Agli esami la Caporetto della matematica

Il rapporto Invalsi sulla prova di maturità scientifica 2009.
Due studenti su tre non sanno ragionare in modo corretto

Claudio Bartocci La Stampa, 26.11.2010

Chiunque di noi abbia i figli che frequentano la scuola pubblica ha, per forza di cose, familiarità con le prove che punteggiano il loro cursus studiorum, dalle elementari in avanti: le prove Invalsi.

Tra i vari compiti che la legge attribuisce all’Invalsi vi è quello di procedere «alla valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell’istruzione secondaria, utilizzando le prove scritte degli esami di Stato secondo criteri e modalità coerenti con quelli applicati a livello internazionale per garantire la comparabilità». Ieri è stata diffusa la sintesi del rapporto relativo alla seconda prova scritta di matematica per la maturità scientifica dell’anno scolastico 2008-2009. Un campione degli elaborati - presumiamo statisticamente significativo - è stato corretto, indipendentemente dalla valutazione eseguita a suo tempo della commissione d’esame, da «correttori» che, pur essendo insegnanti di ruolo, hanno ricevuto una formazione specifica e si sono serviti di una griglia di correzione elaborata dall’Unione Matematica Italiana in collaborazione con l’Invalsi. I risultati sono sconfortanti.

Innanzi tutto, più della metà dei compiti, precisamente il 54,5%, sono stati giudicati insufficienti; un dato in netta discrepanza con la percentuale delle insufficienze assegnate dalle commissioni di esame, che ammontava soltanto al 21,3%. Ma a destare preoccupazione sono soprattutto le valutazioni attribuite dai correttori ai tre fattori particolari individuati dalla legge: le conoscenze specifiche, le competenze nell’applicare procedure e concetti, le capacità logiche e argomentative. È quest’ultimo fattore, forse il più importante e significativo nell’ambito di un esame volto ad accertare la «maturità» dei ragazzi e delle ragazze, a risultare il più critico: la percentuale di studenti giudicati insufficienti è addirittura il 68,7%. In poche parole, per i correttori dell’Invalsi più di due studenti su tre non sono capaci a ragionare in maniera corretta.

La discrepanza tra le valutazioni Invalsi e quelle delle commissioni d’esame ha, probabilmente, una spiegazione semplice. I correttori hanno usato, come detto, una griglia di valutazione unica e - possiamo immaginare - improntata a criteri forse severi ma chiari e trasparenti; la griglia di valutazione che ciascuna commissione, in piena autonomia, deve adottare tende, per quanto rigorosa, a tenere conto della realtà scolastica che questa si trova ad affrontare. Non c’è dunque da sorprendersi che i voti Invalsi siano più stretti: per la stessa ragione, è anche presumibile che essi diano una fotografia più accurata - e più cruda - della realtà.

La matematica, nelle scuole di ogni ordine e grado, si insegna malissimo. I programmi di insegnamento sono antidiluviani, ancora sostanzialmente ispirati a concezioni di stampo idealistico e storicistico, che relegano le discipline scientifiche - e tra queste la matematica, «studio proprio degl’ingegni minuti», secondo la definizione di Croce - a stare su un gradino più basso rispetto alle discipline cosiddette umanistiche. I docenti - la cui professione è mal retribuita e ha un prestigio sociale in caduta verticale - spesso escono dal percorso universitario con una preparazione lacunosa e obsoleta, e non si dimostrano sempre all’altezza del loro difficile compito: non soltanto trasmettere «competenze specifiche» ma infondere motivazioni, entusiasmo, amore per la cultura.

Non servono geremiadi. I dati Invalsi devono indurre gli organi di governo a investire più risorse nella scuola pubblica, che altrimenti rischia di naufragare in un oceano di indifferenza sociale.