La Consulta boccia la legge Toscana
sull'obbligo scolastico

di R.P. La Tecnica della Scuola, 14.11.2010

La legge regionale è stata considerata illegittima in quanto istituirebbe un terzo modello non previsto dalle norme nazionali.

La sentenza con cui, il 2 novembre scorso, la Corte Costituzionale ha bocciato alcune parti della legge regionale toscana in materia di istruzione (la n. 63 del 2009) ha trovato poco spazio sui mezzi di informazione e pochissimi commenti da parte sindacale.

In realtà si tratta di una sentenza importante perché la legge toscana prevedeva particolari modalità di assolvimento dell’obbligo scolastico e di conseguimento della qualifica professionale triennale.

L’articolo 3 della legge, in particolare, parlava di percorsi triennali al termine della secondaria di primo grado formati da un primo biennio interamente e solamente scolastico completato da un terzo anno professionalizzante da frequentare in scuole accreditate o presso altre agenzie formative regionali.

La Corte ha sancito l’illegittimità per due motivi: innanzitutto per una questione formale, in quanto la Regione Toscana avrebbe assunto una decisione unilaterale senza aspettare che fossero adottati gli accordi Stato-Regioni previsti dalla legge (accordi che però sono stati sottoscritti nell’aprile 2010) ora ci sono.

Tanto che la Regione ha già fatto sapere che in realtà non si tratta di una e propria bocciatura e che probabilmente la legge verrà riproposta nuovamente, dato che ora gli accordi Stato-Regioni sono operanti.

Ma il secondo motivo addotto dalla Consulta è più consistente e decisivo e rende molto problematica una eventuale riproposizione della legge.

La Corte, infatti, argomenta che quello previsto dalla Regione Toscana sia un percorso formativo terzo, diverso da quelli contemplati per assolvere l’obbligo. In altre parole la soluzione prospetta tata dalla Toscana comporterebbe la rottura dell’unità del sistema nazionale di istruzione e formazione.

La decisione della Corte (per inciso va detto che la sentenza è stata scritta da Sabino Cassese che, nella metà degli anni 90, fu Ministro della Pubblica Amministrazione durante il Governo Ciampi) non ha ricevuto la dovuta attenzione; si registra solo un rapido commento della Cisl-Scuola che osserva: “la sentenza apre un vasto ventaglio di problematiche e possibili soluzioni dei modelli organizzativi del sistema di istruzione e formazione professionale adottati dalle Regioni”.