. Talvolta si ha la sensazione che la scuola sia prigioniera di una sorta di cronica assuefazione alla quotidianità, alla necessità, cioè, di far trascorre il tempo a ragazze e ragazzi in attesa che essi possano finalmente fare - alla fine della scuola - una scelta di vita seria, coinvolgente e consapevole. Stipendi bassi, tagli indiscriminati (mai troppi, però, quelli per i tanti inutili progetti), ruolo sociale dei docenti in progressiva caduta, possono legittimare l’altrettanto diffusa perdita di passione per il loro lavoro? In queste prime settimane, infine, il susseguirsi di assemblee sindacali e scioperi dei docenti, seppure con l’intento di opporsi ai drastici tagli al bilancio dell’Istruzione, contribuisce a rendere meno attrattiva la scuola pubblica. Quest’anno ho la reggenza in un istituto che comprende insieme alla scuola media di primo grado anche la scuola dell’infanzia e quella primaria. Ho ben chiare le preoccupazioni di molti immigrati e di altrettanti italiani che non sanno se potranno far entrare in classe i loro bambini perché forse l’insegnante ha scioperato; patemi, questi, che difficilmente saranno addebitati al ministro dell’istruzione... Non so se in futuro non pochi di questi, potendoselo permettere, continueranno ad affidarsi e fidarsi della scuola pubblica, di questa scuola pubblica che pur continuando ad avere ancora pregi indiscutibili, e proprio per questo, non può permettersi di non riflettere sul rischio di deriva verso la quale mi sembra indirizzata. |